Le lettere d’amore sono le più belle e romantiche forme di espressione dei propri sentimenti a qualcuno e ancora più affascinanti sono quelle famose, scritte da poeti e poetesse, scrittori e scrittrici, ma anche cantanti e artisti di vario tipo.
Che siano appassionate, innamorate, tenere, disperate, a volte espressione di un rapporto difficile e doloroso, le lettere d’amore famose sono sempre emozionanti, ed è per questo che sono giunte fino a noi, custodite con cura e spesso persino messe all’asta. Per questo motivo, vi riportiamo le lettere d’amore famose più belle di sempre.
Le lettere d’amore famose più belle di sempre
Rainer Maria Rilke a Lou Andreas Salomé
Che due esseri umani si riconoscano l’un l’altro non è soltanto splendido; ma è della più grande importanza che si incontrino nel momento giusto e che insieme celebrino feste profonde e silenziose in cui crescere uniti nel desiderio per essere uniti contro le tempeste.
Quanti esseri umani si sono sfiorati ignorandosi per non aver trovato il tempo di abituarsi l’uno all’altro; prima che due siano infelici assieme, devono insieme essere stati beati e avere un comune santo ricordo, che custodisca un uguale sorriso sulle loro labbra e un’uguale nostalgia nelle loro anime.
Diventano allora come fanciulli che abbiano goduto insieme una festa di Natale; quando trovano alcuni minuti di respiro nei lunghi, pallidi giorni, si siedono assieme e si raccontano con guance infuocate della notte splendente di luci e odora di abete…
Esseri come questi passano attraverso tutte le tempeste. Lo sento!Rainer
Perché, vedi, io sono uno straniero e sono povero. E svanirò come un passante; ma nelle tue mani deve restare tutto ciò che un tempo, se fossi stato più forte, sarebbe potuto diventare la mia patria.
Rainer
Franz Kafka a Milena Jesenskà (1920)
Ancora sabato. Questo incrociarsi di lettere deve cessare, Milena, ci fanno impazzire, non si ricorda che cosa si è scritto, a che cosa si riceve risposta e, comunque sia, si trema sempre. Capisco benissimo il tuo ceco, odo anche la risata, ma m’ingolfo nelle tue lettere tra la parola e il riso, poi odo soltanto la parola, poiché oltre a tutto la mia natura è angoscia. Non so rendermi conto se dopo le mie lettere di mercoledì-giovedì tu voglia ancora vedermi. So il rapporto fra te e me, (tu appartieni a me, anche se non dovessi vederti mai più), lo conosco in quanto non sta nel territorio confuso dell’angoscia, ma non conosco affatto il rapporto tuo verso di me, questo appartiene tutto all’angoscia. E neanche tu mi conosci Milena, lo ripeto. Ciò che accade è per me qualcosa di mostruoso, il mio mondo crolla, il mio mondo risorge, vedi come tu (questo tu sono io) ne possa dare buona prova. Non mi lagno del crollo, il mondo stava crollando, mi lagno del suo ricostruirsi mi lagno delle mie deboli forze, mi lagno del venire al mondo mi lagno della luce del sole. Come continueremo a vivere? Se dici di sì alle mie lettere di risposta, non devi più vivere a Vienna, è impossibile. Milena, non si tratta di questo, tu non sei per me una signora, sei una fanciulla, non ho mai visto nessuna che fosse tanto fanciulla, non oserò porgerti la mano, fanciulla, la mano sudicia, convulsa, unghiuta, incerta e tremula, cocente e fredda.
Recensione del libro
Lettere a Milena
di Franz Kafka
Paul Celan a Ingeborg Bachmann
Mia cara Ingeborg,
dunque non verrai prima di due mesi – perché? Non dici neppure per quanto tempo, non dici se ti concedono la borsa di studio. Intanto, come tu consigli, possiamo, perché no, “scambiarci lettere”.
Ingeborg sai perché in quest’ultimo anno ti ho scritto così poco? Non soltanto perché Parigi mi aveva imposto un terribile silenzio dal quale non riuscivo ancora una volta a liberarmi, ma anche perché non sapevo che cosa tu pensassi di quelle brevi settimane a Vienna. Cosa potevo mai capire dalle tue prime righe scritte frettolosamente, Ingeborg? Forse mi inganno, forse è vero che noi ci schiviamo proprio quando vorremmo tanto incontrarci, forse colpevoli siamo tutti e due. Ma talvolta mi dico che il mio silenzio è, in qualche modo, più comprensibile del tuo, perché il buio che mi impone è più antico. Come sai: le grandi decisioni bisogna prenderle sempre da soli. Quando è arrivata quella lettera in cui mi chiedevi se era meglio per te Parigi o gli Stati Uniti, non avrei esitato un istante a dirti quanto sarei stato felice se fossi venuta. Riesci a capire, Ingeborg, perché non l’ho fatto? Mi dissi che, se davvero ti importava qualcosa (ovvero, più di qualcosa) di vivere nella città in cui anch’io vivevo, non saresti venuta prima da me a chiedere consiglio, proprio no. Un anno intero adesso è trascorso, un anno durante il quale ti sarà successo senz’altro qualcosa. Ma tu non mi dici quanto lontani sono, dietro quest’anno, il nostro maggio e il nostro giugno… Quanto lontana o quanto vicina sei, Ingeborg? Dimmelo, così saprò se tu chiudi gli occhi, quando io adesso ti bacio.
Paul
Giacomo Leopardi a Fanny Targioni Tozzetti (1831)
Cara Fanny. Non vi ho scritto fin qui per non darvi noia, sapendo quanto siete occupata: Ma in fine io non vorrei che il silenzio paresse dimenticanza, benché forse sappiate che il dimenticar voi non è facile. Mi pare che mi diceste un giorno, che spesso ai vostri amici migliori non rispondevate, agli altri sì, perché di quelli eravate sicura che non si offenderebbero, come gli altri, del vostro silenzio. Fatemi tanto onore di trattarmi come uno de’ vostri migliori amici; e se siete molto occupata, e se lo scrivere vi affatica, non mi rispondete…
Delle nuove da me non credo che vi aspettiate. Sapete ch’io abbomino la politica… I miei amici si scandalizzano; ed essi hanno ragione di cercar gloria e di beneficare gli uomini. Ma io che non presumo di beneficare, e che non aspiro alla gloria, non ho torto di passare la mia giornata disteso su un sofà,senza battere una palpebra. E trovo molto ragionevole l’usanza dei Turchi e degli altri Orientali, che si contentano di sedere sulle loro gambe tutto il giorno, e guardare stupidamente in viso questa ridicola esistenza.
Ma io ho ben torto di scrivere queste cose a voi, che siete bella, e privilegiata dalla natura a risplendere nella vita.
Italo Calvino a Elsa De Giorgi (1990)
Certo, il mio amore per te è nato come una protesta di individualista protesta contro tutto un clima mosso da un bisogno profondissimo, ma con un significato generale, una lezione per tutti, di non-rinuncia, di coraggio alla felicità. Come questa lezione si tradurrà nell’opera creativa è ancora da vedersi. Se mi mancasse il tuo amore tutta la mia vita mi si sgomitolerebbe addosso. Tu sei un’eroina di Ibsen, io mi credevo un uomo di Cechov. Ma non è vero, non è vero. Gli eroi di Cechov hanno la pateticità e la nobiltà degli sconfitti. Io no: o vinco o mi annullo nel vuoto incolore. E vinco, vinco, sotto le tue frustate. No, cara, non hai nulla dell’eroina dannunziana, sei una grande donna pratica e coraggiosa, che si muove da regina e da amazzone e trasforma la vita più accidentata e difficile in una meravigliosa cavalcata d’amore. Ho la tua lettera dal treno.
Cara, amore ho sempre un’apprensione quando apro una tua lettera e uno slancio enorme di gratitudine e amore leggendo le tue parole d’amore. Il ritratto del giovane P.P. [Pier Paolo Pasolini, ndr] è molto bello, uno dei migliori della tua vena ritrattistica, di questa tua intelligenza delle personalità umane fatta di discrezione e capacità di intendere i tipi più diversi,questa tua gran dote largamente provata nei coetanei. È la stessa dote che portata all’estremo accanimento dell’amore ti fa dire delle cose così acute e sorprendenti quando parli con me di me che ti sto a sentire a bocca aperta, abbacinato un insieme d’ammirazione per l’intelligenza, o incontenibile narcisismo, e di gratitudine amorosa. Ho più che mai bisogno di stare fra le tue braccia. E questo tuo ghiribizzo di civettare che ora ti ripiglia non mi piace niente, lo giudico un’intrusione di un moti psicologico completamente estraneo all’atmosfera che deve reagire tra noi. Gioia cara, vorrei una stagione in cui non ci fossi per me che tu e carta bianca e voglia di scrivere cose limpide e felici. Una stagione e non la vita? Ora basta, perché ho cominciato così questa lettera, io voglio scrivere del nostro amore, voglio amarti scrivendo, prenderti scrivendo, non altro. È forse anche qui la paura di soffrire che prende il sopravvento? Cara, cara, mi conosci troppo, ma no, troppo poco, devo ancora farmi conoscere da te, devo ancora scoprirmi a te, stupirti, ho bisogno di farmi ammirare da te come io continuamente ti ammiro.
Sto scrivendo una cosa su Thomas Mann per il Contemporaneo sotto forma di lettera su cosa significa per me il suo atteggiamento d’uomo classico e razionale al cospetto dell’estrema crisi romantica e irrazionale del nostro tempo. Sono temi che ritornano puntualmente nella cultura e nell’arte contemporanea come nella mia vita: il mio rapporto con Pavese, o la coscienza della poesia, il mio rapporto con te, o la coscienza dell’amore. Io voglio scrivere del nostro amore, voglio amarti scrivendo, prenderti scrivendo, non altro, siamo davvero drogati: non posso vivere fuori dal cerchio magico del nostro amore.
Italo Calvino
Cesare Pavese a E. (1932)
Sono stato male tutto il giorno a non vederti sulla strada di Crevacuore E., com’è brutta Torino. E il più triste di tutto questo è che ci dimenticheremo, senza esserci quasi nemmeno conosciuti. Non so quel che tu veda in me, ma io indovino in te un miracolo di femminilità e di tenerezza, che, come si è formato avanti agli occhi a poco a poco in tutta l’estate, così ora colla medesima lentezza andrà svanendomi nelle nostre lettere. E., ho paura che i nostri ultimi giorni di * - li dimenticheremo mai? - siano stati come una crisi, un punto massimo, oltre il quale non andremo.
Questo per ora è un pensiero che mi dispera, ma il giorno in cui mi lascerà indifferente ci pensi, E.? Non è la disperazione, la sofferenza, che ci deve far paura - questo è nulla, è anzi ciò che ci può rendere più meraviglioso un altro incontro - ma il momento che non soffriremo più, che non ce ne importerà più, questo è il terribile.
E pensare che probabilmente noi tra poco dovremo perderci, senza quasi esserci conosciuti, senza sapere di noi più che uno sguardo, un bacio alle dita, qualche carezza.
Che cosa pensi tu, E.? Perché tremi quando sono con te? Cosa c’è dentro ai tuoi occhi quando mi guardi sorridendo e poi ti fai seria, quasi ostile, e poi torni a sorridere? Queste cose le perderò senza averle mai conosciute.
Io d’amore non so piangere E. - piango a sentire un’ingiustizia, una crudeltà, un dolore di bambino - e non posso nemmeno consacrarti delle lacrime per tutto il dono immenso che hai fatto a me in questi giorni. Piangerò forse quando ripenserò - e sarà tardi - al tesoro di quell’amore sprecato così, per uno che non ne vale la pena: tant’è vero che lo lascia ora morire senza nemmeno commuoversi, senza tentare di far nulla per conservarselo, meritarselo.
Ma che altro potremmo fare? È inutile mentire: in amore conta il corpo e il sangue, conta la stretta, la vita, e noi dobbiamo star staccati, dobbiamo avere giudizio, ragionare; mentre la ragione non conta dinanzi alla vita.
Tu sprechi il tuo amore, E. Io non so di volerti bene se non ti sono stretto vicino, e questo temo voglia dire che non ti voglio quel bene che tu desideri.
Ma di una cosa sarò gioioso, se non temessi che tutto fosse per finire con quello: i nostri pomeriggi a * a guardarci negli occhi e carezzarci. Quelli non li dimenticherò mai. Fa, E., che tutto non finisca qui: dammi una probabilità di amarti meglio, di esserti più fedele nei miei pensieri, più degno di te!
Se mi scriverai, devi giurarmi che a Bra staremo sempre insieme senza stancarci.
Ma dove andremo a finire E.? C’è qualcosa di più assurdo dell’amore? Se lo godiamo fino all’ultimo, subito ce ne stanchiamo, disgustiamo; se lo teniamo alto per ricordarlo senza rimorsi, un giorno rimpiangeremo la nostra sciocchezza e viltà di non avere osato. L’amore non chiede che di diventare abitudine, vita in comune, una carne sola di due, e, appena è tale, è morto. A pensarci, si viene matti! È inutile, l’amore è vita e la vita non vuole ragionamenti. Ma possiamo noi lasciarci andare giù così alla disperata? Dove andiamo a finire? Non so trovare parole di conforto per te che valgano, se non ricordarti quel giorno che eravamo stretti insieme, in piedi, e pareva che uno dei due dovesse condurlo a fucilare e invece era tutta gioia. Ricordami quell’attimo, E., se mi scrivi, e dimmi di quando saremo a Bra.
Ti bacio così, come vuoi tu, anche se sei stata cattiva a non venire sulla strada di Crevacuore.
Sibilla Aleramo a Dino Campana (1916)
I nostri corpi su le zolle dure, le spighe che frusciano sopra la fronte, mentre le stelle incupiscono il cielo. Non ho saputo che abbracciarti. Tu che m’avevi portata così lontano. Oh tu non hai bisogno di me! È vero che vuoi ch’io ritorni? Come una bambina di dieci anni. È vero che mi aspetti? Rivedere la luce d’oro che ti ride sul volto. Tacere insieme, tanto, stesi al sole d’autunno. Ho paura di morire prima! Dino, Dino, ti amo! Ho visto i miei occhi stamane, c’è tutto il cupo bagliore del miracolo. Non so, ho paura. È vero che mi hai detto ‘amore’? Non hai bisogno di me. Eppure la gioia è così forte. Son tua. . Sono felice, tremo per te ma di me son sicura.E poi non è vero, son sicura anche di te, vivremo, siamo belli. Dimmi. Io non posso più dormire,ma tu hai la mia sciarpa azzurra, ti aiuta a portare i tuoi sogni? Scrivimi!
John Keats a Fanny Brawne (1819)
Mia cara ragazza,
In questo momento mi sono messo a copiare dei bei versi. Non riesco a proseguire con una certa soddisfazione. Ti devo dunque scrivere una riga o due per vedere se questo mi assiste nell’allontanarti dalla mia mente anche per un breve momento. Sulla mia anima non riesco a pensare a nient’altro. È passato il tempo in cui avevo il potere di ammonirti contro la poco promettente mattina della mia vita. Il mio amore mi ha reso egoista. Non posso esistere senza di te. Mi scordo di tutto salvo che di vederti ancora la mia vita sembra fermarsi lì non vedo oltre. Mi hai assorbito. In questo preciso momento ho la sensazione di essermi dissolto – sarei profondamente infelice senza la speranza di vederti presto. Sarei spaventato di dovermi allontanare da te. Mia dolce Fanny, cambierà mai il tuo cuore? Amore mio, cambierà? Non ho limiti ora al mio amore… Il tuo biglietto è arrivato proprio qui. Non posso essere felice lontano da te. È più ricco di una nave di perle. Non mi trattare male neanche per scherzo. Mi sono meravigliato che gli uomini possano morire martiri per la loro Religione – Ho avuto un brivido. Ora non rabbrividisco più. Potrei essere un martire per la mia religione – la mia religione è l’amore – potrei morire per questo. Potrei morire per te. Il mio credo è l’amore e tu sei il mio unico dogma. Mi hai incantato con un potere al quale non posso resistere; eppure potevo resistere fino a quando ti vidi; e perfino dopo averti visto ho tentato spesso “di ragionare contro le ragioni del mio amore”. Non posso farlo più – il dolore sarebbe troppo grande. Il mio amore è egoista Non posso respirare senza di te.
Tuo per sempre,
John Keats
Stendhal a Clémentine Curial (1826)
Quando ti vedo per tre giorni di seguito, angelo mio, mi sembra di amarti ancora di più, se possibile. Perché siamo più intimi e dopo tre giorni di intimità ciascuno ha abbandonato i sospetti e non desidera che amare ed essere felice. Come sono stato felice mercoledì! Segno questo giorno, perché Dio sa quando oserò inviarti questa lettera. La scrivo per sfogarmi. Oggi ti amo talmente, ti sono così legato, che ho bisogno di scriverlo. Se trascorressimo otto giorni insieme e i nostri cuori battessero sempre con lo stesso ardore, credo che finiremmo per non separarci più.
Goethe a Lotte von Stein
Le mie lettere ti avranno detto quanto io mi senta solo. Non mangio a corte, vedo poca gente, me ne vado a passeggiare solo e in ogni bel punto desidero di essere con te. Non posso fare a meno di amarti, anche più di quello che dovrei, e tanto più felice sarò quando ti rivedrò. Ti sento sempre più vicina a me, la tua presenza non mi lascia mai. In te ho trovato la misura per tutte le donne, anzi per tutti gli esseri umani: attraverso il tuo amore, la misura per la sorte di ognuno.
Non è che esso mi offuschi il resto del mondo, anzi direi piuttosto che me lo schiarisce tutto quanto, e mi rende possibile di vedere nettamente come sono gli uomini, cosa pensano, cosa desiderano, cosa fanno e godono: a ognuno concedo il suo, e dentro di me mi rallegro del fatto di possedere, io, un tesoro cosi indistruttibile.
A te succede nella tua economia domestica quel che talora succede a me negli affari: non si vedono le cose, solo perché non ci si vuole fermare sopra gli occhi, e solo quando le circostanze appaiono chiare, anche le cose assumono un interesse. Poiché l’uomo si compiace sempre di agire direttamente e se è ben animato, ama mettere in ordine, disporre ogni cosa, aumentare il silenzioso dominio della giustizia.
Penso di portare con me Weimar il cranio dell’elefante. […] Friz è buono e contento. Senza che se ne accorga, viene introdotto nel mondo e, senza saperlo, impara a conoscerlo. Tutto lo diverte: ieri gli feci leggere le suppliche e poi me le feci riferire. Moriva dalle risa e non riusciva a credere che ci fosse gente in cosi cattive condizioni, come appariva da quelle lettere.Amore mio.
Addio mille volte amata.
Jean-Paul Sartre a Simone De Beauvoir
Mia cara piccola ragazza,
Per molto tempo avrei voluto scriverti la sera, dopo una di quelle uscite con gli amici che presto descriverò in “A Defeat”, di quel tipo quando il mondo è nostro. Volevo portarti la mia gioia del vincitore e posarla ai tuoi piedi, come facevano all’epoca del Re Sole. E poi, stanco per tutto il vociare, sono sempre e solo andato a letto. Oggi lo sto facendo per sentire il piacere, che ancora non si conosce, di trasformare all’improvviso l’amicizia in amore, la forza in tenerezza. Stanotte ti amo in un modo che non hai conosciuto in me: non sono né consumato dai viaggi, né avvolto nel desiderio della tua presenza. Sto padroneggiando il mio amore per te e lo sto girando verso l’interno come elemento costitutivo di me stesso. Questo accade molto più spesso di quanto dico a te, ma raramente quando ti sto scrivendo. Cerca di capirmi: ti amo mentre faccio attenzione alle cose esterne. A Tolosa ti ho semplicemente amata. Stasera ti amo in una sera di primavera. Ti amo con la finestra aperta. Tu sei mia, le cose sono mie, e il mio amore altera le cose intorno a me e le cose intorno a me alterano il mio amore.
Mia cara bambina, come ti ho detto, quello che ti manca è l’amicizia. Ma adesso è il momento per consigli più pratici. Non potevi trovare un’amica donna? Come può Tolosa non riuscire a contenere una giovane donna intelligente degna di te? Ma non avresti dovuto amarla. Ahimè, sei sempre pronta a dare il tuo amore, è la cosa più facile da ottenere da te. Non sto parlando del tuo amore per me, che è ben al di là di questo, ma tu sei generosa con i piccoli amori secondari, come quella notte a Thiviers quando hai amato quel contadino che camminava in discesa nel buio, fischiettando, che si è rivelato essere me. Ricevi il sentimento, libero dalla tenerezza, che viene dall’essere in due. È difficile, perché tutte le amicizie, anche tra due uomini focosi, hanno i loro momenti d’amore. Mi basta solo consolare il mio amico in lutto per amarlo; è un sentimento facilmente indebolito e distorto. Ma tu sei in grado di farlo, e devi sperimentarlo. E così, nonostante la tua misantropia fugace, hai immaginato che bella avventura sarebbe cercare a Tolosa una donna che fosse degna di te e di cui tu non saresti innamorata? Non perdete tempo con l’aspetto fisico o la situazione sociale. E cerca onestamente. E se non trovi nulla, trasforma Henri Pons, che a malapena ami ancora, in un amico.
Virginia Woolf al marito (1941)
Caro Amore,
guardare in faccia la vita, guardarla attentamente e capirla al fine unico di comprenderla, amarla, e scegliere di metterla da parte, scegliere di lasciarla alla sua bellezza universale e andarsene insieme agli anni vissuti e trascorsi insieme.
Ai giorni. All’amore.
Andarsene via insieme a tutto quello che la vita stessa unita alla consapevolezza della morte e al desiderio intrinseco di quest’ultima ci hanno regalato.
E poi attimi. Istanti eterni…
Lasciarsi guidare in un mondo che volevo ma che non hai voluto tu.
Fa che sul mio viso non scompaia mai il tuo sorriso, il tuo amarmi e il mio non voler… cosa?
Farmi amare, forse.
Farti soffrire, probabilmente.
Mostrarti parti di me che spaventano persino me stessa, sicuramente.
Me ne andrò dalla tua vita, per non farci ulteriormente del male, per non urtarci con i nostri ricatti morali, con il nostro troppo e il nostro troppo poco.
Quando verrà la tua assenza mi sentirò impreparata, ancora legata a te.
E tu?
Che cosa farai?
Ed io, su quale cuscino scioglierò i miei capelli?
Dove porterò quel sorriso e la mia valigia piena di vestiti che conosci?
Una frenesia nel cuore, un dubbio atroce: è finito tutto oppure non è cominciato?
Fuori tutto il mondo ed ogni cosa stanno al suo posto, gli orologi girano le ore e tutto quanto il resto.
Amore mio fermami, da questi pensieri troppo fragili, da queste fiale troppo complici, dai sorrisi troppo ironici, dalla troppa solitudine.
Guardare la vita, guardarla attentamente e tentare di comprenderla al fine di amarla e scegliere di metterla da parte.
Di andarsene insieme a quello che ci ha legati.
Alle parole. L’amore. L’oblio.
Insieme alle ore.
Quelle ore che non avranno più sorelle.
E scegliere di andarsene.
Per sempre.
Carissimo,
sono certa di stare impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. E questa volta non guarirò. Inizio a sentire voci, e non riesco a concentrarmi. Perciò sto facendo quella che sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la maggiore felicità possibile. Sei stato in ogni modo tutto ciò che nessuno avrebbe mai potuto essere. Non penso che due persone abbiano potuto essere più felici fino a quando è arrivata questa terribile malattia. Non posso più combattere. So che ti sto rovinando la vita, che senza di me potresti andare avanti. E lo farai, lo so. Vedi, non riesco neanche a scrivere come si deve. Non riesco a leggere. Quello che voglio dirti è che devo tutta la felicità della mia vita a te. Sei stato completamente paziente con me, e incredibilmente buono. Voglio dirlo – tutti lo sanno. Se qualcuno avesse potuto salvarmi, saresti stato tu. Tutto se n’è andato da me tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinarti la vita. Non credo che due persone possano essere state più felici di quanto lo siamo stati noi.
V.
Ernest Hemingway a Mary Welsh (1944)
Mia carissima piccola amica,
ieri siamo entrati in un territorio indiano dopo un bellissimo giorno selvaggio tutto inseguimenti e sparatorie e ci siamo messi giù tranquillamente in una cascina deserta dove abbiamo trascorso la notte. È stata una notte paurosa dato che eravamo ben avanti rispetto agli altri, ma abbiamo mangiato dei polli che avevamo ammazzato con le pistole e abbiamo offerto un pranzo a Col e a un comandante di battaglione e abbiamo bevuto tutto e abbiamo festeggiato. È stata una bella giornata e abbiamo seguito i carri armati verso i boschi e finalmente li abbiamo visti correre. E abbiamo visto l’artiglieria beccarli quando hanno dovuto rimettersi per strada. Questa campagna è tutto un susseguirsi di colline boscose e di terreno ondulato con delle cime spoglie da cui puoi vedere tutto ciò che si muove. Ti metti lassù ed è come se tu fossi il padrone di tutto. Poi fatichi per arrivare a un’altra cima da cui sei padrone del tratto successivo. A volte c’è una foresta fitta come a casa o in Canada e sembra strano essere uccisi dato che pare di essere nell’alto Michigan e allora ti senti molto fiducioso come a casa tua.
La gente è stata mandata tutta via quando siamo entrati, ma è andato John a metterne insieme un po’ perché pulissero e cucinassero e un uomo anche per mungere le vacche perché non gli facesse male e io ho badato al gatto e al cane, bello, simpatico e intelligente e talmente confuso, che è tristissimo perché tutti se ne sono andati e non c’è più il solito tran-tran a cui era abituato.
Poi ce ne andremo anche noi e immagino che la gente tornerà e il posto sarà bello e pulito e i cani non hanno né cittadinanza né nazionalità.
Ti ho amato la notte mentre ero sveglio e la mattina presto quando ancora non mi ero del tutto svegliato e ti ho ricordato e ho ricordato quanto bella eri e quanto abbiamo scherzato e ci siamo divertiti insieme. Cetriolino, sento molto la tua mancanza. Ti amo come ben sai. Abbiamo parecchi piccoli problemi qui e alcuni anche grossi ma spero di essere con te tra alcuni giorni. Mi riscriverai quando ricevi questa? Questa non è granché come lettera, ma volevo scriverti. Non so se hai ricevuto le altre lettere, né se sei ancora a Parigi.
Mary mia carissima, mi dispiace di essere così noioso. Ti scrivo le lettere come mio figlio Gigi: tutte piccole frasi dirette come ti amo.
George Sand ad Alfred de Musset
No, mio caro, queste tre lettere non sono l’ultima stretta di mano dell’amante che ti lascia, è l’abbraccio del fratello che ti resta. Questo sentimento è troppo bello, troppo puro e troppo dolce perché io non provi mai il bisogno di finire con lui. Che il mio ricordo non avveleni nessuna delle gioie della tua vita, ma non lasciare che queste gioie distruggano e rovinino il mio ricordo.
Sii felice, sii amato. Come non potresti esserlo? Ma guardami da un piccolo angolo
segreto del mio cuore e scendi lì nei tuoi giorni di tristezza per trovare lì una consolazione o un incoraggiamento. Ama dunque, mio Alfred, ama più che puoi.
Ama una donna giovane, bella e che non abbia ancora amato, trattala bene, e non la fare soffrire.
Il cuore di una donna è una cosa così delicata Quando non è un ghiaccio o una pietra! Io credo che non esista una via di mezzo nel tuo modo di amare.
La tua anima è fatta per amare ardentemente, o per seccarsi tutta in una volta.
Tu l’hai detto cento volte, e tu hai avuto modo di smentire. Ma nulla, nulla ha sminuito questa tua affermazione, non c’è al mondo nulla che valga se non l’amore.
Forse tu mi hai amato con pena, per amare un’altra con abbandono.
Forse quella che verrà ti amerà meno di me, e forse sarà più felice e più amata.
Forse il tuo nuovo amore sarà più romantico e più giovane.
Ma il tuo cuore, il tuo buon cuore, non lo proteggere, te ne prego.
Che si metta tutto intero in tutti gli amori della tua vita, fino a quando un giorno tu possa guardare indietro e dire come me, io ho sofferto spesso, mi son sbagliata qualche volta ma io ho amato.
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George Sand: la vita come un romanzo
Kahlil Gibran a Mary Haskell
Quando sono infelice, cara Mary, leggo le tue lettere. Quando la nebbia travolge il mio “io”, tiro fuori dalla piccola scatola due o tre lettere e le rileggo. Mi ricordano del mio vero me. Mi fanno dimenticare tutto quello che non è alto e bello nella vita. Ognuno di noi, cara Mary, deve avere un luogo in cui poter riposare da qualche parte. Il luogo di riposo della mia anima è un bellissimo boschetto in cui vive il mio pensiero di te.
Frida Kahlo a Diego Rivera (1939)
Vi avevamo già parlato della lettera che Frida Kahlo scrisse a suo marito Diego Rivera, potete leggerla qui:
Beethoven all’Immortale Amata
Buongiorno, il 7 luglio.
Pur ancora a letto, i miei pensieri volano a te, mia Immortale Amata, ora lieti, ora tristi, aspettando di sapere se il destino esaudirà i nostri voti — posso vivere soltanto e unicamente con te, oppure non vivere più — Sì, sono deciso ad andare errando lontano da te finché non potrò far volare la mia anima avvinta alla tua nel regno dello spirito — Sì, purtroppo dev’essere così — Sarai più tranquilla, poiché sai bene quanto ti sia fedele. Nessun’altra potrà mai possedere il mio cuore — mai — mai — oh Dio, perché si dev’essere lontani da chi si ama tanto. E la mia vita a Vienna è ora così infelice — Il tuo amore mi rende il più felice e insieme il più infelice degli uomini — alla mia età ho bisogno di una vita tranquilla e regolare — ma può forse esser così nelle nostre condizioni? Angelo mio, mi hanno appena detto che la posta parte tutti i giorni — debbo quindi terminare in fretta cosicché tu possa ricevere subito la lettera. — Sii calma, solo considerando con calma la nostra esistenza riusciremo a raggiungere la nostra meta, vivere insieme — Sii calma — amami — oggi — ieri — che desiderio struggente di te — te — te — vita mia — mio tutto — addio. — Oh continua ad amarmi — non giudicare mai male il cuore fedelissimo del tuo amato.
Eternamente tuo
Eternamente mia
Eternamente nostri”Ludwig van Beethoven
Wolfgang Amadeus Mozart a Costanze Weber (1785)
Oh se avessi una tua lettera già! Se ti raccontassi tutto quello che faccio con il tuo ritratto, certo ti metteresti a ridere. Per esempio, quando lo tiro fuori dalla custodia dico “Buon giorno piccola Constanze, buongiorno birichina, micetta, nasino a punta, bagatella” e quando lo ripongo lo faccio scivolare piano e dico “Be’, be’ be’ be’” ma con l’espressione speciale che questa parola così significativa esige. E alla fine, in fretta, “Buonanotte topolino, dormi bene!”. Credo proprio di aver scritto delle stupidaggini, per gli altri almeno, ma per noi che ci amiamo tanto non è affatto stupido. Sono sei giorni che sono lontano e mi sembra già un anno. Ti bacio milioni di volte tenerissimamente e sono il tuo sposo che ti ama sempre teneramente.
Johnny Cash a June Carter Cash (1994)
Buon compleanno principessa, ormai siamo vecchi e ci siamo abituati l’uno all’altra. La pensiamo nello stesso modo. Leggiamo la mente dell’altro. Sappiamo quello che l’altro vuole anche senza dirlo. A volte ci irritiamo anche un po’. Forse a volte ci diamo anche per scontati. Ma ogni tanto, come oggi, medito su questo e mi rendo conto di quanto sono fortunato a condividere la vita con la più grande donna che abbia mai incontrato. Continui ad affascinarmi e ad ispirarmi. La tua influenza mi rende migliore. Sei l’oggetto del mio desiderio, la prima ragione della mia esistenza. Ti amo tantissimo.
Buon compleanno principessa,
John
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Le lettere d’amore famose più belle di sempre
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