La moglie del pastore
- Autore: Elizabeth von Arnim
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Bollati Boringhieri
- Anno di pubblicazione: 2015
“La moglie del pastore” (Bollati Boringhieri 2015, titolo originale The Pastor’s Wife, traduzione di Simona Garavelli) è il romanzo della prolifica scrittrice britannica di Elizabeth von Arnim, pseudonimo di Mary Annette Beaucham (Kiribilli Point, 31 agosto 1866 – Charleston, 9 febbraio 1941) nata in Australia, edito per la prima volta nel 1914.
Il presente testo è il raffinato e ironico ritratto di una donna troppo desiderata ma sola redatto da von Arnim, cugina di Katherine Mansfield, amica di E. M. Forster e di Hugh Walpole, descritta da H. G. Wells come
“la donna più intelligente della sua epoca”
Era stata la visione di un cartellone, esposto fuori da un luogo simile a un ufficio in Regent Street con l’immagine di acque e monti, recante la scritta a lettere cubitali:
“Una settimana nell’incantevole Lucerna. Sette giorni per sette ghinee”
che aveva catturato l’attenzione di Ingeborg Bullivant. La giovane che si trovava momentaneamente a Londra, ospite della zia in Bedford Square, figlia del vescovo di Redchester, la madre invalida costretta su un divano, un’unica sorella dalla bellezza commovente e una classe di ragazzi indisciplinati ma rispettosi, era stata subito sedotta da quella fotografia incantevole. Ingeborg finora non era mai stata fuori dall’Inghilterra, avendo trascorso molti anni nel tranquillo e sentimentale ovest, era logico quindi che l’immagine di quel grande lago sovrastato dalla volta celeste avesse causato una stretta al suo sensibile cuore. Erano certamente i geni della nonna materna svedese di Ingeborg che si risvegliavano dentro di lei che era vissuta contemplando elementi naturali di grande bellezza, prima di sposare quel turista inglese dall’aria slavata. Le urgenti incombenze della vita nell’ambiente episcopale, le corse senza respiro verso i doveri quotidiani, il lavoro per il vescovo
“è il mio braccio destro”
soleva dire suo padre
“in tono maestoso di encomio”
i ricevimenti pomeridiani per il tè, avevano soppresso e soffocato parti della personalità di Ingeborg.
“Quel po’ di nonna che si nascondeva in lei”
la sua cara nonna quella donna forte ma impulsiva, le insorse dentro con prepotenza. Davanti a quel manifesto, magica visione mozzafiato di terra e cielo, Ingeborg dimenticò il lavoro che a casa andava accumulandosi, dimenticò che ogni suo movimento doveva prima essere autorizzato. Travolta da un vortice, vinse in lei un impetuoso desiderio di libertà e di avventura che la sospinse a entrare in un locale pieno di cartine, orari ferroviari e impiegati servizievoli incorniciati da sportelli in mogano, dicendo:
“Desidero iscrivermi al gruppo che parte domani”
Il colpo di testa della ventiduenne Ingeborg, una vita perfettamente inquadrata dietro e davanti a sé, le sarebbe costato non solo il ripudio da parte del padre, ma la futura felicità di un matrimonio sereno. Alla stazione di Charing Cross appena salita sulla carrozza del treno, Ingeborg sarebbe andata incontro al suo destino, impersonato da uno squadrato gentiluomo tedesco, Herr Robert Dremmel, pastore della Chiesa luterana, suo compagno di viaggio. Fino a quel momento il matrimonio non era stato nei programmi di Herr Dremmel, trentacinquenne molto devoto al suo lavoro ma povero, ma era convinto che il compito di ogni uomo e suo in particolare fosse di offrire prima di morire un po’ di luce alle menti pagane che popolavano la terra. Osservando la bellezza esile e leggiadra di Ingeborg stagliata nel panorama svizzero, il pastore si era convinto che adesso la soluzione migliore fosse quella di chiedere in moglie la figlia del vescovo di Redchester e le chiese:
“Dimmi, piccola. Vuoi sposarmi?”
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