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Recensioni di libri

L’uomo che fu giovedì di Gilbert Keith Chesterton

Bompiani, 2007 - Un modernissimo romanzo di inizio Novecento che, usando uno stile paradossale e ironico, prende in giro trionfalismi e cecità del potere, invitando a diffidare di intellettuali e liberi pensatori.

Alida Airaghi
Alida Airaghi Pubblicato il 08-04-2018

5

L'uomo che fu giovedì

L’uomo che fu giovedì

  • Autore: Gilbert Keith Chesterton
  • Genere: Classici
  • Categoria: Narrativa Straniera
  • Casa editrice: Bompiani
  • Anno di pubblicazione: 2007

Se non il migliore e il più famoso, “L’uomo che fu Giovedì” rimane il più paradossale e il più politicamente provocatorio romanzo di Gilbert Keith Chesterton. Pubblicato in Inghilterra nel 1908, da allora ha conosciuto molte riedizioni anche in Italia. Quella di Bompiani di cui ci occupiamo è introdotta da una scoppiettante e ammirata prefazione di Enrico Ghezzi, che non nasconde il suo entusiasmo per l’autore, per la sua “indifferenza geniale alla dimensione temporale”, per il suo “antipsicologismo” in grado di affrontare giocosamente, con leggerezza priva di mistero, temi filosofici e teologici di alto spessore.
Gilbert Keith Chesterton (1874-1936), fu scrittore prolifico e versatile. Scrisse centinaia di poesie, un poema epico, drammi, romanzi e circa duecento racconti (tra cui la popolare serie di padre Brown, interpretata da Renato Rascel in una fortunata riduzione televisiva degli anni Settanta); fu autore inoltre di più di quattromila saggi giornalistici, vertenti su temi di politica, religione ed economia. Convertitosi al cattolicesimo nel 1922, divenne un vessillo della letteratura cristiana europea, al punto da rischiare la canonizzazione sotto il pontificato di Benedetto XVI: troppo ironico e anticonformista, tuttavia, troppo poco devoto per diventare santo.

“L’uomo che fu Giovedì” si apre su una istrionesca disputa tra due sedicenti poeti nel sobborgo londinese di Saffron Park: da una parte il sanguigno e irsuto Luciano Gregory, rosso di pelo e di fede politica, convinto che la poesia e il mondo debbano vivere nell’anarchia e nella disubbidienza a qualsiasi regola. Dall’altra l’efebico Gabriele Syme, sostenitore dell’ordine, della rispettabilità e della compitezza. I due rappresentano ideologie agli antipodi, nell’arte e nel pensiero: caos e rigore, bene e male, divino e inferi, così come vanno fronteggiandosi dalla nascita della civiltà. Gregory convince Syme a partecipare a una riunione, tenuta nel segreto di un bunker sotterraneo, del Consiglio Centrale Anarchico. In tale occasione, i sette membri che per sicurezza hanno assunto ciascuno il nome di un giorno della settimana, dovranno sostituire il socio Giovedì, venuto improvvisamente a mancare. Sotto la direzione del gigantesco, pantagruelico e ambiguo Presidente, chiamato Domenica, la scelta della misteriosa setta cade proprio sul poeta rigoroso, Gabriele Syme, che in realtà non è ciò che dichiara di essere, bensì un agente di Scotland Yard, operante sotto copertura per difendere la società britannica e l’universo intero dalla minaccia sovversiva del terrorismo anarchico.
Da questa inaspettata rivelazione, nasce una serie di incredibili metamorfosi dei personaggi, di inseguimenti e sparizioni, finti attentati e veri travestimenti, fughe e duelli, sommosse popolari e severe repressioni militari, attraverso cui il lettore lentamente scopre che i ruoli di tutti i personaggi si mascherano e smascherano via via nel loro opposto: ogni rivoluzionario è in realtà un reazionario, ogni terrorista un poliziotto, caricature indecifrabili e bugiarde che scherniscono il potere nel momento in cui lo rappresentano.
Se il finale del romanzo rivela tutta la sua assurda e derisoria beffa onirica, è nella dichiarazione centrale di un ispettore di Scotland Yard che Gilbert Keith Chesterton riassume tutto il suo sarcastico credo: il pericolo per l’umanità non è rappresentato dai piccoli delinquenti (i ladri, i bigami, i bombaroli, gli assassini passionali), ma dagli intellettuali, dai filosofi eretici, dai liberi pensatori che con il loro nichilismo minano le basi della società:

“È sicuro che il mondo scientifico e artistico siano silenziosamente associati in una crociata contro la famiglia e lo Stato… Noi abbiamo da rintracciare l’origine di quegli spaventosi pensieri che spingono gli uomini da ultimo al fanatismo intellettuale e al delitto cerebrale… Noi diciamo che i delinquenti pericolosi sono quelli istruiti, che il più pericoloso criminale è il moderno filosofo senza legge alcuna”.

Quanto indigeribile era allora, all’inizio del Novecento, il pensiero critico e fuori dagli schemi! Per fortuna oggi le cose sono cambiate. Ma questo romanzo che oscilla tra il picaresco e il fantasy, tra il noir e il fantascientifico, tra la commedia e il poliziesco, ci insegna a sorridere di ogni fasullo fideismo, conservando per quanto possibile la fede in ciò che rimane semplicemente umano.

L'uomo che fu Giovedì (Classici della letteratura e narrativa contemporanea)

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’uomo che fu giovedì

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