L’orgia di Praga
- Autore: Philip Roth
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2006
“L’orgia di Praga” di Philip Roth ha per protagonista lo scrittore americano di origini ebree Nathan Zuckerman, personaggio di due romanzi precedenti, “Lo scrittore fantasma”, e “La lezione di anatomia”.
Ne “L’orgia di Praga, Zuckerman è spinto dal collega scrittore ebreo Zdeněk Sisovský, in esilio in America, a cercare per lui le novelle inedite del padre, ucciso dai nazisti a Praga. Le novelle, scritte in lingua yiddish, sono state sottratte a Sisovský dall’ex moglie Olga, figura disinibita e provocatrice. Zuckerman si reca quindi nella Praga dell’occupazione sovietica. La capitale ceca, con il Ponte Carlo, la Vitava, i dedali del ghetto, il cimitero ebraico, sono lo sfondo e il colore del romanzo; Praga, oppressa dal totalitarismo comunista, si sbizzarrisce in altri campi, laddove il potere lascia libere le più estreme fantasie dei suoi cittadini. Sono gli anni ’70, c’è l’occupazione sovietica, ci sono tante spie e ci si sente spiati ovunque. I valori della città sotto assedio sembrano capovolti:
“I lavori servili e manuali vengono svolti dagli scrittori, dagli insegnanti, dagli ingegneri; e a dirigere sono gli ubriaconi e i farabutti. Mezzo milione di persone sono state licenziate. I beoni e i farabutti gestiscono ogni cosa. Vanno meglio d’accordo coi russi”.
C’è un’atmosfera che evoca Kafka, Zuckerman si trova immerso in un ambiente surreale, si sente anche lui spiato e pedinato, e viene fermato dalla polizia senza motivo. È una città, Praga, dove il sesso ha una libertà che nei paesi occidentali non sarebbe concessa e questi, con altri privilegi, fanno comodo alla propaganda. La libertà concessa al cineasta Klenek serve al regime per poter dire agli stranieri:
“Ecco un artista che vive come gli pare”.
Inoltre, concedendogli di lavorare all’estero se ne tassa l’ingente reddito. La casa di Klenek è una casa dove si svolgono festini erotici, il tutto, ovviamente, concesso dall’ottusa burocrazia dalla strabica moralità:
“Ciò costituisce un diversivo dal tran-tran d’un lavoro meschino e malvagio, per i poliziotti. Certe volte gli capita pure di vedere qualcosa, e si arrapano. Gli fa bene. Fa bene a tutti. Da Klenek, ci vengono ragazze quindicenni. Vestite in ghingheri, come battone (…) Se ti piacciono le orge, vieni con me. Dopo l’invasione russa, le migliori orge d’Europa si fanno in Cecoslovacchia. Meno libertà c’è, meglio si scopa. Puoi fare quello che vuoi, da Klenek. (…). Ci bazzica la gente migliore, là. La peggiore, anche. Siamo tutti compagni ormai. Vieni all’orgia, Zuckerman: vedrai lo stadio finale della rivoluzione”.
Questo e tanti altri i temi del romanzo; c’è Blecha, un uomo di scarse qualità che ambisce al Premio Statale per Opere Insigni, ma c’è anche una critica ai compromessi con il potere, anche con quello americano. L’autore usa l’arma dell’ironia e della metafora, per evidenziare il ruolo delle arti e della letteratura in un regime totalitario con personaggi intensi e inquieti.
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