

Nemesi
- Autore: Philip Roth
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2011
Uscito negli Stati Uniti nell’Ottobre del 2010, arriva in questi giorni nelle librerie l’ultimo atteso romanzo di Philip Roth: Nemesi.
Il quarto ed ultimo capitolo della raccolta di cui fanno parte “Everyman”, “L’indignazione” e “Umiliazione” e che prende il nome proprio da questo romanzo è ambientato nella città di Newark nel 1944, anno in cui fu colpita da da un’epidemia di poliomielite in cui erano minacciati soprattutto i bambini.
Protagonista della storia è Bucky Cantor, un atleta 23enne che per problemi fisici viene scartato dall’esercito e decide di fare l’insegnante di educazione fisica per una scuola del New Jersey.
Estremamente diligente, buono e con un fortissimo senso del dovere, Bucky rispecchia perfettamente lo schema narrativo di Roth in quanto è assolutamente inadatto ad affrontare la situazione che i suoi ragazzi stanno vivendo specie dal momento in cui la malattia incomincia a colpire i suoi allievi, i suoi migliori allievi.
L’epidemia di polio è per Roth un’evidente metafora del nemico ingiusto che nella testa del protagonista viene vista talvolta con raziocinio, e quindi come un pericolosissimo virus, ma altre come una versione metafisica di un Dio crudele o nell’ottica nichilista del caso.
Una nuova possibilità di arruolamento ad un certo punto metterà in crisi Mr. Cantor ponendolo davanti ala scelta di salvarsi da un probabile contagio o di abbandonare i suoi alunni. Ovviamente l’ironia cinica e spiazzante di Roth pone dietro l’angolo della decisione del protagonista qualcosa di inaspettato e crudele.
Lo stesso titolo dell’opera “Nemesi” può assumere il duplice significato di indignazione o vendetta ma in entrambi i casi va riferito alla crudeltà della casualità che genera la buona o la cattiva sorte nell’universo.
Questo romanzo consacra senza ombra di dubbio Philip Roth come uno dei migliori autori della letteratura contemporanea.

Nemesi
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Capolavoro di intuizione e sentimento. Per me uno dei migliori libri letti ultimamente.
La grandezza del romanzo sta tutta nella figura del protagonista BUCKY CANTOR uomo che, ad onta delle origini, orfano di madre e con un padre malfattore, esprime un carattere eroico nella sua dedizione edecativa e nella sua ferma convinzione di voler operare per il Bene.
Non sottovalutabile, inoltre, la profonda convinzione dell’autore nell’assoluta improvvidenza di Dio e nella conseguente visione di un’umanità abbandonata all’imprevedibilità degli eventi che senza alcun discernimento la sovrastano affidandola così al caso che ora premia ora condanna senza logica e senza valori.
Bucky Cantor è poco più che ventenne, e nell’ estate del 1944 in una cittadina del New Jersey lavora come
allenatore in un campo giochi per ragazzini. Lo fa con entusiasmo e l’approvazione delle famiglie, del sindaco, che considerano l’attività sportiva una sana occasione di aggregazione e condivisione di disciplina.
ESTATE, CALURA, ADOLESCENZA, GIOCO è una associazione vincente, la mente vola leggera, alta al di
sopra di preoccupazioni, ansie, responsabilità da adulti.
E poi quando è estate, e tutto è luce-vita-forza, sembra impossibile poter morire. Ma c’è NEMESI, il fato.
NEMESI è capricciosa e non raccoglie preghiere, è giustizia che sparge il bene e il male a proprio piacimento.
Lo fa anche qui, nel campo giochi di Cantor: un’epidemia di polio piomba e colpisce a caso le giovani vite, che fino a poco prima sapevano lanciare sul campo e in un futuro lontano il giavellotto con spirito olimpico.
NEMESI flagella corpi giovani e a caso, ma ebrei: la fuga di un popolo perseguitato in un’Europa in guerra e la protezione dell’ America... non hanno funzionato.
NEMESI fa irruzione nel campo come in un giardino dei Finzi-Contini che cerca invano di custodire, con l’amore, il senso della vita, o come in una casa di novellieri decameroniani incalzati dalla staffetta dei loro racconti per ingannare la peste dilagante a valle.
Bucky Cantor assiste, impotente. Lui non combatte la guerra in Europa, e non può combattere neanche questa in America. Non ha colpa.
Eppure egli sente il peso della responsabilità: non è quella di chi commette in prima persona il reato, che ha una responsabilità storica, bensì è quella di chi, anche se non ha partecipato al progetto, non ha saputo creare un’alternativa valida, salvifica, vincente.
Bucky Cantor prende coscienza della sua responsabilità metafisica davanti alla tragedia europea, attraverso un’epidemia americana che altro non è che l’effetto della sua presa di coscienza.
A raccontarlo è Philip Roth, con la sua scrittura che non necessita di dire tutto, bensì invita. Buona lettura.