

L’educazione sentimentale
- Autore: Gustave Flaubert
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Straniera
L’educazione sentimentale di Gustave Flaubert è l’eco lunga di un amore che non diventa mai voce, la fotografia sfocata di una generazione illusa da ideali sussurrati più che vissuti. Ci si ritrova, ancora prima di sapere come, a rincorrere Frédéric nel suo avanzare timido e disilluso, mentre Parigi scivola sullo sfondo come un sipario stanco. Lì dove si credeva di trovare passione, si trova attesa. Dove ci si aspettava tempesta, si resta in balia di una bonaccia che sfibra.
Questo romanzo non si legge, si attraversa come un viale troppo lungo in un autunno fermo, dove il tempo si allunga e si piega senza rompersi. Ogni gesto è una soglia che non si attraversa mai davvero, ogni emozione una parola trattenuta sulla punta della lingua. Flaubert ci chiama non con la voce ma col silenzio: un silenzio pieno, colmo di tentativi, di desideri non consumati, di sguardi lasciati cadere come petali su un marmo freddo. Nessuno urla in questo romanzo, eppure tutto grida. L’educazione, qui, non è conquista ma perdita: una lenta discesa nei compromessi del cuore e delle idee, nel naufragio elegante delle illusioni. Ogni personaggio vibra come un nervo scoperto, ogni pagina pare sfiorare la pelle come un tocco che non osa restare. E mentre il tempo storico si contorce tra rivoluzioni mancate e slanci borghesi, quello emotivo resta lì, inchiodato all’attimo che non avviene.
C’è una bellezza ferma, quasi crudele, in questa mancata esplosione: una bellezza fatta di dettagli trascurabili che diventano tutto, di dialoghi che non guariscono ma disegnano il contorno della ferita. L’educazione sentimentale è una danza spenta, un valzer senza musica dove ci si muove per abitudine o per illusione, eppure ogni passo racconta un’intera esistenza. È il romanzo delle promesse non mantenute e delle scelte non fatte, dell’amore che si sposta di lato per lasciar passare la realtà, della giovinezza che si dissolve mentre la si nomina. Leggerlo è come guardarsi in uno specchio che riflette solo ciò che abbiamo smesso di cercare: un’eco dei sogni che eravamo prima che il mondo ci dicesse chi diventare.
Il ritmo di Flaubert, calibrato come un battito che non vuole accelerare, impone lentezza: non quella dell’attesa impaziente, ma di un’ossessione che si fa stile, che lima e perfeziona finché le parole non scivolano come vetro levigato sotto la lingua. C’è qualcosa di infinitamente moderno nella sua disillusione: in quell’amore che resta potenziale, in quella tensione che non arriva mai alla soglia dell’urlo, in quell’epoca che promette rivoluzioni e invece consegna compromessi. La città, i salotti, le lettere, i tramonti, gli sguardi: ogni cosa è avvolta da una foschia dorata, come se Flaubert scrivesse sempre al crepuscolo, quando la luce è più bella ma già destinata a morire.
È una lettera che non arriva mai, un addio non detto, un tocco mancato per un solo secondo: eppure proprio in questo scarto, in questa distanza minima, si annida la verità. E quando si arriva all’ultima pagina si ha la sensazione di aver vissuto più vite eppure di non averne toccata pienamente nessuna: come se l’intera educazione sentimentale non fosse altro che il lento, dolcissimo addestramento al rimpianto.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’educazione sentimentale
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