Chi ha detto che i personaggi letterari non hanno a che fare con la realtà? Il termine bovarismo, entrato nell’uso quotidiano, è la prova che il confine tra vita reale e immaginaria talvolta può essere davvero labile e dimostra che la finzione è parte della realtà, sempre.
Il personaggio di Madame Bovary, creato dal romanziere francese Gustave Flaubert nel 1857, ha esercitato un fascino così magnetico sull’immaginario comune da dar vita a una parola a sé, diventata poi di diritto una voce del vocabolario.
Ma di cosa parliamo quando diciamo “bovarismo”? L’assonanza con la celebre Madame di certo non sfugge, ma talvolta le sfumature di questa espressione sono ancora oscure oppure vengono riassunte in spiegazioni poco ortodosse, come il proverbiale e poco pertinente - ma, ahimè, diffuso: “è la malattia di cui soffriva Madame Bovary.”
In realtà il significato di bovarismo è molto complesso e capace di dare vita a innumerevoli spunti di riflessione poiché riguarda strettamente quel confine sottile che separa la vita dalla letteratura: il divario tra reale e ideale, tra vita vissuta e vita sognata, tra ciò che è accaduto e quanto poteva accadere.
Il termine mutuato dal romanzo di Gustave Flaubert si lega a un’inquietudine esistenziale, a un sentimento di insoddisfazione cronica che le anime romantiche conoscono bene. Si tratta di una forma intangibile di melanconia propria degli artisti, dei pensatori e dei poeti.
Scopriamo più nel dettaglio il significato di bovarismo e in quali contesti dello scritto e del parlato questo termine può essere utilizzato.
Bovarismo: cosa significa?
Secondo la definizione data dal dizionario la parola “Bovarismo” significa:
Insoddisfazione spirituale; tendenza psicologica a costruirsi una personalità fittizia, a sostenere un ruolo non corrispondente alla propria condizione sociale; desiderio smanioso di evasione dalla realtà.
Potremmo dire che di questo sentimento è affetto ogni lettore - e di certo lo scrittore francese Daniel Pennac sarebbe d’accordo, dato che ha inserito il diritto al bovarismo nel decalogo dei diritti del lettore. Secondo Pennac ogni lettore dovrebbe lasciarsi travolgere completamente dalle storie che legge sino a non a riuscire più a distinguere il confine tra vita vera e vita immaginata.
Proprio il divario tra l’esistenza reale e quella sognata crea quel sentimento di insoddisfazione che è alla base del bovarismo. Proprio come la protagonista del romanzo di Flaubert chi patisce il bovarismo soffre l’insoddisfazione di tutto ciò che lo circonda, in quanto la vita vera non è in grado di star al passo con i propri sogni e ideali.
Bovarismo: l’origine del termine
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Nella seconda metà dell’Ottocento, in seguito al successo dell’opera di Flaubert, il bovarismo divenne una vera e propria corrente di pensiero. Designava la tendenza di molti pensatori e artisti di sfuggire la monotonia della vita di provincia per tentare l’avventura nella grande metropoli. La città per molti diveniva l’emblema del paradiso terrestre, un antidoto alla noia, la strada certa che conduceva alla realizzazione di sogni e aspirazioni. Gli intellettuali e gli artisti bohémien si ostinavano nel ricercare nella lettura, nell’arte e nella frenesia cittadina uno svincolo dalla realtà deludente del quotidiano. Spesso non lo trovavano e tornavano quindi delusi dalle loro imprese.
Il bovarismo designa in pratica la condizione naturale dell’artista che per tutta la vita si sente intrappolato in un mondo che non gli appartiene poiché appare sempre distante dal mondo immaginato. Questo tormento interiore, lo scarto inevitabile tra immaginazione e realtà, si traduce nel bovarismo.
Il termine deriva direttamente dal sentimento dell’eroina flaubertiana, Madame Bovary, che prova un profondo senso di vuoto ed è costantemente insoddisfatta di quanto la circonda. Emma Bovary decide quindi di trasfigurare la realtà con fugaci evasioni, immedesimandosi in modo appassionato in ogni lettura sino a vivere pienamente la vita immaginata persino nel mondo reale. L’estraniamento totale di Emma dalla realtà tuttavia avrà esiti funesti.
Sindrome di Madame Bovary: cos’è?
Com’è noto il destino dell’eroina di Flaubert è tragico. Non a caso oggi il termine “bovarismo” designa, nel gergo psicologico, un disturbo concepito come “psicologia dell’insoddisfazione cronica” che conduce chi ne è affetto a negare la realtà. Le persone affette dalla cosiddetta sindrome di Madame Bovary accumulano molte aspettative irrealizzabili che derivano dalla loro immaginazione e appaiono totalmente disconnesse dal mondo reale. Una delle conseguenze più gravi di questa sindrome è il pensiero suicida: proprio come Madame Bovary, che nel finale del romanzo ingoia una dose di arsenico e muore, chi soffre di bovarismo può non essere in grado di reggere questo dissidio psicologico costante e tentare di togliersi la vita.
Al termine bovarismo il filosofo francese Jules de Gaultier ha dedicato una delle sue teorie più importanti in cui analizza la facoltà propria dell’uomo di “concepirsi diverso da ciò che è”. De Gaultier giunge alla conclusione che, essendo la conoscenza sempre relativa, ogni essere giunge infine a concepirsi diverso da ciò che realmente è e che ogni uomo ha dunque una percezione distorta di sé stesso, facoltà che gli consente di accettare il proprio destino.
Bovarismo: uso del termine
Attraverso il personaggio di Emma Bovary, Flaubert intendeva mostrare il crollo degli ideali romantici dinnanzi all’affermazione di una mentalità borghese dedita solo al consumismo e al culto dell’apparenza. Il bovarismo, dunque, non è da intendersi propriamente come una malattia o un sentimento negativo. A seconda dei contesti in cui viene utilizzato questo termine può assumere diverse sfumature: il nocciolo del suo significato risiede nell’insoddisfazione, che è una caratteristica molto umana.
Riportiamo di seguito alcuni esempi dell’uso del termine bovarismo:
- Sarà ora di riconoscere la stupidità presuntuosa degli uomini di successo e il morboso bovarismo delle loro mogli di provincia.
- Era una donna matura e razionale, purificata da ogni forma di bovarismo e da ogni facile sentimentalismo.
- Viveva un permanente bovarismo nutrendosi di idee e di verità ideali.
- In lui si indovinava un bovarismo filosofico e magico che faceva riflettere.
- Questo un primo assaggio di quell’Oriente da lui vagheggiato nel suo bovarismo che lo porta a definire l’isola in cui vive un paradiso terrestre.
Madame Bovary c’est moi, diceva Gustave Flaubert, ma forse al termine di questa analisi lessicale dobbiamo riconoscere che in fondo c’è un po’ di Emma Bovary, un po’ di bovarismo, in tutti noi amanti della letteratura e dell’arte.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Sindrome di Madame Bovary o Bovarismo: origine e significato del termine mutuato dal romanzo di Flaubert
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