L’amore lungo
- Autore: Giovanni Mariotti
- Categoria: Narrativa Italiana
In L’amore lungo di Giovanni Mariotti (et al. edizioni, 2012), i protagonisti sono due anziani fragili, malandati, due corpi segnati dal tempo e dalle battaglie personali, che camminano fianco a fianco per le vie di un quartiere metropolitano grigio e rumoroso. Sono due anime aggrappate l’una all’altra non solo per amore, ma per la necessità profonda di avere un sostegno in un mondo che spesso li ignora o li respinge. Questi due personaggi, le cui identità si sfumano come ombre tra i palazzi e le scale di condomini, rappresentano un amore che è tutt’altro che romantico o ideale: è un amore lungo, stanco, segnato da ferite antiche, da rimpianti che si trascinano come un peso insopportabile, da una nostalgia dolorosa che non si placa nemmeno con la lontananza o la morte.
L’ambientazione del romanzo è una città viva ma spenta allo stesso tempo, con i suoi rumori di sirene d’ambulanza che si perdono nelle strade affollate, con i lampi freddi delle rotaie che tagliano i quartieri, con i piani di una casa che separano vite e storie, dove il confine tra il qui e l’altrove, tra la vita e la morte, è labile, fragile, incerto. Mariotti dipinge un universo intermedio, un limbo in cui i personaggi oscillano, imprigionati in una quotidianità fatta di gesti ripetuti, di lettere mai spedite, di conversazioni incomplete e silenzi assordanti. È una geografia di assenze, di presenze evanescenti, di sogni e fantasmi che si aggirano nei corridoi della memoria e del tempo.
Mariotti non ha interesse per la consolazione o la redenzione: la sua scrittura è nuda, spoglia, cruda come le vite che racconta. Ogni frase è un colpo che lascia scoperte vene pulsanti, ogni parola pesa come un macigno. L’amore che emerge da queste pagine è un nodo che soffoca, una trappola in cui i personaggi si dibattono senza via d’uscita, un sentimento che sopravvive a tutto ma non salva, che è più veleno che medicina, più condanna che libertà. Non c’è spazio per il lieto fine o per la felicità piena, solo per la sopravvivenza al dolore, al rimpianto, alla mancanza.
I due protagonisti sono personificazioni di questo amore dilatato e disfunzionale, sono testimoni di una verità scomoda: l’amore può essere una forma di schiavitù emotiva, un legame che fa più male che bene, ma che si rifiuta di spezzarsi. Sono corpi e anime consumati dalla memoria, che si sostengono reciprocamente ma che allo stesso tempo sembrano imprigionati in un eterno presente di attesa e perdita. Non parlano molto, ma sentono tutto: ogni sguardo, ogni silenzio, ogni gesto è intriso di un’assenza pesante come pietra.
Leggere L’amore lungo significa immergersi in un dolore che è allo stesso tempo universale e personale, una narrazione senza filtri che ti trascina dentro le crepe di esistenze fragili, dentro l’ossessione per un passato che non passa mai. È un libro che fa male, ma che non può essere ignorato, perché in quel male c’è una forma di eternità disperata, una verità troppo scomoda per essere dimenticata.
Questo romanzo non offre salvezza, ma racconta con brutalità e delicatezza la realtà di un amore che continua a camminare anche quando tutto sembra fermarsi, un amore lungo che non si lascia andare, che persiste contro ogni logica, che è il più umano di tutti i sentimenti, proprio perché non è mai perfetto, mai completo, ma sempre vivo e dolorosamente presente.
L'amore lungo
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Un libro perfetto per...
A chi ha amato troppo, troppo a lungo, troppo tardi. A chi sa che l’amore non è salvezza ma condanna. A chi cerca storie vere, che non cercano scuse. A chi non ha paura di restare ferito.
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’amore lungo


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