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Recensioni di libri

Jung e Neumann. Psicologia analitica in esilio. Il carteggio 1933 - 1959

Moretti & Vitali, 2016 - Il rapporto tra Jung e Neumann può essere paragonato a quello tra Freud e Jung: entrambi riguardavano una figura di maestro ed esperto e un giovane allievo desideroso di crescere.

Mario Bonanno
Mario Bonanno Pubblicato il 22-11-2016

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Jung e Neumann. Psicologia analitica in esilio. Il carteggio 1933 - 1959

Jung e Neumann. Psicologia analitica in esilio. Il carteggio 1933 - 1959

  • Autore: Carl Gustav Jung
  • Genere: Psicologia
  • Categoria: Saggistica
  • Anno di pubblicazione: 2016

In principio erano l’allievo e il maestro. Il primo rispondeva al nome di Carl Gustav Jung, il secondo di Sigmund Freud: nell’alveo degli studi psicoanalitici l’uno trascendeva l’altro senza malanimo, per slancio speculativo naturale, semplicemente perché così doveva essere. Fu insomma una questione di geni se Carl Gustav Jung divenne maestro a sua volta e Erich Neumann l’allievo prediletto di turno. L’intenso scambio epistolare intercorso tra gli ultimi due ne comprova l’apprezzamento reciproco.

Da questa corrispondenza lo psicanalista Luigi Zoja ha tratto adesso una raccolta poderosa: “Jung e Neumann. Psicologia analitica in esilio. Il carteggio 1933-1959” (Moretti & Vitali, 2016), si intitola per esteso. Tra le sue pagine è desumibile per intero l’elevata statura analitica di Erich Neumann, che solo la morte precoce (morì a 55 anni), ha impedito di affermare appieno. Come sintetizza Zoja, a pp. 24-25

“Il rapporto tra Jung e Neumann può essere paragonato a quello tra Freud e Jung. Entrambi riguardavano una figura di maestro ed esperto e un giovane allievo desideroso di crescere. Una chiara somiglianza tra le due coppie sta nel fatto che, come Jung, Neumann non rinunciò mai alla propria indipendenza intellettuale: proprio come, di fronte a Freud, Jung non aveva deposto la sua. Una differenza sta invece nel fatto che, come maestro, Jung offrì molto più incoraggiamento e aiuto concreto allo sviluppo individuativo di Neumann (…) di quanto Freud avesse fatto con lui”.

L’accorto lavoro di recupero documentale consente inoltre al curatore di inquadrare due “metamorfosi”, verificatesi in Erich Neumann presso che in parallelo: 1) quella relativa alla sua rinascita in Israele – lui berlinese di origine ebraica, perseguitato - dove si affermò come fondatore culturale; 2) quella relativa al mutamento del rapporto con lo stesso Jung: da seguace ad interlocutore paritario. Al punto da essere indicato, dopo Freud e Jung, come “terzo potenziale pilastro” della psicoanalisi (Luigi Zoja). Fino al 1940, le lettere neumanniane si ammantano spesso di acume fiammeggiante, assumendo persino i tratti tipici del vaticinio (“radiografie dell’inconscio collettivo”, predizioni sulle catastrofi a venire nell’Europa e nello stato d’Israele). Dopo un silenzio epistolare di oltre cinque anni (1940-1945) la seconda parte della corrispondenza con Jung lo rivela analista ulteriormente maturo (“si era rinnovato attraverso una solitaria autoanalisi”), portavoce di teorie comprendenti al contempo psicologia, antropologia e teologia. Un teorico della disciplina analitica in grado di descrivere anche il rapporto (la liaison?) che si rintraccia tra lo sviluppo della psicologia individuale e quella collettiva. “Jung e Neumann. Psicologia analitica in esilio” è, in ultimo, un testo corposo (ben quasi 450 pagine) e - dato il carattere di inedito - di caratura internazionale, comprovata anche dal commento dello psicanalista tedesco Martin Liebscher.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Jung e Neumann. Psicologia analitica in esilio. Il carteggio 1933 - 1959

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