Jack Frusciante è uscito dal gruppo
- Autore: Enrico Brizzi
- Categoria: Narrativa Italiana
“Jack Frusciante è uscito dal gruppo” è un’opera prima amatissima ad alto tasso provocatorio e caso editoriale degli anni novanta. Alle nuove generazioni è pressoché sconosciuta e invece, alla pari del giovane Holden, ha ancora molto da dire, malgrado il nostro vecchio Alex D - giovane protagonista del romanzo - non avesse il profilo su facebook, malgrado Lady Gaga a quell’epoca andasse ancora alle scuole elementari, malgrado alla tv corressero le immagini della strage di Capaci e il mondo post 11 settembre fosse ancora di là da venire.
Enrico Brizzi, alla tenera età di vent’anni, riuscì davvero a compiere il miracolo di unire una storia non eccessivamente originale, una tramina, con il sollevamento di un polverone epifanico sull’esistenza di giovani e - di striscio - delle loro famiglie, filtrata e mixata dalla mente di un rocker diciassettenne. Tutto iper reale, visto che le coordinate geografiche e temporali sono precise. Storico, dunque, ma ancora attuale.
Penso a una madre che legge questo romanzo e che dice: oh, io ce l’ho in casa un Alex D., un Martino, una Aidi, un Depression Tony, o ad un ragazzo che può rivedere la Mutter, il frère de lait, le carlotte e il profio fra le proprie frequentazioni quotidiane.
E’ un libro scritto con il graffio, fratello dei romanzi di Bret Easton Ellis, a cui però non ha nulla da invidiare perché un po’ allo stesso modo arrostisce per bene una realtà locale, quella di Bologna, e una generazione, quella dei liceali e tutto quello in cui sono invischiati vorticosamente o in cui stanno ammollo che sia la chiesa, la scuola, i genitori, la politica o le classi sociali.
Alla pari di Ellis, Brizzi usa un linguaggio pirotecnico, fatto di brillanti ironiche ed iconiche descrizioni. Non ci dice di che colore abbiano gli occhi i personaggi ma se indossino o meno le Dr Martens. Non ha tempo di lasciare che i personaggi si costruiscano da sé: rastrella il nostro immaginario collettivo occidentale consumistico e spera che il suo lettore ci arrivi da solo a capire cosa voglia dire, a vedere il distacco da frequentatore di jazz club. E poi, Brizzi per un po’ sta prudentemente nascosto dietro alla tendina di una narrazione in terza persona, di un’apparente persona ben informata dei fatti, ma poi non resiste alla tentazione e inserisce dei paragrafi dove Alex D. parla, si sfoga così, senza pudore. Anche in questo sta la forza del romanzo. Sembra che la storia prenda il sopravvento e lo scrittore cede, dà spazio, perché si accorge che è cosa buona e giusta.
Un romanzo in cui ogni frase - in talune pagine- ogni parola fa un chiasso terribile, tanta è l’angoscia, la rabbia, il disgusto, la delusione e il disincanto nichilista della voce del nostro truce e innamorato protagonista. Certo, è sboccato e dire che i suoi giudizi sugli altri siano tranchant e spietati è fin troppo benevolo, eppure questo ragazzo si fa voler bene e fa breccia nel cuore del lettore, perché come in ogni buon romanzo le sue gesta commuovono, turbano e colgono nel profondo chi le vede apparire così, su mezze paginette scritte -così sembra- in tutta fretta.
Jack Frusciante è uscito dal gruppo
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Quando uscì questo libro, nel 1994, avevo 31 anni eed ero all’inizio della mia carriera di insegnante, ma soprattutto ero fuori dall’adolescenza da un pezzo. Per questo motivo non apprezzai questo giovane esordiente che mi pareva tutto apparenza tanto più che la storia era ( ed è) esile e, a parte il linguaggio, per niente provocatoria.
Ora a distanza di oltre 20 anni comincio a considerarlo in modo diverso, ma se devo essere sincera ai miei allievi sia degli anni Novanta che odierni non piace un granchè.
Detto questo, la recensione mi pare ottima perchè mette in rilievo alcuni punti rimasti oscuri come il riferimento al linguaggio.