Il palazzo delle ombre di Roberto Carboni

Già nei suoi precedenti romanzi lo scrittore Roberto Carboni ci aveva abituato ad atmosfere cupe, a misteri che hanno caratteristiche di genere che mescolano il thriller all’horror: ma in questo ultimo romanzo, Il palazzo delle ombre, appena pubblicato da Newton Compton, l’autore trascina i lettori in atmosfere efferate, unite a delitti, torture, violenze fisiche inaudite che hanno il sapore del medioevo ma che in realtà avvengono al centro di Bologna, nell’autunno del 1968.

Già dal primo capitolo dal titolo indicativo, “Convocazione all’abisso”, lo scrittore ci immette nella sua storia quasi grandguignolesca; il protagonista è il giornalista italo-americano Paul, che lavora per il settimanale “Paese Italia” e che è ancora sotto shock per aver perso in un incidente aereo la compagna di vita e di lavoro Alysha, che aspettava una figlia da lui. Poco propenso a riprendere a scrivere, personalità un po’ sopra le righe, incapace della disciplina voluta dalla direzione del giornale, Paul viene raggiunto dal suo caporedattore Ugo Manzoni; un ragazzo di buona famiglia, Gioele Montelungo, era stato trovato cadavere dopo essere stato torturato, flagellato e arso vivo, appeso a una croce, in una messa in scena orribile, impossibile da fronteggiare data la gravità dello spettacolo offerto agli investigatori. Ventuno anni, ottima e influente famiglia, lo sventurato era un ragazzo per bene: cosa poteva essergli successo per meritare una morte così atroce? Passano pochi giorni e un nuovo delitto inconcepibile ha per protagonista il più caro amico di Gioele.
Le indagini di Paul sono frenate dai proprietari del giornale per cui lavora, mentre la polizia ottusamente è convinta di seguire la strada del terrorismo di sinistra. Siamo nel ’68 e gli opposti estremismi hanno fatto la comparsa nella storia del nostro paese, inaugurando un periodo di violenze politiche che ben ricordiamo. Ma mentre le indagini proseguono, Paul, che si è fatto ricevere dalla madre di Gioele, Virginia, e che sospetta delitti di tipo rituale con una forte componente di fanatismo religioso, viene esautorato dallo scrivere sul settimanale, sostituito dalla giovane collega Beatrice che, malgrado sia brava e coraggiosa, finora ha avuto incarichi di scarso rilievo, occupandosi di semplice cronaca locale di costume.
Roberto Carboni dissemina indizi nella sua narrazione, che solo alla fine del libro riveleranno la loro fondatezza nella ricostruzione della drammatica vicenda. I dialoghi sono scritti con un ritmo incalzante, i personaggi descritti con estrema accuratezza, l’atmosfera politica ricostruita con competenza cronachistica. L’atmosfera di una redazione di giornale, con le rivalità, il potere dei padroni, i condizionamenti della politica locale, la difficoltà di perseguire la verità anche se i mezzi di indagine erano ancora poco efficaci, e poi ancora telefoni a gettoni (Paul ne ha sempre una manciata in tasca), sigarette e caffè consumati ossessivamente, pioggia battente e fastidiosa, chiese e palazzi abbandonati e funerei, un frate colto che sa ricostruire atmosfere religiose di secoli addietro e, soprattutto, la grande ostinazione del protagonista, che ancora una volta rischia la vita pur di mettere in salvo l’amata collega Beatrice, anche lei coraggiosa e determinata a farsi valere come donna in un mondo di soli maschi.

Cunicoli, pozzi, scale che portano nei sotterranei, una Bologna sotto terra dove la follia mistica domina menti malate. Ancora una volta un autore italiano si cimenta in un genere nel quale sembravano prevalere le storie gotiche del mondo anglosassone; invece Carboni scopre materiale inedito e originale pure da noi, costruendo un romanzo terribile, colto, pieno di rimandi simbolici, storici, religiosi e artistici.