Il golfo dell’anima
- Autore: Ren Zen (Renzo Maggiore)
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2015
Il golfo dell’anima (Aletti editore, 2015, pp. 94) di Renzo Maggiore, in arte Renzen, raccolta di liriche dedicate a un luogo e al suo genius loci, testimonia l’unione profonda e segreta tra l’anima dell’uomo e la Natura, parola che scrivo in maiuscolo in quanto Dea e immagine dell’Ineffabile. Nel suo percorso geografico e anche interiore il poeta ricerca questo mistico connubio. Il viaggio è scoperta di sé attraverso l’altro, sia esso il paesaggio o un animale, com’egli ben comprende in una meditazione suggeritagli dal panorama di Trieste:
"Il mare grande e generoso / è aperto ai cuori affluenti / perché è foce e sorgente. /
Io gabbiano lo sorvolo / e poi immergo la testa / le ali e il corpo tutto / per pescare l’immenso /e riemergere gocciolante / di zampilli zeppi di gioia".
Il genius loci della città è la divinità femminile, rappresentata dal santuario posto sulla cima del monte Grisa sul Carso triestino, dedicato a Maria Regina della pace. Maggiore ama ricordare la leggenda che vuole Trieste fondata dagli Argonauti alla ricerca del vello d’oro; un’altra versione vede la città fondata dai Fenici. La presenza romana è testimoniata dalle vestigia archeologiche, primo fra tutte il teatro romano.
Il golfo è circolare ed è cerchio, movimento compiuto, inizia da un ricordo a Capodistria in Slovenia, ma parte a Muggia, l’ultima cittadina italiana posta sul confine con la Slovenia, attraversa Trieste, i suoi moli, i caffè storico letterari, il suo giardino pubblico con arbusti centenari che dialogano con il poeta e con i busti di personaggi illustri scolpiti (Svevo, Joyce).
L’artista sorpassa l’incanto dell’insenatura fiabesca di Miramare e il suo castello. Il mare è presenza viva abitata da pesci, muggini, vele e gabbiani, in cui Maggiore trova la sua stessa anima. È proprio il gabbiano a ispirare di continuo sentimenti di infinito e di libertà, non diversamente dal famoso e mitico Gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach.
Il viaggio prosegue fino alla foce dell’Isonzo, fiume sacro che a un tratto si immerge nella terra, per poi risorgere proprio presso Duino, nella zona del mitreo. Il fiume diventa simbolo della parabola conoscitiva umana, discesa negli "inferi" dei segreti inconsci, da portare alla luce coscienziale. Segue la resurrezione del poeta, insieme a quella del fiume.
Nell’andare, Maggiore scopre e assapora l’eternità dell’attimo, "eternità fuggente", come viene descritta con un bell’ossimoro capace di restituire l’emozione del momento unico illuminante e nel contempo il suo fluire; nella filosofia zen vissuta in seno alla natura si placano i tormenti e trionfa la pace.
Il cerchio si chiude con il ritorno a Muggia e con una consapevolezza: la sorgente e la foce sono una cosa sola, il principio è la fine, esperienza già fatta propria e riassaporata nel finale:
"Ora so / - perché il cerchio si chiude - / che sorgente e foce sono la stessa cosa. / Il respiro si fonde con il senso cosmico / di un percorso senza tempo."
Per comprenderlo è necessario meditare ed essere poeta. La vita è un unicum in cui il tempo è illusorio. Ma non ci troviamo in un mondo incorporeo, al contrario, siamo qui e ora, insieme al poeta, ancora più partecipi e più terrestri, ma illuminati da un significato che è vita, fremente e intensa, purificata dalla sete e dal bisogno di possesso, perché il connubio con gli elementi diventa totale:
“Gli scogli del molo / vivi quanto l’epidermide dell’anima / amplificano il canto degli elementi. / Vene di terra ardono / nel corpo spalancato / di un sorprendente anelito.”
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il golfo dell’anima
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Anima sensibile e profonda nei suoi percorsi di vita. Le sue parole lasciano sempre l’invito alla meditazione ed all’introspezione.
Bravo Renzo sono orgogliosa di te.