Italo Svevo (pseudonimo dell’autore, il cui vero nome è Aron Ettore Schmitz) è passato alla storia nell’ambito della letteratura italiana per il suo enorme contributo alla nascita del romanzo contemporaneo del ‘900 nella sua accezione più attuale di opera in cui si parla dei conflitti dell’uomo moderno, di tutte le sue ansie e delle contraddizioni.
Con un che di autobiografico, è proprio questo il tema centrale dei romanzi di Italo Svevo: l’approfondimento psicologico dei personaggi, lo scavare nella loro personalità in maniera quasi morbosa andando a scrutarne tutte le pieghe e cogliendone le sfumature più confuse. Attorno ad essi, poi, l’autore crea città e ambienti che fanno da cornice e parlando di realtà tristi e opache.
Italo Svevo ha scritto non solo romanzi ma anche racconti, opere teatrali e saggi, influenzato dalla psicanalisi e dal realismo proveniente dalla Francia. L’opera per cui è senz’altro più conosciuto è “La coscienza di Zeno” e una delle sue celebri frasi è «La vita non è né brutta né bella, ma è originale!». Andiamo a vedere, nel dettaglio, la vita, le opere e il pensiero di Italo Svevo.
Italo Svevo: la vita
Italo Svevo nasce a Trieste il 19 dicembre 1861 da una famiglia benestante ed ebrea. Il padre è proprietario di una birreria e la madre si occupa del marito e dei suoi otto figli. A 12 anni, insieme a due dei suoi fratelli, Italo viene mandato al collegio di Segnitz presso Wurzburgo.
I suoi studi lo guidano verso la carriera del commercialista, desiderio di suo padre, e approfondiscono materie tecniche commerciali abbinate all’apprendimento di quattro lingue, in particolare il tedesco. Ed è proprio nello studio del tedesco la chiave del futuro di Svevo: imparata la lingua in pochi mesi, il giovane di appassiona e divora in breve i maggiori classici tedeschi, da Schiller a Richter, da Goethe a Schopenhauer.
Nel 1878 Svevo e i fratelli rientrano a Trieste, dove lo scrittore di iscrive all’Istituto superiore commerciale "P. Revoltella" per non deludere le aspettative del padre, anche se ormai ha un’aspirazione segreta: la letteratura e un viaggio a Firenze, dove avrebbe potuto imparare la lingua italiana. A questo punto, però, l’azienda di famiglia fallisce e Svevo è costretto a trovarsi un lavoro.
Nel 1880 l’autore viene assunto presso la filiale triestina della Unionbank di Vienna come addetto alla corrispondenza tedesca e francese. La sua passione per la letteratura rimane, e continua a coltivarla collaborando anche col giornale triestino "L’Indipendente". A Svevo importa poco del suo lavoro impiegatizio e dedica tutto il resto della giornata a leggere molti dei classici italiani, apprezzando Boccaccio, Guicciardini, Machiavelli e non trascurando nemmeno la letteratura francese e autori come come Flaubert, Zola, Daudet, Stendhal e Balzac.
A questo punto della sua vita comincia a scrivere alcune commedie, tra cui: "Ariosto governatore", "Il primo amore" e "Le roi est mort: vive le Roi" e alcune novelle come "La storia dei miei lavori" e "La gente superiore". Quando ancora non era Italo Svevo, con lo pseudonimo di Ettore Samigli, riesce a far pubblicare due dei suoi racconti su “L’indipendente", “Una lotta” nel 1888 e “L’assassinio di Via Belpoggio” nel 1890.
Solo due anni dopo sceglierà come pseudonimo Italo Svevo, a sottolineare il suo appartenere sia alla cultura italiana che a quella tedesca. Nel 1892 pubblica, a proprie spese, il suo primo romanzo, “Una vita”, che verrà però ignorato dalla critica.
Nel 1886 accade qualcosa che scuote fortemente Italo: la morte di Elio, il fratello a lui più caro, e che anticipa solamente quelle del padre (1892), della madre (1895) e anche quelle delle sorelle Ortensia e Noemi. Questa serie interminabile di lutti familiari, che lascia decimata la sua famiglia, segna Svevo davvero nel profondo ed è solo con l’aiuto del suo caro amico, il pittore triestino Umberto Veruda, e grazie alle attenzioni della cugina Livia Veneziani che supererà questi difficilissimi momenti. Della cugina Livia si innamora, poi, sposandola nel 1896. Dalla loro unione nascerà, l’anno seguente, la figlia Letizia.
Con la vita familiare che trascorre tranquilla, Svevo continua a dividersi tra tre lavori: per obbligo impiegato in banca, appassionato insegnante di lingua tedesca e francese e per amore scrittore del giornale “Il Piccolo” di notte, con la mansione di spoglio della stampa estera. Lavora come un matto, Italo Svevo, ma nonostante tutto riesce a scrivere il suo secondo romanzo, “Senilità”, che pubblica sempre a sue spese nel 1898. La critica è spietata con lui, rimproverandolo di utilizzare la lingua italiana in maniera troppo povera. Questo insuccesso mina profondamente la fiducia di Svevo in se stesso, spingendolo ad abbandonare la scrittura a favore della lettura di altri grandi classici, tra i quali Dostoevskij, Ibsen e Cechov.
Nel 1899 Svevo abbandona in maniera definitiva il suo impiego in banca e lavora come dirigente nell’industria del suocero, cominciando a viaggiare per affari in moltissimi paesi europei tra cui Germania, Inghilterra, Austria e Francia.
La passione per la scrittura, nonostante tutti gli ostacoli che trova sul suo cammino, non muore. Nel 1903 pubblica la commedia “Un marito”. Nel 1904 un altro evento segna la vita di Svevo brutalmente, la morte del caro amico Umberto Veruda. Per cercare sollievo, Italo organizza una mostra per tutti i quadri che ha ricevuto da lui in eredità, mettendo a testamento che l’intera collezione non avrebbe mai dovuto essere scorporata.
Per ragioni legate al lavoro come dirigente aziendale, Svevo deve approfondire lo studio della lingua inglese ed è in questo momento che di rivolge a James Joyce, scrittore irlandese giunto a Trieste per insegnare l’inglese. Il rapporto tra i due si sviluppa in maniera molto naturale, basato sul comune e fortissimo interesse per la letteratura. I due valutano i reciproci lavori e Joyce esprime pareri positivi rispetto alle opere di Svevo, incoraggiandolo a non arrendersi e a riprendere in mano la penna. I due amici vengono purtroppo separati dall’esplosione della Prima guerra mondiale. Joyce deve lasciare l’Italia e Svevo rimane a Trieste. In questi anni Italo si dedica in particolar modo alla letteratura inglese e scopre la psicanalisi, traducendo “La scienza dei sogni" di Freud.
Finita la guerra, Svevo collabora col primo grande giornale triestino, “La Nazione” e porta a compimento la stesura del suo terzo e più celebre romanzo, “La coscienza di Zeno” edito nel 1923 da Cappelli ancora una volta a spese dello scrittore. Anche stavolta, Svevo viene sottovalutato dalla critica italiana. Come arriva il successo del terzo romanzo di Svevo? Grazie a Joyce. Egli, ricevuto il libro dell’amico Svevo, ne rimane letteralmente stregato. Dopo di ciò, riesce a convincere Svevo a inviare la sua opera ai critici e letterati francesi V. Larbaud e B. Crémieux, i quali lo apprezzeranno e ne faranno un grandioso successo a livello europeo. Nel 1925 Svevo si reca a Parigi e, tra i suoi ammiratori, incontra la signora Crémieux, donna che gli parla di Marcel Proust, all’epoca ancora sconosciuto.
Il meritato successo arriva, finalmente, quando Montale scrive su “L’Esame”, nel 1925, un saggio critico dal titolo “Omaggio a Svevo” sulle tre opere che l’autore stesso gli aveva inviato. Montale lo colloca sul più alto piano della letteratura contemporanea e da lì, grazie anche alle molte lodi a livello europeo, la critica italiana si ammorbidisce definitivamente e i pregiudizi nei confronti dell’autore - probabilmente dovuti anche a una componente antisemita - vengono abbattuti.
Arrivano, a questo punto, i primi problemi di salute per Svevo - colpevole il troppo fumo - ma l’autore continua con entusiasmo a dedicarsi alle proprie opere, tra racconti e commedie. In questi anni Svevo legge i capolavori di Franz Kafka e Marcel Proust. Nel 1928 Svevo comincia a scrivere quello che avrebbe dovuto essere il suo quarto romanzo, “Il vecchione” che non potrà mai, sfortunatamente, portare a compimento perchè il 13 settembre 1928 morirà, a 66 anni, vittima di un incidente stradale a Motta di Livenza.
Le opere di Italo Svevo
Autore molto prolifico, che solo la morte ha potuto fermare, Svevo è stato disprezzato e ignorato per gran parte della sua vita come autore. La fama è arrivata negli ultimi anni della sua vita e poi, come in molti casi, è esplosa postuma. Ecco le opere di Italo Svevo di maggior rilievo:
- Il primo amore (marzo 1880, perduto);
- Le Roi est mort, vive le Roi! (luglio 1880, perduto);
- I due poeti (1880, perduto);
- Difetto moderno (febbraio 1881, perduto);
- I tre caratteri, poi La gente superiore (marzo 1881, perduto);
- Una lotta, come E. Samigli, in "L’Indipendente", 6,7, e 8 gennaio 1888;
- Una vita, Trieste, Libreria Editrice Ettore Vram, 1893 (ma 1892); Milano, Morreale, 1930; Milano, Dall’Oglio, 1938; Milano, A. Mondadori, 1956. (romanzo);
- Senilità, Trieste, Libreria Editrice Ettore Vram, 1898; Milano, Morreale, 1927; Milano, Dall’Oglio, 1938; 1949. (romanzo);
- La coscienza di Zeno, Bologna, Cappelli, 1923; Milano, Morreale, 1930; Milano, Dall’Oglio, 1938; 1947; 1957. (romanzo);
- La novella del buon vecchio e della bella fanciulla ed altri scritti, Milano, Morreale, 1929; Milano, Dall’Oglio, 1938; 1951;
- La novella del buon vecchio e della bella fanciulla (1926);
- La madre (1926);
- Una burla riuscita (1926);
- Vino generoso (1926);
- Il vegliardo (1928, incompiuto);
- Corto viaggio sentimentale e altri racconti inediti, Milano, A. Mondadori, 1949.
- Corto viaggio sentimentale (incompiuto);
- L’assassinio di via Belpoggio, già ne "L’Indipendente", 4 luglio-13 ottobre 1890.
A questi, che sono solo romanzi e racconti, si aggiungono moltissimi saggi e opere teatrali tra le quali spiccano:
- Diario per la fidanzata (1896), Trieste, Edizioni dello Zibaldone, 1962;
- La storia dei miei lavori (1881), in Bruno Maier, Lettere a Svevo; Diario di Elio Schmitz, Milano, Dall’Oglio, 1973;
- Diario per la fidanzata (1896), Trieste, Edizioni dello Zibaldone, 1962;
- La storia dei miei lavori (1881), in Bruno Maier, Lettere a Svevo; Diario di Elio Schmitz, Milano, Dall’Oglio, 1973;
Lo stile e la poetica di Italo Svevo
Quali sono stile, poetica e temi di Italo Svevo? Chiariamo, innanzitutto, che furono le profonde conoscenze delle teorie freudiane e la smisurata cultura europea contemporanea che portarono Svevo ad analizzare l’esistenza in maniera così profonda, dalla realtà esterna a quella interiore dell’individuo. L’uomo descritto dall’autore è frutto della crisi dell’Europa ottocentesca: colui che, in “Una vita”, non trova il modo di reagire al naufragare di tutte le sue aspirazioni; colui che, in “Senilità”, non ha slancio né ardore ed è vecchio a livello spirituale, rassegnato a subire e non vivere la vita; colui che, ne “La coscienza di Zeno”, non ha nessuna qualità, è privo di volontà e malato immaginario, oltre che preda del caso.
La trilogia dei suoi romanzi esprime il fallimento dei grandi ideali che guidavano l’Ottocento. Il linguaggio dell’autore è amaro, ironico, scruta nella coscienza e tira fuori le debolezze e le miserie umane. Cosa restituisce al lettore? Tristezza, tanta, e un’amorevole rassegnazione rispetto alla condizione umana e al dramma esistenziale dell’uomo moderno.
Sono molti i temi e le immagini evocati da Italo Svevo:
- L’inetto: colui che meglio rappresenta l’uomo moderno, l’antieroe che vive la sua grigia vita ordinaria aspirando a qualcosa di più ma non avendo la volontà necessaria per raggiungerlo. Egli cade preda dei propri limiti, della propria inadeguatezza e della paura. Questi antieroi sono l’opposto all’eroe di D’Annunzio.
- La malattia: temi ricorrenti sono la malattia in contrasto con la salute, la medicina e il rapporto tra medico e paziente. La stessa “Coscienza di Zeno” si struttura come un diario di Zeno scritto per il suo medico.
- La psicoanalisi: grazie all’approfondito studio di Freud, i personaggi di Svevo si autoanalizzano e fanno lo stesso col proprio modo di rapportarsi al mondo esterno, col senso di inadeguatezza e coi propri traumi. Proprio nel periodo tardo della vita si concentrano tutte le contraddizioni che fanno parte dell’esistenza di ognuno di noi.
- La vecchiaia: contrapposta alla giovinezza, la vecchiaia è difficile da vivere in rapporto alla gioventù, coi ricordi e col presente.
- L’ironia: non manca mai nei testi di Italo Svevo, anche quando gli argomenti affrontati sono seri. L’ironia è rivolta prima di tutto verso l’autore e i suoi discorsi, poi ai personaggi e alle loro storie.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Italo Svevo: vita, opere, stile e poetica
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