

La casa dei ritorni
- Autore: Valeria Galante
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2025
La casa dei ritorni (Mondadori, 2025), sottotitolato “I Morelli, una famiglia napoletana”, è il nuovo romanzo di Valeria Galante, nom de plume dietro cui scrivono Diana Lama e Diego Lama. La saga dei Morelli, iniziata con La casa delle sirene (2023) e proseguita con La casa della colpa (2024), si ispira alla vera storia della loro famiglia.
Nina si sentiva triste, spenta, stanca e spaventata.
Si conclude questa appassionante saga familiare al femminile nella quale brillano figure di donne indimenticabili come Elvira, Angela e Giuseppina Morelli, Angela, Genoveffa, Maddalena e Adelaide, colpevoli di essere donne, che si sono viste surclassare nel cuore della madre dall’amore sviscerato di Giuseppina per l’unico figlio maschio, l’ultimo nato Edoardo. Ancora Nina, Angie e Federica, che cercano la loro strada nel periodo che va dal dopoguerra agli anni Novanta. Anni di ricostruzione per il nostro Paese, anni di piombo, complessi e carichi di contraddizioni, dove ciascun lettore ritrova un pezzo della propria storia.
Anche in questo terzo romanzo è manifesta la struggente bellezza di Napoli, con il suo carico di luci e ombre, anche “quanno chiove”.
Siamo nel 1946.
I Morelli non erano poveri, e avevano pure ricostruito la casa a Riviera di Chiaia, addirittura nello stesso posto di prima, di fronte al mare; solo moderna, più bella e più grande. Il vecchio edificio in pietra sue due livelli, crollato dopo gli ultimi bombardamenti, era stato sostituito in fretta da una palazzina di quattro piani in cemento. Il costruttore, il commendator Porzio, si era preso il pianterreno e l’attico, mentre il primo e il secondo livello erano rimasti di proprietà Morelli. Gli appartamenti al primo piano erano stati destinati al fitto, in quelli al secondo invece viveva Nina con i fratelli e i genitori. Però era bello avere un appartamento moderno, il caffè vero, le uova vere, il pane bianco e il pesce di venerdì, la carne il martedì e la domenica. E potevano pure permettersi di comprare i dolci alla pasticceria Fusco di piazza Amedeo che, col rientro dalla Russia del titolare, aveva riaperto più splendida di prima.
L’anno successivo, 1947.
Faceva freddo e pioveva. La cappa di umidità che veniva dal mare levava la voglia di fare qualsiasi cosa. Dalla finestra entravano rumori di sirene. Era un camion militare, che stava prelevando i resti di una nave affondata durante la guerra. Tirata da catene giganti, adesso andava via in grandi pezzi arrugginiti. Nina aveva finito le letture di Mitologia e adesso non sapeva come passare il tempo. Dopo pranzo suo padre e sua zia Gietta si rintanarono come sempre nelle rispettive camere da letto, contenti di abbandonarsi al sonno e smettere di vivere per un po’. Da quando la mamma era morta, due mesi prima, sembrava che vivere, scherzare o parlare ad alta voce fosse diventato peccato. In casa Morelli si camminava in punta di piedi e perfino il naso veniva soffiato senza fare rumore. Nina non ce la faceva più: lei voleva vivere, ma questo non significava che non pensasse a sua madre. Però là dentro si sentiva soffocare, come se stesse per morire anche lei.
Era arrabbiata, però poi si sentiva cattiva e ingiusta, e per questo ancora più arrabbiata.

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