Il cielo è rosso
- Autore: Giuseppe Berto
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Rizzoli
- Casa editrice: BUR
“Il cielo è rosso” è uno di quei libri che non ti aspetti. L’ho scovato nello scantinato di una libreria, faceva parte di una triade a mia scelta aggiudicatami al modico prezzo di dieci euro e per tanto tempo è rimasto là, come tante cose acquistate solo perché convenienti, nello sbadiglio di uno stipetto.
Poi per caso mi sono ritrovata a leggerlo e, riga dopo riga, lo stile pacato ma raffinato di Giuseppe Berto mi ha avvolto accompagnandomi nel luogo abbandonato in cui anche Carlo, il protagonista, fuggito dal seminario per cercare sua madre, si imbatte. Sembra che il filo spinato segni un confine invalicabile, invece è facile da oltrepassare e dentro si trova tutta una città diroccata, dilaniata dai bombardamenti, languente ma comunque viva. Sorprendentemente, nella casa sventrata che ripara Tullio e le giovanissime Giulia e Claudia, l’abbandono e la tristezza si sovrappongono a piccole comodità tuttora presenti, come un profumato pezzo di sapone, e i tre accorgono subito il giovane ospite, come se fosse da sempre atteso fra quelle mura spezzate. Carla e Tullio, pur acerbi, conoscono fin troppo bene il mondo in cui si trovano a dover vivere e vi si piegano mantenendo purtuttavia una certa fierezza nel loro squallore. Giulia, figlia di una prostituta, è invece anima innocente, delicata e trova una affinità elettiva con Carlo che non riesce in alcun modo a ribellarsi all’educazione ricevuta dai preti che lo intride, lo rende schivo, pauroso, incapace di relazionarsi con il sesso femminile.
Attorno a questi quattro personaggi che sembrano vivere una loro esclusiva esistenza nel piccolo spazio ritagliato nella zona proibita, lavandosi con l’acqua che sa di fiume e preparando cibo in scatola con il fornello a gas, ruotano altre figure, anch’esse simili a pallide ombre, fragili, profondamente segnate dall’orrore, come la piccola Maria, bambina che forse una bomba scoppiata troppo vicino ha reso un po’ tarda, il calzolaio, e sua madre che borbotta sempre lamenti. Oltre ciò sembra esserci il nulla, come se quel pezzetto di mondo reietto fosse in realtà l’unico possibile in un universo vuoto e silenzioso e a tratti persino l’amore vi potesse trovare albergo. Anche la storia, come la zona proibita, ha i suoi confini e il finale è sorprendente, ascetico, quasi a sublimare la sofferenza comune in un gesto plateale ma necessario, qualcosa che fa restare senza fiato.
“Il cielo è rosso”, sì, è rosso come il sangue, ma è anche rosso come la speranza che, nonostante tutto, qualcuno riesca a raccogliere un seme di vita dall’immobilità della fine. Pagina dopo pagina, i personaggi si fanno vecchi amici del lettore; con stupore ci si accorge che quella casa diroccata e piena di disagi è intima valva e la si percepisce accogliente, soprattutto quando la pioggia non cessa e, nonostante tutto, permette di tenere la testa all’asciutto. E allora ecco che la vita dell’inizio del romanzo, quando la madre di Giulia torna a casa con la bambina in grembo e viene cacciata senza alcuna pietà dalla famiglia, si unisce come un cerchio al finale. Qui non lo posso rivelare, ma chi leggerà questa delicata e crepuscolare storia di guerra comprenderà la mistione di vita e morte, in fondo sorelle, di questo libro, quel senso amaro che getterà le basi per la scrittura de “Il male oscuro”, opera di Giuseppe Berto di un ventennio successiva, figlia degli anni Sessanta quando oramai la battaglia tra persone aveva lasciato il posto a quella che si combatte, quotidiana, dentro di noi.
Il cielo è rosso
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