Cosa resta del padre
- Autore: Massimo Recalcati
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Raffaello Cortina Editore
- Anno di pubblicazione: 2017
Nel libro di Massimo Recalcati Cosa resta del padre? (Raffaello Cortina Editore, 2017) ho trovato le risposte sulla funzione del padre che cercavo e che nell’epoca del super edonismo si percepisce ‘evaporato’, come lo definisce Lacan.
Rimasto orfano dalla legge del limite il figlio oggi erra solitario nelle praterie di un modernismo che più che liberarlo lo ha intrappolato nelle secche di un narcisismo mortifero. In una società che sembra non riconoscere anche fisicamente il maschio padre, ci si chiede se dobbiamo avere nostalgia del padre padrone o se guardare a una paternità che sappia compensare il limite con il dono, lasciando come eredità quella capacità vitale del desiderio che dà senso al nostro essere uomini.
Che il padre della tradizione patriarcale sia evaporato in un’epoca come la nostra è un dato di fatto. Il nostro tempo è un tempo intrinsecamente parricida.
Massimo Recalcati non è tra quelli che ne rimpiangono nostalgicamente l’assenza, ma prova a ripensare radicalmente la sua funzione. Non il padre che si pone come modello da imitare, ma come testimone del fatto che la vita può avere un senso, che può essere desiderata fino alla fine, che offre al figlio una versione singolare della forza del desiderio.
Dobbiamo allora rinunciare alla legge della castrazione oppure provare a ripensare alla funzione paterna proprio nell’epoca del suo massimo declino? Il nostro tempo si caratterizza per il tramonto definitivo della figura edipica del padre che rendeva possibile il sodalizio tra Legge e Desiderio a partire dal valore ideale che l’immagine del pater familias deteneva in famiglia e nella società.
Già Freud alle origini della dottrina psicanalitica (prima della critica antiedipica degli anni settanta), annunciava l’epoca della dissoluzione del Padre: da una parte il padre norma che equivale alla legge, dall’altra il padre assente, vulnerabile come del resto descrive il suo di padre.
Lacan introduce la figura del declino irreversibile del padre e della sua funzione ideale-normativa in due momenti: nel 1938 culmine dei grandi totalitarismi che vede affermare i padri folli delle dittature che sembrano compensare ‘il tramonto dell’imago paterna’ in corso nella società occidentale.
La seconda data è il 1969, a ridosso di quel ’68 che corrisponde con la contestazione giovanile, critica radicale alla società patriarcale, la lotta dei figli contro l’autoritarismo borghese del padre-padrone, la lotta dei figli contro i padri. Tramonto ed evaporazione, distinguendo però il Sessantotto come momento fecondo di cui si considera uno degli ispiratori, contro il culto del totalitario padre-duce che ha prodotto devastazione e crimine.
L’appello delle masse al padre folle e dispotico è un modo patologico per compensare la crisi sociale dell’Imago paterna, quasi una nostalgia per una legge forte, inumana per rimpiazzare l’impotenza paterna.
Lacan in Francia e Pasolini in Italia fanno convergere paradossalmente il moto della contestazione sessantottina con l’affermazione del discorso del capitalista che trasforma i sudditi in consumatori spezzando l’alleanza tra legge e desiderio che è compito della funzione paterna custodire e incarnare.
Desiderio e legge sono parole chiave della psicanalisi che definiscono la funzione simbolica paterna il cui nesso nel tempo dei totalitarismi si dissolve col trionfo di una legge folle che uccide il desiderio mentre nel tempo ipermoderno dà luogo a una pseudoliberazione del desiderio dalla legge che scivola verso l’inconcludenza dissipativa del godimento.
È necessario quindi restaurare l’ordine del pater familias, legge di carattere teologico-religiosa che prolungherebbe quella del Dio padre? È questo che viene rimproverato alla psicanalisi: sedare, normalizzandolo, il carattere rivoltoso del desiderio. La legge, come direbbe Lacan, non è in opposizione al desiderio, ma è la sua condizione di possibilità non immediata che sottrae ai rischi della dissipazione e dello smarrimento.
La famiglia contemporanea con tutti i fenomeni ipermoderni dai legami multipli: famiglie monogenitoriali, adozioni nelle coppie omosessuali, uteri in affitto e altro ancora hanno smembrato il modello della cellula familiare occidentale. Questo dimostra che il puro istinto di paternità o di maternità non esiste. Il corpo è fabbricato dalle leggi simboliche della cultura. Questo significa che:
“Il legame familiare non deriva dal sangue, ma da un atto simbolico che assume tutte le conseguenze di un evento biologico come quello di una nascita”.
C’è famiglia dove c’è presenza di assunzione simbolica che infonde a un evento come la nascita di una vita il carattere di un evento umano attraverso l’atto simbolico della nominazione che sancisce la filiazione.
Sono necessari un’alleanza simbolica, una casa, un sentimento di identità, un luogo comune, perché vi sia iscrizione simbolica della vita nel desiderio dell’Altro.
“La vita che non è stata adottata dal desiderio del padre è una vita che tenderà alla rovina che potrà essere salvata solo incontrando un altro legame, non di sangue, un legame che renda possibile una nuova iscrizione simbolica nel desiderio dell’Altro”.
Nella seconda parte del libro alcune figure tratte dalla letteratura (Philip Roth e Cormac McCarthy) e dal cinema (Clint Eastwood), delineano esempi di paternità indebolita, esemplificando chiaramente i concetti trattati dall’autore nella prima parte del libro.
Cosa resta del padre? La paternità nell'epoca ipermoderna
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Cosa resta del padre
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