Bruciante segreto di Stefan Zweig

Edgar ha dodici anni, un’età difficile, di transizione, durante la quale è normale sentirsi sia bambini che adulti, ancora bambini o già adulti a seconda delle occasioni, delle opportunità. Lo scenario è quello dell’Austria dei primi del Novecento, all’interno del quale il protagonista si muove, debole e cagionevole di salute, insieme alla madre, donna avvenente e consapevole del poco tempo che le rimane prima dell’inevitabile declino. I due sono in vacanza nella località di lusso del Semmering, proprio per permettere al ragazzo di ritemprarsi nel corpo e nello spirito. Quello che non sanno è che proprio lì, in agguato, c’è un giovane uomo, un barone appena arrivato da Vienna, che metterà gli occhi sulla donna, cercando di sedurla servendosi di ogni mezzo a sua disposizione, perfino il povero Edgar stesso.

Stefan Zweig, con “Bruciante segreto” (Adelphi, 2007), riesce a renderci partecipi della perdita dell’innocenza del suo protagonista, del faticoso e pauroso rito di passaggio dalla fanciullezza all’età adulta di Edgar, e lo fa consegnandoci quel segreto cui rimanda il titolo e rendendoci spettatori di una scelta importante, dolorosa ma essenziale, e di un gesto che spalanca le porte della coscienza di ognuno di noi. Un racconto denso, veloce, perfetto, che scatena rabbia e amore, due dei sentimenti più forti e indomabili che possano esistere.

“Allora la donna è posta di fronte alla rischiosa scelta se vivere il proprio destino o quello dei figli, se essere femmina oppure madre. E il barone, acuto in simili questioni, credette di notare in lei appunto questo pericoloso oscillare fra ardente voglia di vivere e spirito di sacrificio.”