Autobiografia della gaffe
- Autore: Mario Fortunato
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Neri Pozza
- Anno di pubblicazione: 2022
Mario Fortunato si considera uno che fa delle gaffe. La gaffe è tipica della giovinezza: ci sono molti meno freni culturali, la parola va spedita e si rivolge contro chi l’ha detta. Addirittura Fortunato si ricorda di una gaffe fatta a ventotto anni, come un provetto gaffeur. Sala piena, oggetto del dibattito: "La letteratura e i giovani". Faceva caldo e critici letterari prima di lui avevano già dato il loro contributo, ma era forte anche lo sconcerto del pubblico sulla durata degli interventi. Fortunato parlò di guerra e di devastazioni, e della possibilità di restare senza un braccio, concludendo:
"Il mio braccio è un milione di volte più importante per me di qualsiasi disastro planetario".
Giulio Einaudi in sala col Prefetto, che era privo di un braccio. Lo scrittore cercò di migliorare parlando del braccio amputato nei giovani che non trovano editori per le loro opere. Se vuole Dio, il dibattito cessò e Einaudi andò verso Mario Fortunato per dirgli che era così bravo che si aspettava da lui un libro sulla gaffe. Che è arrivato, ma trenta anni dopo, quindi il Prefetto offeso, rimase tale per tutta la serata. Umiliato.
In realtà la qualifica di gaffeur proveniva proprio dall’età dello scrittore, chiamato a parlare per i suoi ottimi successi accademici. Da adolescente di gaffe, più o meno, tutti hanno una storia (chi scrive aveva confidenza con una cliente di mia madre, che confezionava abiti sartoriali, dicendo che era diventata magra come voleva lei da quando aveva iniziato con la chemioterapia, ma avevo undici anni e non c’era Google).
Mi viene in aiuto proprio lo scrittore che scrive:
"Un bambino non sperimenta il mondo attraverso la profondità che non gli appartiene, bensì attraverso le superfici. Infatti un bambino è prima di tutto un esteta, ed è inutile ripetere che l’estetica viene prima dell’etica. Ecco spiegato il motivo per cui non commette gaffe:non ne può fare neanche se lo volesse. La gaffe nasce adulta - diciamo ventenne - e tale rimane per tutta la vita".
A un certo punto lo scrittore parla di fragilità adolescenziali, lui si sentiva diverso dagli altri, per quelli che volevano un mondo rassicurante. Alla fine antisemitismi, omofobie, razzismi e misoginie non sono che sinonimi di fragilità. A ciò lo scrittore rispose con la lentezza: andava bene a scuola, ma era sempre lento nel dare i compiti in classe. Preferiva che gli dicessero che era una tartaruga e non altro. All’Università scelse di studiare Filosofia, quindi Heidegger, Kant, Benedetto Croce e Walter Benjamin; meno Karl Marx: ben presto si accorse delle sviste enormi dai danni incalcolabili dell’ebreo tedesco, divenuto nel frattempo un "guru" per i giovani che volevano la Rivoluzione, ma che non sapevano quasi nulla del regime sovietico di Stalin, dei gulag, di come si viveva nei paesi sotto il giogo della Russia, dove non si moriva di fame e andare a scuola era obbligatorio, ma non potevi decidere cosa pensare, perché eri intercettato, né potevi credere che ci fosse la mano calda di Gesù a sostenerti nel trapasso dalla vita alla morte, né potevi amare uno del tuo stesso sesso, pena il confine o l’uccisione, nei rari casi in cui un/a giornalista russo/a scriveva dell’orgoglio "gay e lesbico".
Da studente viveva a Roma con un altro ragazzo, che era il suo ragazzo, con cui divideva il letto, anche se litigavano per un nonnulla.
Ma il ragazzo andò via per una litigata dove forse aveva detto anche un nome, o una nuova città. Fortunato da gaffeur non gli diede peso. Poi si fece spiegare i motivi dall’ex ragazzo stesso, venti anni dopo. In ogni caso lo scrittore inizia a studiare Freud con profitto e poi va in psicanalisi per vent’anni. Il suo libro feticcio di Freud diventa Psicopatologia della vita quotidiana.
Poi lo scrittore mette insieme uomini gobbi con la malasorte. Per Walter Benjamin, il grande intellettuale, non era la gaffe la sua ossessione, ma un omino gobbo (una paura, una presenza fantasmatica, non reale) che lo porta alla disperazione, tanto che fa testamento, a riprova di una stanchezza del vivere, di una cupa disperazione. Ma in realtà, il togliersi la vita per Benjamin sembra un burla. Si trova in uno splendido paesino italiano dove sta ultimando Infanzia berlinese. Sembra che la sfortuna si sia liberata della esse iniziale, ma la fortuna durò poco: ritornò "l’omino con la gobba" e Walter Benjamin volle andare oltre confine, in Spagna, con una quantità esagerata di morfina. E manco a dire che Fortunato sia un credulone, o si sia mai sentito in colpa per la sua scelta di vita sentimentale, né per le origini del suo amato Sud che è il titolo di un suo romanzo edito da Bompiani, nel 2020, lui nato a Cirò, in Calabria, nel 1958. Quindi non pare vero che allo scoccare dei trenta anni lo scrittore riceva da persone diverse tre copie del racconto Il trentesimo anno di Ingeborg Bachmann. Lo scrittore conosceva solo le poesie di Bachmann e aveva un’altra raccolta di racconti, Tre sentieri per il lago, che però era rimasta intonsa sullo scaffale. Oltre a rimanere male per avere amici così prevedibili che nemmeno avevano parlato tra loro sul regalo da fare, l’inizio di Trentesimo anno recita:
"Di uno che entra nel suo trentesimo anno non si smetterà di dire che è giovane".
Questa frase scosse molto Fortunato, peraltro il racconto è uno tra i più belli scritti nel Novecento. Anche se all’inizio è spaventato, lo scrittore, leggendo poi altri racconti della Bachmann, capisce che la filosofia studiata e la psicoanalisi studiata e utilizzata come paziente non hanno la carica vitale della Letteratura, che è adatta a lui e alle sue gaffe, perché raccontare, scrivere è già una gaffe, una Finzione.
Poi ci sono tre meravigliose dissertazioni, partendo dalle gaffe: una su Evelyn Maugham, una su Edward Morgan Forster e, più di tutti, Marcel Proust. Un vero e proprio piccolo saggio sui tre scrittori, per brevità, e poco importa se anche loro fecero delle gaffe.
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