Atlante delle città incognite
- Autore: Mario Fortunato
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Bompiani
- Anno di pubblicazione: 2022
Mario Fortunato è veramente "fortunato" (scusate il banale gioco di parole): ha girato per il mondo, conoscendo posti e città che altri non vedrebbero neanche in tre vite, ha diretto l’Istituto italiano di Cultura a Londra per molti anni, ha scritto moltissimo, da romanzi, memoir, racconti e saggi, ha tradotto gli scrittori e le scrittrici che gli sono più congeniali, massimamente Virginia Woolf.
La scrittura di Mario Fortunato è ormai strutturata su uno stile evocativo ed elegiaco che riconosci dopo poche righe, ha evitato di sembrare l’Alberto Arbasino del Sud (nato a Cirò, in Calabria, nel 1958). Solo nel 2022, prima di questo libro, ha scritto Autobiografia della gaffe per Neri Pozza. Si tratta quindi di uno scrittore apprezzato, stimato e tradotto in altre lingue.
Atlante delle città incognite (Bompiani, 2022) è un libro eccezionale, per l’accuratezza delle città di cui si parla, arricchito dalle immagini di Claudia Peill. Questi "quadri", per intenderci, prendono l’intera pagina, tanto che lo scritto sembra accompagnare le opere artistiche, come se fosse un catalogo di una mostra d’arte, mentre è inframmezzato da ventuno apologhi sulle ventuno città da cui prende spunto l’autore. Si tratta di tutte città famosissime con solo tre eccezioni: ci sono le città dove lo scrittore ha già ambientato altri romanzi, come New York, Londra, Roma, Milano e quelle che ti aspetti, per la loro dimensione turistica, come Tangeri, Hong Kong, Barcellona fino a Odessa. Sì, perché nel libro rientra persino una parabola laica sulla guerra tra Russia e Ucraina, che l’autore avrà inserito all’ultimo minuto.
Chi ama la narrativa di Fortunato sa che non viene trascurata nessuna identità di genere e il tutto è riunito in una fluidità sorprendente. Ad esempio ci sono mogli che sanno che i mariti si prendono delle sbandate per altri uomini e che non tutto è perfetto.
L’autore sconta la sua autenticità trasportandoci nell’inferno del desiderio sessuale verso ragazzi e ragazze bellissime, mentre le coppie arrancano dopo trent’anni di matrimonio etero e/o gay come a Los Angeles, non capendo come liberarsi dalle catene della giovinezza.
Gli anni logorano, ma se accetti le novità di questa fluidità sentimentale e sessuale avrai delle sorprese, come l’attrazione e al contempo la repulsione che un giovane bellissimo prova per una donna che ha quasi l’età di sua madre.
Oppure uomini maturi, raccontati da Fortunato in questi termini:
L’uomo che detestava il proprio nome sentì risorgere remoto l’amore per la sua città. Era un amore ormai incomprensibile, quasi soltanto un’ombra, un fantasma, simile al sentimento che prende quando si incontra per caso una persona che si è tanto amato in un tempo lontano e sul cui volto si cerca a fatica l’ultima traccia di quell’incanto.
È talmente bello questo passo che è stato scelto come quarta di copertina, in un libro che è un mappamondo.
La coppia a Tangeri scopre delle cose che non vanno bene tra loro, ma Mario Fortunato ci avviluppa in un desiderio goloso della pasticceria dolcissima marocchina, quasi a dire che se non distruggiamo questo pianeta capiterà che i dolci marocchini li possiamo ordinare a domicilio, senza aspettare di prendere l’aereo.
La modernità di questo autore risiede nell’attesa e nella repentina decisione, conscio che qualcuno di noi si deve sacrificare e farsi bastare le città che ha già visto, perché sette miliardi di persone non possono nemmeno se scaglionate vedere altre città e una parte di questo numero minaccioso già gira nel mondo a caccia di un’opportunità o di un lavoro (chi scrive purtroppo non crede proprio più che la “Bellezza salverà il mondo”).
Quindi i personaggi narrati sono già dei privilegiati, non solo perché li ritroviamo in una città e poi in un’altra, ma perché sono perlopiù borghesi che non hanno problemi di danaro e una piccola parte di farabutti ricchissimi, che inquinano il mondo, con i loro crimini e con l’essere delle spie che conoscono alcuni personaggi delle storie narrate.
Le storie più vicine a noi, che accadono a Roma, a Milano, a Torino, hanno sempre come tratto comune l’elegia, ma anche un realismo di base, perché, nonostante tutto, i personaggi presi in esame sono assolutamente nel loro tempo e ciascuno ha le proprie ragioni. Alcuni nomi vengono menzionati più di una volta, perché li ritroviamo sballottati anche temporalmente da un periodo all’altro. Alcune decisioni, poi, vengono prese per aver visto cose normali che però diventano significative ed esemplari, come la decisione di una donna di rimanere accanto al suo uomo, ma senza sposarlo, perché lo ha visto piangere in pubblico.
Oppure in una Venezia da cartolina, Fortunato scrive:
Avrebbero quindi consumato l’aperitivo ai tavoli del caffè Florian, dove lui si sarebbe lasciato andare a qualche reminiscenza letteraria (Auden, Brodskij, magari perfino Marcel Proust) e lei avrebbe investito una somma ingente in cocktail Bellini... erano giovani e attraenti, possedevano due lire da dilapidare, nessun peso da spartire. Se quella non si chiamava felicità, poteva considerarsi un sinonimo piuttosto convincente.
Questo passo è proprio la dimostrazione che l’autore si rivolge a lettori accorti, colti, che hanno fatto ottime letture, disposti a spendere per più di un Bellini (un noto cocktail, Ndr) in uno dei caffè più cari d’Italia.
Anche se l’autore parla di due giovani attraenti lo fa come vorrebbero leggerne coppie di genitori borghesi. Quindi, forse, due ex adolescenti, che stanno finendo il liceo, non si sentirebbero molto a loro agio a leggere questo bellissimo libro; ma non si può scrivere per tutti e in ogni caso il tempo passa per ognuno di noi.
Quindi un libro adatto a lettori e lettrici forti, che magari per lavoro o per diletto hanno visitato le città descritte in modo mirabile da uno scrittore che ha ancora tanto da raccontare.
Atlante delle città incognite
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