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Recensioni di libri

L’uomo che non voleva morire di Silvio Ciappi

Gabrielli Editori, 2017 - Un’originale rilettura degli ultimi capitoli del Vangelo di Marco compiuta tra considerazioni storiche e teologiche, con incursioni nelle varie esperienze che l’autore ha fatto in qualità di criminologo confrontandosi con i luoghi della violenza e della sofferenza quotidiane.

Alida Airaghi
Alida Airaghi Pubblicato il 28-03-2017

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L'uomo che non voleva morire

L’uomo che non voleva morire

  • Autore: Silvio Ciappi
  • Genere: Religioni
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Anno di pubblicazione: 2017

Se non bastasse il sottotitolo, Storia di un pescatore di anime, già l’allusiva foto di copertina (due reti strappate che pendono da un legno a forma di croce, con le acque immobili di un lago sullo sfondo) sembra voler predisporre il lettore al contenuto e al messaggio di questo intenso racconto-saggio di Silvio Ciappi (Siena, 1965), noto psicoterapeuta e criminologo.

Il Gesù che fuoriesce prepotentemente da queste pagine ha poco di divino, e l’autore sottolinea più volte la propria indifferenza alle interpretazioni ecclesiali, cui contrappone una partecipe ammirazione verso la figura umana del giovane che dalla Galilea percorre a piedi tutta la Palestina, alla ricerca di se stesso e dell’altro. Un “altro” vivo di reale corporeità, fatto di carne e dolori, di fame e desideri, a cui portare la parola che salva. Il trentenne Yešû si circonda di uomini, donne e bambini che hanno la stessa faccia degli uomini, donne e bambini di oggi: sono gli ultimi della terra, i reietti, gli abbandonati, gli esclusi, macchiati di colpe e delitti, oppure sofferenti per tare fisiche. Ma sono anche i ricchi, i farisaici detentori del potere politico e religioso, ugualmente condannati a una cecità che li rende infelici, privi di significati da dare alla propria esistenza.

In tutte le persone che seguono Gesù, lo psichiatra-criminologo Silvio Ciappi scorge lo stesso male di vivere dei pazienti o dei carcerati di cui si occupa professionalmente, in Italia o all’estero, nelle sue consulenze per vari organismi internazionali: il male dell’adolescente suicida, dei genitori che uccidono i figli, delle donne stuprate dalle forze paramilitari in Colombia o dell’infanzia costretta a prostituirsi nelle strade del Brasile.
Per recuperare la vicenda terrena di un uomo di duemila anni fa, Ciappi utilizza le pagine del più antico dei quattro Vangeli, l’unico scritto da chi è stato testimone oculare degli eventi narrati: il misterioso ragazzo presente alla cattura di Gesù nell’orto degli ulivi era forse lo stesso seduto accanto al sepolcro vuoto. Era Marco.
Un Vangelo particolare, il suo, scarno di parole, privo di commenti, che non racconta la nascita virginale del bambinello, né re magi o presentazioni al Tempio; ci propone subito un Cristo adulto, indocile, dal linguaggio paradossale, che si fa battezzare da Giovanni e cerca i propri discepoli tra i pescatori. Un testo sacro che finisce al capitolo sedicesimo, con tre donne che non trovando più il cadavere del loro Messia nella tomba hanno paura. “Paura” è la parola conclusiva del paragrafo 16, 1-8, e ancora lo sarebbe di tutto il Vangelo marciano, se non fosse stato aggiunto a posteriori il racconto della resurrezione, per motivi di opportunità e di coerenza con gli altri testi evangelici.

Silvio Ciappi rivisita le Scritture a partire dal Midrash ebraico, cita passi dell’antico Testamento, rilegge con grande sensibilità alcune parabole, commenta il Padre Nostro. A questo interesse teologico ed esegetico, spesso fuori dai ranghi dell’ortodossia cattolica, unisce interessi culturali più vasti, nominando filosofi e poeti che hanno nutrito la sua formazione intellettuale: dai classici greci e latini a Eliot, da Rilke a Freud, da Kierkegaard a Nietzsche, da Buber a Ungaretti e Pasolini. Ma soprattutto alterna l’interpretazione del Vangelo di Marco con descrizioni di incontri avuti nella sua esperienza professionale, oppure con riflessioni sul senso del nostro vivere quotidiano inserito negli spazi e nei tempi dilatati della storia e dell’eternità. Ci invita a riflettere sull’importanza della parola e del silenzio, delle assenze e dei distacchi, dell’odio e del perdono, della malattia e della libertà, della meditazione e della solitudine, della persecuzione e della morte.
A proposito della quale, “L’uomo che non voleva morire”, il giovane Yešû tradito processato e crocefisso, ma “che voleva lottare” per tutti, ha lasciato un insegnamento semplice e fondamentale, che Silvio Ciappi fa suo e ci trasmette:

“Non siamo soli al mondo, non siamo l’inizio e la fine di tutto… siamo una goccia d’acqua in un mare più vasto… Non c’è nulla al mondo di più sacro che l’umano”.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’uomo che non voleva morire

  • News su Silvio Ciappi
Intervista a Silvio Ciappi, scrittore, criminologo e psicoterapeuta

Intervista a Silvio Ciappi, scrittore, criminologo e psicoterapeuta

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Commenti: 2

  • Marianna
    28 marzo 2017, 11:38

    Libro a dir poco stupendo. Letto una volta e lo stò rileggendo per la seconda volta. Veramente meraviglioso. Grazie prof

  • Marianna
    28 marzo 2017, 11:39

    P.s. Lo consiglio a tutti

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