La reliquia di Costantinopoli
- Autore: Paolo Malaguti
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Neri Pozza
- Anno di pubblicazione: 2015
1453, Bisanzio è sotto assedio. La capitale dell’impero romano d’Oriente e seconda città della cristianità è circondata dal sultano giovane, Maometto II. E cadrà, con grande strage, violenze, distruzioni e razzie. Ma qualcuno ha sottratto al saccheggio cinque reliquie, le testimonianze materiali più preziose sulla vita e la morte del Signore, 1420 anni prima. Trovarle, salvarle, custodirle dall’avidità degli uomini, cristiani compresi, è stata la missione e ragione di vita di due giramondo tutt’altro che avventurieri. Il racconto di uno di loro è la trama di un romanzo italiano, un libro che fa parte dei dodici titoli finalisti del Premio Strega 2016, una storia “di storia”, a firma di Paolo Malaguti da Monselice, Padova (insegna lettere nel Vicentino): “La reliquia di Costantinopoli” pubblicato a novembre 2015 dall’editore Neri Pozza (pp. 590, euro 18,00).
È un bel libro di avventure storiche, a metà del secondo millennio, tra Venezia e Bisanzio, ma oltre a situazioni di cappa e spada, riserva osservazioni insolitamente profonde.
La vita dell’uomo è divisa in due parti, pensa il vecchio Giovanni, di antica e nobile famiglia veneziana. Nella prima si guarda sempre avanti, come se la nebbia in cui è avvolto il futuro possa riservare qualcosa di buono. Nella seconda si volge lo sguardo solo all’indietro, a fissare con rammarico, o se va meglio, con malinconia, quanto si è lasciato alle spalle. Non ricorda il giorno in cui l’ago della bilancia ha invertito il segno, il momento in cui il crinale in salita della giovinezza è diventato quello in discesa della vecchiaia. È il 1565, si sente solo, ha lasciato alle spalle una lunga fila di tombe in cui ha sepolto amore, gioia, speranze. Adesso la morte sembra amica, dà conforto.
Sono riflessioni ispirate proprio da un cimitero, il camposanto del brolo di San Zaccaria. Nel 1512 Giovanni ha sepolto il vecchio precettore e vi è tornato, alla notizia dello spostamento dei resti, per recuperare nella bara un oggetto da lui stesso nascosto cinquantatré anni prima.
Quando era undicenne, il settantenne chierico Gregorio Eparco era entrato in casa sua come tutore privato ed aveva ancora il portamento eretto, lo sguardo fiero, gli occhi vivi. Tutto, anche la lunga cicatrice, dalla tempia alla mandibola, comunicava una forza antica, inestinta. Anni dopo, in punto di morte, aveva affidato un involucro all’ex allievo, imponendogli di non leggerlo:
“che venga sepolto con me. Morirà con me.”
Il vecchio Giovanni prova un senso di turbamento nell’infrangere l’estrema volontà del precettore. L’involto nasconde un libretto miseramente rilegato, che racchiude fogli di varia forma e spessore. È un diario, scritto in greco. Appunti presi in momenti diversi. Sono ricordi del maestro Eparco e rimandano al 1452, a Bisanzio. La città cosmopolita, abitata da gente di ogni etnia, provenienza e religione, è di nuovo sotto la minaccia dei Turchi. Finora ha sempre resistito, consapevole di custodire secoli di cristianità. Il greco Gregorio vi fa coppia con un altro giovane, Malachia: difficile dire se questi si senta più veneziano che giudeo. Le famiglie Eparco e Bassan sono legate da anni di conoscenza e di affari, da tre generazioni.
I due diventano insperabili, soci e amici. Uno foltamente barbuto e col fisico da rematore più che da mercante, sebbene serio, giudizioso, posato. L’ebreo-veneziano, invece, sboccato, incostante e attaccato al denaro.
Aprile 1453: l’esercito ottomano si avvicina alla città. Ordinato, silenzioso, sconfinato. Il semplice sfoggio muto e disciplinato della forza è il primo colpo del sultano diciannovenne: ha scatenato l’intero impero contro Costantinopoli. Sulle mura si diffondono gemiti di dolore e di paura, anche soldati robusti sbiancano a quella vista.
È assedio e durerà due mesi. In questo periodo, tra scene di guerra e di orrore, fughe e imboscate, patimenti e torture, Gregorio e Malachia si impegnano in una missione epica: salvare le principali reliquie di Cristo dal saccheggio, dalla caduta inevitabile di Bisanzio in mano ai Turchi. Sono cinque: la coppa dell’ultima cena, la lancia di Longino, la corona di spine, i chiodi e il legno superiore della Croce. I simboli più preziosi per i Cristiani, inestimabili, soprattutto per Gregorio, perché per Malachia, male che vada, si potrà svenderli se proprio saranno messi alle strette.
“La reliquia di Costantinopoli” di Paolo Malaguti è un libro di anziani che ritornano giovani e di giovani che si comportano con la saggezza degli anziani.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La reliquia di Costantinopoli
Lascia il tuo commento