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Recensioni di libri

Via provinciale di Giampiero Neri

Garzanti, 2017 - Raccontini, illuminazioni, brani narrativi, squarci diaristici che mantengono però della poesia il ritmo e una sorta di musicalità interna, determinata dall’essenzialità espressiva del contenuto, dalla sua sobria necessità.

Alida Airaghi
Alida Airaghi Pubblicato il 15-03-2017

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Via provinciale

Via provinciale

  • Autore: Giampiero Neri
  • Categoria: Poesia
  • Casa editrice: Garzanti
  • Anno di pubblicazione: 2017

Giampiero Neri (Erba, 1927) è arrivato a pubblicare il primo libro di poesia piuttosto tardi, nel 1976, dopo essersi dedicato a studi scientifici e filosofici, e al suo lavoro di bancario, esercitato per tutta la vita. I critici gli hanno generalmente riconosciuto una tenace professionalità nell’accostarsi alla parola scritta, fatta di impegno nell’osservazione della realtà e di fedeltà alla sua memoria personale: caratteristiche che si sono coerentemente espresse nella ricerca puntuale di uno stile colloquiale, quasi prosastico, e nella discrezione con cui ha interpretato il suo ruolo di intellettuale.
Oggi, novantenne, firma per Garzanti un volume di versi, “Via provinciale”: nome della strada che da Erba conduce verso Como, attraversando i luoghi d’infanzia, abbandonati dopo l’assassinio politico del padre nel 1943. Quest’ultima opera di Neri è contrassegnata, anche graficamente, dalla scelta formale di esibire prose poetiche occupanti orizzontalmente l’intera riga, senza spaziature bianche, con scarsi a capo indicanti le troncature. Raccontini, illuminazioni, brani narrativi, squarci diaristici che mantengono però della poesia il ritmo e una sorta di musicalità interna, determinata dall’essenzialità espressiva del contenuto, dalla sua sobria necessità.

Sull’esempio di Francis Ponge o di Dino Campana (ai cui “Canti Orfici” rende così omaggio: “uno dei grandi libri di poesia del Novecento italiano, testimonianza e riscatto della povera vita del suo autore”), Giampiero Neri nega qualsiasi aura lirica dell’espressione poetica, rivendicandone invece una scarna drammaticità di valore etico. I temi di questa raccolta rimangono quelli tipici della sua scrittura precedente: la storia collettiva, raccontata nella sua inescusabile violenza, soprattutto relativa agli anni della seconda guerra mondiale che più hanno segnato la vita del poeta: qui però la sofferenza sociale si parcellizza nei ricordi infantili e giovanili del poeta (i vicini che si mangiavano il gatto, gli insegnanti con la divisa fascista, i compagni di giochi inventati con niente, le prime rivendicazioni salariali).
La crudele indifferenza delle azioni umane trova un suo tragico riflesso anche nella durezza della natura, mai descritta idilliacamente, ma sempre con disincantato realismo, pur scevro da ogni volontà di condanna o di giudizio. Neri elenca animali domestici e selvatici che hanno marginalmente o profondamente segnato il suo immaginario: cani, vespe, caprioli, cavallette, bisce, aquile, leopardi, maiali.
Con la stessa leggera nonchalance cita i nomi di letterati classici e moderni che hanno nutrito la sua scrittura: da Ennio a Cicerone, da Collodi a Fenoglio, da Tolstoj a Grossman. O racconta episodi minimi della sua vita lavorativa in banca, di colloqui con conoscenti e conferenze cui ha assistito, di riflessioni sull’architettura e la toponomastica della sua città. E questi bozzetti tracciati con pennellate impressionistiche si concludono per lo più in sordina, con qualcuno o qualcosa che sparisce, si eclissa, rivelando amaramente la sua amara inconsistenza, non importanza, inadeguatezza.
Tale quasi anglosassone understatement di Giampiero Neri si esemplifica chiaramente in alcune sentenze dal sapore proverbiale, di antica sapienza orientale:

“Si dice di un maestro zen che, prossimo a morire, aveva invitato i discepoli nel suo giardino e rivolto a loro, sentendo gli uccelli cinguettare sui rami, aveva detto: “È tutto questo e nient’altro”.

Possiamo definire poesie i piccoli brani narrativi di “Via provinciale”? Secondo me, alcuni di essi potrebbero venire letti come fossero versi, decasillabi o settenari, sullo stile discorsivo di un Giudici e di un Raboni. Per esempio: “Ben altro teneva l’attualità, / la guerra stava volgendo al termine”. E ancora: “«Ci sarà il tempo» mi diceva il custode / «per capire anche gli altri»”.
Perché in fondo, cos’è la poesia?

“La poesia, come il soffio del vento, va dove vuole e la si può trovare dove capita, anche in una stretta di mano, come è stato detto”.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Via provinciale

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