

Tutti i racconti
- Autore: Katherine Mansfield
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2015
“Tutti i racconti” (Newton Compton, 2015, collana Classici, cura e traduzione di Maura Del Serra) di Katherine Mansfield raccoglie tutta la produzione narrativa della nota scrittrice neozelandese.
Mi aspettavo che le storie servissero scorci di un passato dove le signore indossavano elegantemente guanti lunghi e portavano vezzosamente gli ombrellini di pizzo mentre chiacchieravano lungo i boulevard parigini o danzavano nei saloni londinesi. È una trappola facile in cui cadere, data l’epoca storica e la classe sociale a cui apparteneva Katherine Mansfield. Ho però subito scoperto perché Virginia Woolf ritiene che la Mansfield abbia rivoluzionato il genere delle short stories e l’abbia di fatto invidiata un po’.
Irriverenti, non convenzionali, imprevedibili, ma profondamente vere, le sue storie descrivono la vita di persone comuni impegnate nella lotta quotidiana, esterna o interna, sempre complicata da equivoci, inganni o frodi. Katherine Mansfield scrive, per denunciare, per mostrare, irresistibilmente e con compassione, ma senza mai battere ciglio, la prostituzione, gli abusi sui minori, l’omosessualità, la lussuria, l’improvviso rimpianto che cambia la vita.
Le sue storie non seguono la classica struttura narrativa con un inizio, un climax e un finale. A volte, non raccontano neanche una storia nel senso tradizionale. Sono, piuttosto, specchi della vita di personaggi, per lo più giovani donne che, attraverso un incidente epifanico, hanno illuminato l’anima. C’è umorismo, sarcasmo, empatia e simpatia nel modo in cui Katherine Mansfield racconta le storie. Per esempio, A Dill Pickle (Aneto piccante) racconta la storia di un amore sfuggente: una donna ri-incontra una vecchia fiamma e rimpiangono il passato, immaginando come sarebbe potuto essere ma non è stato, ciascuno però è vincolato da un rimorso che porta entrambi a ferire l’altro per discolpare sé stesso.
Diverse storie dell’antologia sono scritte dal punto di vista degli uomini, come Je Ne Parle Pas Français (Non parlo affatto francese), o A Married Man’s Story (La storia di un uomo sposato), forse è proprio in questi due racconti che Katherine Mansfield dimostra al meglio la sua abilità di narratrice, con una straordinaria capacità di fare salti camaleontici tra i personaggi e le loro prospettive.
Un tema comune delle sue storie è la difficoltà per una donna di realizzare i propri desideri. In The Tiredness of Rosabel (La stanchezza di Rosabel), l’eroina sogna una vita al di fuori del suo lavoro in un negozio di cappelli, con un cliente molto ricco e bello. In The Swing of the Pendulum (Il moto del pendolo), la protagonista Viola non sogna solamente, ma va oltre e inizia a flirtare con un uomo sconosciuto che invita a entrare in casa subendo un approccio sessuale indesiderato. In Prelude (Preludio), l’insoddisfatta Beryl flirta con la vita... e avrà una sgradita sorpresa. In The Little Governess (La piccola governante), questo tema è portato al suo estremo e si conclude con la protagonista violentata, la sua psiche, la sua reputazione e il suo futuro saranno segnati per tutta la vita.
Katherine Mansfield, quindi, scrittrice estremamente audace e non convenzionale, non ha illusioni sul destino delle donne e non si fa illusioni sul suo. Nel racconto The Daughters of the Late Colonel (Le figlie del defunto colonello), ritenuto dalla critica il suo racconto migliore, alla morte del padre, uomo estremamente severo, la condizione di queste due donne, ormai zitelle per la società del tempo, è sospesa o messa da parte. Una vita non compiuta narrata in un lungo flusso di coscienza, stranamente moderno per una scrittrice d’inizio Novecento.
La maggior parte dei racconti di Katherine Mansfield, pubblicati dal 1910 al 1923, sono ambientati in Europa dove lei viaggiò a causa della tubercolosi, diagnosticatale a soli 23 anni, con la speranza che il clima mite l’aiutasse a combattere la malattia "
“allo scopo di raggiungere la salute, cioè, la capacità di vivere una vita piena, adulta, viva, respirante, in stretto contatto con ciò che”
amava di più: raccontare storie.

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Katherine Mansfield ha scritto dei meravigliosi racconti brevi, perché andava di fretta, come avesse saputo da sempre il suo destino. Neozelandese, vissuta in una casa borghese, per le villanie e la maleducazione venne messa alla porta dalla madre, che non tollerava la sua mancanza di decoro.
Londra divenne la sua città, e gravitava nel circolo Bloomsbury, dove "l’ape regina" era Virginia Woolf.
Divennero amiche e buone conoscenti. C’era qualcosa nella Woolf che la Mansfield non tollerava, lo snobismo e per lunghi periodi non si scrivevano; ma la studiosa e scrittrice Sara De Simone, in un libro di questi giorni dal titolo Nessuna è come lei, Katherine Mansfield e Virginia Woolf. Storia di una amicizia (Neri Pozza, 2025), tratteggia una amicizia profonda e gli screzi partivano sempre da Virginia Woolf. La Mansfield lo sapeva in qualche modo che sarebbe morta presto, a trentaquattro anni, per tubercolosi, e accorciava sempre più i suoi racconti. Uno meglio dell’altro. Nel primo racconto Immagini Miss Moss viveva in una stanza su cui pagava l’affitto, che un po’ di anni addietro faceva la ballerina, ma poi si era impigrita e con l’età aveva preso peso. La signora della camera le ricorda che ha solo un giorno di tempo e poi la caccerà via, perché ha altre richieste e quindi Miss Moss va in un teatro dove viene riconosciuta ma lei si inventa che non era un lavoro per lei stare di nuovo sul palco. Ora si vede come guardarobiera o tuttofare. Le ragazze le ricordano come era bella ancora dieci anni fa. Con la Mansfield si entra subito nel racconto. Chi legge sente il freddo, la grettezza di una stanza in affitto, il pane rubato la mattina per fare colazione. Sembra di essere lì, mentre Virginia Woolf non riuscì ad immedesimarsi in modo così viscerale. Nelle corrispondenze con l’amica Katherine dice di aver paura di essere troppo personaggio e poi i suoi romanzi non prevedono persone che non hanno da mangiare, un realismo così duro non le appartiene. La Mansfield tace sulla sua famiglia alto borghese, del viaggio a Londra dove ha trovato fortuna coi suoi racconti tanto richiesti; Leonard, il marito di Virginia le chiese se voleva pubblicare con la Hogarth Press, la sua casa editrice con l’aiuto della moglie. Chissà a quali vette poteva arrivare la Mansfield con quella empatia e la sua cultura, di cui non faceva sfoggio. Era ammantata di autenticità e accettò la morte senza pretese.