Stella di Gondwana
- Autore: Gianluigi Zuddas
- Genere: Fantasy
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2016
Lontano dalle Terre Basse, le Amazzoni sono considerate disumane e terribili. Si dice che le donne guerriere della costa settentrionale di Afra siano belve umane che mettono alla tortura donne, vecchi e bambini. Ma i lettori del ciclo delle Amazzoni dello scrittore livornese Gianluigi Zuddas sanno che non è affatto così. Sono certo molto più robuste della popolazione femminile mediorientale di diecimila anni fa, usano le armi con grande maestria, formano squadroni invincibili e sono unite da valori di sorellanza, autonomia e libertà. Tutto confermato in Stella di Gondwana, terzo in ordine di uscita dei quattro romanzi della saga, ripubblicati cinque anni fa dal Gruppo Editoriale Tabula Fati di Chieti.
Per comodità degli interessati, ripeteremo che il poker di titoli è stato aperto nel 1978 da Amazon, continuato con Le amazzoni del Sud nel 1983 - anno in cui è apparso il titolo di cui ci occupiamo - e concluso nel 1985 con Il volo dell’Angelo, dopo il racconto Le guerriere degli abissi.
Un’ultima precisazione: il genere letterario del ciclo è pacificamente classificato come fantasy, mentre alla prima uscita il romanzo iniziale era genericamente indicato “di fantascienza”. Non si andava troppo per il sottile e non erano ancora nati i sottogeneri della science-fiction internazionale, compreso il fantasy ora di culto.
A Babeeri è sempre stato raccontato che le Amazzoni bevono il sangue caldo dei bambini maschi e la loro Regina Shalla la Tigre colleziona occhi umani sottaceto in un bacile. La giovane schiava non ha motivo di dubitare che non sia vero, ma la prima amazzone con cui sta avendo a che fare non le sembra un mostro e le si rivolge in modo gentile.
Orfana, Babeeri è stata rapita dai predoni e venduta e rivenduta, dopo la morte del buon padrone, il sacerdote Ianos, al quale era stata affidata dal tutore per allontanarla dal paese, in mano a un re crudele. È finita ora nel castello turrito dell’oasi nel deserto, dove l’hanno relegata nei cortili posteriori più nascosti, per restare lontana dallo sguardo di Hatay Balbek, pur non rispondendo, bionda e snella com’è, al canone di bellezza carnosa apprezzato in quei luoghi. Balbek è il Kayman dell’Oasi di Al Kwantara, nell’arida terra di Bad Yazira. Un reggitore spietato, non quanto però l’amante Dama Luria, che lo tiene in pugno da vera padrona e cancella qualsiasi concorrenza di donne di una sia pur minima attrattiva.
In attesa d’essere trasferita altrove, la ragazza è costretta a ogni incombenza utile. Deve guardarsi dalla lascivia dei servi che frequentano quei cortili e intanto provvede a dare da mangiare e svuotare il bugliolo, gli unici agi concessi all’Amazzone prigioniera di Dama Luria, incatenata nelle stalle là dietro. È Goccia di Fiamma, protagonista dell’intero ciclo con Ombra di Lancia, guerriere della Cavalleria della Dea, le truppe migliori dell’esercito delle Terre Basse. È stata catturata nel deserto, dove si era avventurata da sola, alla ricerca di una persona che le sta tanto a cuore.
In questo romanzo della saga - che come gli altri regge anche da solo e può essere letto indipendentemente - sorprendono la consistenza di una trama più articolata del solito e un erotismo meno superficiale, in particolare rispetto al primo, nel quale le relazioni saffiche erano sublimate, più che mostrate.
Goccia spiega a Babeeri che lei e le compagne non odiano tutti gli uomini e che molti sono amici, Mitanni, un popolo che non tollera la schiavitù, tanto apprezzata invece a Sumer. Nel regno di Shalla e in quelli alleati di Mitanni e Olman Vuh la libertà e la dignità umana vengono rispettate e anche le donne non guerriere non sono soggette alla mercé delle voglie del primo che incontrano. Quanto alla ragazza lì nell’oasi, sarebbe meglio per lei avere le gambe storte e il naso a becco, perchè in Ahrab e a Sumer le donne sono trattate come oggetti di piacere o bestie da soma e non altro.
Il colorito chiaro e i capelli d’oro della giovane schiava fanno supporre che sia originaria di Helgoland, le Terre Fredde a settentrione. Ma la ragazza dice di essere nata nel Sud e di avere quasi 19 anni. Racconta che nella sua terra, Gondwana, dove gli uomini imbracciano armi che gettano il fuoco e la società è molto evoluta, sarebbe rispettata come una Khoinè, “colei che fa accendere la Stella d’Oro” sull’altare in cima al palazzo a Sovrana, la capitale. La madre era una Khoinè e la nonna ancora prima. Hanno una stella impressa sulla palma della mano sinistra: il catalizzatore che si illumina nel corso della cerimonia annuale, tanto cara al suo popolo.
Goccia di Fiamma apprende da Babeeri di una temibile piratessa, Laune la Cagna. Ianos le aveva dato ospitalità, dopo che il vascello al comando della donna era stato circondato dalla flotta di un tiranno nemico. E Laune aveva difeso la ragazza dai violenti che avevano fatto irruzione nel tempio e ucciso il sacerdote. Ma era stata sopraffatta e incarcerata. La ragazza resa schiava.
L’Amazzone è molto incuriosita dalla figura della piratessa: corre voce che abbia fatto più vittime di una pestilenza, ma nessuno sa dire chi sia e da dove venga. Babeeri la ricorda alta, bruna di capelli, occhi ardenti come la brace. Con la spada in mano si batteva da fare paura. Era taciturna e impenetrabile, ma molto gentile e generosa con lei.
Buono a sapersi per Goccia. Peccato che il Kayman abbia ordinato un’esecuzione di gruppo e che lei sia l’ultima della fila di condannati che finiranno sotto lo spadone del carnefice Sadducin il Nero...
Stella di Gondwana
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