L’inviato del dio
- Autore: Gianluigi Zuddas
- Genere: Fantasy
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2006
La saga delle Amazzoni di Gianluigi Zuddas: quattro romanzi e qualche racconto con le stesse protagoniste, come L’inviato del dio, pubblicato nel 2006 dal Gruppo Editoriale Tabula Fati di Chieti, un libricino di 48 pagine con la copertina in perfetto stile fantasy. Un’illustrazione coloratissima di Luca Casalanguida presenta un’amazzone dall’aspetto agguerrito ma con tutti gli attributi femminili in regola. La lunga spada è un’arma che sa usare certamente meglio di qualsiasi uomo, nelle storie dello scrittore livornese. Senza, si sentirebbe nuda, sebbene l’abbigliamento succinto sia ridotto all’essenziale. Tanta pelle scoperta per le eroine della heroic fantasy di Zuddas, del resto sono particolarmente calde sia le Terre Basse, dove abitano le Amazzoni, che i territori vicini in cui agiscono spesso, lande desertiche e rilievi pietrosi dirupati.
Sono quelli in cui Ilsabet, bruna guerriera scelta della Cavalleria della Dea, sta svolgendo una missione per conto della comandante Mirina e prima ancora della regina Theba, che le affida sempre più spesso compiti di spionaggio nelle regioni governate dagli uomini. Per sei mesi si è annoiata a Ebbla, alla corte di Kal Baldur, re dei Mitanni, un popolo amico e alleato delle amazzoni, come gli Olmanni. Con i giovani soldati di Olman Vuh le ragazze in età fertile realizzano le cerimonie annuali dell’accoppiamento. I figli nati maschi vengono dati in adozione a brave famiglie mitanne. Solo la prole femminile è trattenuta, per un’antica norma e solo le più forti diventano guerriere. Le altre provvedono alla comunità come contadine e artigiane.
I lettori hanno conosciuto la politica demografica al femminile nei quattro titoli della serie avviata quarantanni fa da Zuddas: Amazon nel 1978, Le amazzoni del Sud e Stella di Gondwana nel 1983, Il volo dell’Angelo nel 1985. Tutti riproposti negli anni scorsi da Tabula Fati.
Al momento d’incontrarla in avvio del racconto, Ilsabet è provata dalla lunga fuga sopra un carro falcato, trainato da quattro morelli. Sta cercando di sottrarre il sacerdote del dio Ashmun alle grinfie del Triarca di Sumer, che ha mandato al loro inseguimento una ventina di carri leggeri. Sono trainati da una pariglia di cavalli, guidati da un auriga e armati da un lanciere ciascuno: Teste Nere, come si vede dall’elmo scuro che indossano.
Sul terreno piano i due fuggitivi guadagnano spazio. Le ruote del carro spaccano le pietre del deserto, che rompono invece quelle più piccole dei Sumer e li obbligano a un’andatura accorta. Ma sull’altopiano dirupato i carri agili sono favoriti e guadagnano terreno. Ilsabet si dirige verso il fiume Aladag, che segna il confine con Mitanni. Una volta guadato, potrebbe considerarsi al sicuro, tanto più incontrando una pattuglia mitanna in perlustrazione.
È stanca di stringere le redini e chiede il cambio al sacerdote, ma si scontra con un secco diniego: la casta non pratica la conduzione di carri o animali, né il mestiere delle armi. A quello provveda la rude amazzone, atta a occupazioni terrene. A lui spetta ungere col sacro olio “l’altare” tramite il quale il possente Ashmun riceve le suppliche dei fedeli. Ascolterà le invocazioni del suo devoto servo e giungerà dall’alto a salvarli sopra l’uccello che lancia fuoco.
Si tratta di una scatola metallica, da cui sporgono due antenne da insetto e che Semektere porta appesa al collo, retta da cinghie che sembrano di pelle. L’uomo parla in quell’aggeggio, pronuncia scongiuri e formule rituali, girando ogni tanto una sporgenza, simile al castone di un anello. A quel punto, una finestrella di vetro, larga un pollice, si accende di luce propria. Poi si spegne e il sacerdote ripete l’operazione finché si riaccende.
Tutto questo salmodiare e smanettare irrita l’amazzone, che deve guardarsi dagli inseguitori e cercare allo stesso tempo di non sfiancare i cavalli. Comunque, anche le pariglie delle Teste Nere avranno bisogno di riposo.
In una sosta, Semektere incentiva le preghiere, chiedendo al dio di manifestarsi e per lo sbalordimento di Ilsabet dalla scatola proviene un gracidio intermittente, un suono metallico di grattugia, misto a sibili e fruscii.
Maneggiando la scatola mentre il sacerdote dorme, la ragazza si accorge che sul retro c’è uno sportello smontabile e si trova davanti fascetti di fili colorati e tanti piccoli aggeggi di metallo ben fatti. Gratta via la ruggine su qualche cavetto, ripulisce un po’ tutto dall’olio in eccesso e nota un filo spezzato, che si adatta a ricollegare, tanto per passare il tempo.
Quello che accade a questo punto è sorprendente...
Uccelli volanti che sputano fuoco, cavi, fili, antenne. Ma sì, Zuddas è scrittore di fantasy e le amazzoni della sua fantasia vivono nel medio oriente mediterraneo ben dodicimila anni fa, però è stato pur sempre un pioniere della fantascienza italiana, non è vero?
L'inviato del dio
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