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Recensioni di libri

Stalin + Bianca di Iacopo Barison

Tunué, 2014 - La favola moderna di due ragazzi appena diciottenni, Stalin, così detto per la forma dei suoi baffi, e Bianca, la ragazza non vedente che accetta di seguirlo in questa fuga senza ritorno da un mondo fatto di infelici rapporti familiari, alla ricerca di qualcosa di meglio, che meglio non è.

Elisabetta Bolondi
Elisabetta Bolondi Pubblicato il 29-10-2014

8

Stalin + Bianca

Stalin + Bianca

  • Autore: Iacopo Barison
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Tunué
  • Anno di pubblicazione: 2014

In un tempo vicino, in un luogo non meglio definito (città, campagna, metropolitane, stazioni, palazzi abbandonati, discoteche, centri commerciali, stadi, supermercati, discariche, autostrade) ci viene raccontata la favola moderna di due ragazzi appena diciottenni, Stalin, così detto per la forma dei suoi baffi, e Bianca, la ragazza non vedente che accetta di seguirlo in questa fuga senza ritorno da un mondo fatto di infelici rapporti familiari, alla ricerca di qualcosa di meglio, che meglio non è.

Stalin sta per compiere diciotto anni, è un giovane “problematico”, “disturbato”, dagli improvvisi e fulminei scatti di ira violenta che lo portano a compiere gesti inconsulti, irrazionali, nei quali poi lui stesso stenta a riconoscersi. La madre lavora da precaria in un call center notturno, non c’è un padre, ma un compagno della madre che Stalin odia. L’unico sentimento positivo che il ragazzo nutre è quello per Bianca, poetessa cieca, dolce e sensibile, attratta dalla lucida e folle creatività di Stalin, che con la sua videocamera vorrebbe raccontare il mondo malato da cui si sente circondato.

Dopo un ennesimo scontro con il patrigno, che aggredisce ferendolo con una bottiglia, forse uccidendolo, Stalin decide di fuggire da casa e con pochi soldi e l’immancabile videocamera prende con sé Bianca; abbandonato lo scooter in aperta campagna, i due salgono sul primo treno e raggiungono “la capitale”: al centro della piazza, fuori dalla stazione, sorge una fontana di ghiaccio, luogo simbolico del gelo che sembra avvolgere tutti i personaggi...

I paesaggi metropolitani che i due ragazzi incontrano sono quanto di più desolante, miserabile, triste si possa immaginare; da questo momento Bianca e Stalin sono due homeless, senza soldi (glieli rubano dei balordi), senza documenti (i loro genitori ne avranno denunciato la scomparsa), senza cibo, senza riparo, senza amici, senza protezione. Il loro girovagare in cerca di una temporanea sopravvivenza si snoda fra artisti di strada, musicisti spiantati, ballerine senza ingaggio, in un panorama di case abbandonate, materassi lerci, insetti, animali morti, cibi rubati nei supermercati nascosti agli occhi delle telecamere, pasticche di eccitanti e furti nelle farmacie... insomma uno scenario di degrado e di abbandono nel quale, tra un autostop e un rifugio temporaneo, i due compagni di strada tentano di costruire una diversa identità, un modo di vivere fuori della società organizzata che ricorda per certi versi esperienze degli anni Sessanta (le comunità hippie), ma rimanda anche ad una narrativa del “dopo il disastro”, che fa riferimento a tanto cinema e ad un romanzo, “La strada” di McCarthy, al quale il giovane scrittore Iacopo Barison sembra essersi almeno in parte ispirato.

L’aspetto migliore di questo romanzo che ha per oggetto la deprimente società contemporanea è la qualità della scrittura, che consente all’autore di descrivere il presente, ma anche il passato del protagonista, con grande sensibilità, servendosi di un lessico originale, mai scontato, di uno stile asciutto, preciso, capace di colpire per la sua profondità nella ricerca delle ragioni di tanta infelicità:

“Quel giorno, prima di entrare in classe, ho raggiunto i bagni e ne ho scelto uno. Sono entrato, la chiusura è scattata e ho iniziato a contare. Contavo soltanto i numeri, andando avanti e indietro nel tempo, ripetendo le stesse cifre o inventandone di nuove, 21, 540, 99. I bagni erano silenziosi, l’acqua scorreva nei tubi e io ero troppo giovane per pormi le domanda giuste.”

Stalin ama Schubert, legge continuamente Guerra e Pace, adora il cinema, ma comunque è uno psicopatico, come si legge su una scritta sul muro vicino a casa sua, e anche se sua madre gli lascia un biglietto di augurio per i 18 anni, “Riuscirai sempre a fare l’impossibile, perché per me sei un supereroe”, non può che fuggire da tutto con la poetessa cieca, la visionaria Bianca. Lei detta le sue poesie ad un registratore e non sembra accorgersi del degrado in cui è sprofondata, per percorrere un mondo inospitale, che non sfugge alla carica eversiva e distruttiva, alla critica radicale ai modelli sociali e di sviluppo che Stalin si porta dentro, costretto com’è a confrontarsi con

“manifesti che promuovono eventi, situazioni, contesti pubblici, e girandoci ho l’impressione che questa città sia in guerra da almeno cinquant’anni, eppure non è così. Le guerre sono diventate più silenziose, e non distruggono gli ambienti ma le persone. Le guerre sono discrete, e si propagano nell’aria tipo gas nervino, tipo inquinamento atmosferico gestito da un calcolatore aritmetico.”

Alla fine del viaggio tuttavia non sembra che per i due naufraghi da un mondo rifiutato ci sia una vera speranza:

”Fratturando lo spazio e il tempo, prendo la videocamera e inquadro il mondo. L’intero pianeta racchiuso in un solo campo totale... la videocamera registra immagini sovrapposte della nebbia che avvolge tutto.”

Nebbia, cielo smorto e granitico, statali dimesse, orizzonti prefabbricati, conigli morti, disturbo, neon difettosi, pozzanghere, vomito: ecco lo scenario e le parole con cui Iacopo Barison ha costruito Stalin + Bianca (Tunué, 2014), il suo primo libro, che mostra una forte carica polemica e la speranza che tutto questo sia solo la visione di un artista visionario.

Stalin + Bianca (Romanzi Vol. 2)

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Stalin + Bianca

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