La pietra lunare di Satapur
- Autore: Sujata Massey
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Neri Pozza
- Anno di pubblicazione: 2019
La pietra lunare di Satapur (Neri Pozza, 2019, traduzione dall’inglese di Laura Prandino) è il secondo romanzo di Sujata Massey, autrice della serie "Le inchieste di Parveen Mitry", che vede come protagonista una delle prime donne indiane a esercitare la professione in uno studio legale. Ambientato nell’India degli anni ’20, segue il debutto di grande successo della nuova investigatrice avvenuto ne Le vedove di Malabar Hill.
Siamo nel 1922, l’India non ha ancora ottenuto l’indipendenza e la Kolhapur Agency, un ramo del servizio civile britannico, esercita l’autorità sugli affari interni di venticinque stati feudali principeschi dell’India Occidentale, tra cui quello di Satapur – un piccolo principato immaginario incastonato nelle splendide montagne del Sahyadri, grande solo cento chilometri quadrati.
La situazione che si è venuta a creare nel principato è piuttosto complicata: il maharaja di Satapur, Mahendra Rao, è morto di colera e suo figlio, che ha ereditato il trono ancora adolescente, è morto a sua volta, in circostanze piuttosto misteriose, in un incidente di caccia. Il nuovo re, il maharaja Jiva Rao, ha solo dieci anni e, in attesa che raggiunga l’età per governare, le decisioni di stato vengono prese dallo zio, il principe Swaroop, primo ministro di Satapur, e da un agente politico britannico, Colin Wythe Sandringham.
Oltre alla maledizione che sembra aver colpito i maschi della famiglia reale, la crisi che il vuoto di potere ha causato riguarda anche l’istruzione del giovane maharaja. Sua madre, la vedova maharani Mirabai, desidera che suo figlio lasci l’India per frequentare la scuola in Inghilterra. Sua nonna, la vedova maharani Putlabai, che ha ancora grande influenza, insiste invece perché suo nipote rimanga nel palazzo reale per continuare la sua istruzione seguito un anziano istitutore.
Le due maharani osservano l’usanza indù che prevede una forma di totale isolamento, conosciuta come purdah: non potendo avere alcun rapporto con gli uomini, Colin Sandringham non è stato mai accolto a palazzo e si rende necessaria la presenza di una donna che, sentite le ragioni delle due parti in causa, possa emettere una sentenza sul futuro del maharaja.
Perveen, l’unica persona in tutta l’India in grado di ricoprire l’incarico “di investigatore legale donna” proposto dalla Kolhapur Agency, allettata da un salario più che adeguato e dalla prospettiva di assicurarsi un numero incredibile di nuovi clienti, accetta l’offerta.
Certo le perplessità non mancano. Come il fatto che l’agente britannico non solo dimostri una totale mancanza di formalità nei suoi confronti, ma, soprattutto, che non sia sposato:
“Parveen si irrigidì. Sir David aveva sempre saputo che Colin Sandringham era scapolo? Suo padre non le avrebbe mai permesso di pernottare nella stessa residenza di un uomo solo. Ma ormai il suo nome era registrato sul libro dei visitatori. Era possibile che quella prova di un suo soggiorno sotto lo stesso tetto con un uomo solo potesse diffondersi a Poona e a Bombay, rovinandole la reputazione”.
O circa i mezzi di locomozione: dalle puledre poco ubbidienti, all’unico postale della regione (un barroccio di legno condotto da due abitanti del posto per arrivare a Satapur), al palanchino usato per arrivare alla reggia:
“Si arrampicò nel minuscolo cubicolo che puzzava di sudore e di qualcos’altro di organico che non seppe definire. Forse bambù marcio? Un topo morto? Sul sottile materasso che copriva il fondo del palanchino c’era un assortimento di cuscini umidi e capelli scuri. […] Sembrava ci fosse un certo dislivello, con il davanti leggermente più basso della parte posteriore che la costringeva a reggersi ai lati per non scivolare contro la parte anteriore. Parveen cercò di ignorare gli sgradevoli beccheggi del palanchino. Avendo spalancato le tendine sudice del lato sinistro poteva godere di un panorama di circa mezzo metro quadrato del mondo esterno”.
Una volta accolta a palazzo, non certo senza riluttanza da parte dell’anziana maharani Putlabai, Parveen si rende conto di essere circondata da mille insidie: giochi di potere, antichi risentimenti e vendette; divisioni sociali, situazioni sgradevoli che si trasformano in liti senza quartiere; strani malesseri, maledizioni, tentativi di avvelenamento e misteriose sparizioni.
Oltre a dover superare le difficoltà causate dall’essere una donna avvocato in una società maschilista, Parveen deve conciliare il lavoro offertole dal governo britannico con il proprio sostegno per l’attivismo di Mohandas Ghandi e per la lotta in favore dell’indipendenza indiana, ma la giovane farà di tutto per proteggere il principe ereditario e per portare a termine il compito che le è stato affidato, con il rigore e la professionalità che la contraddistinguono.
Il romanzo è ben organizzato in tre parti, ciascuna dal ritmo vario e caratterizzata da diverse sequenze narrative, così da coinvolgere il lettore dalla prima all’ultima pagina: dalle vivide descrizioni della giungla e delle montagne, con la loro incontaminata e selvaggia bellezza, alle concitate trattative per salvare la vita al giovanissimo maharaja, fino a scene divertenti o imbarazzanti in cui la reputazione di Parveen è messa a dura prova. Viene abilmente evocato il clima culturale, politico e sociale dell’India dell’epoca: il cibo, l’abbigliamento, la bellezza selvaggia della regione, le tradizioni, le convenzioni...
Nella prima parte, la giovane si dirige da Bombay al palazzo reale, dopo una notte passata nella residenza governativa inglese di Satapur; nella seconda parte, Parveen cerca di esplorare il palazzo reale per meglio conoscere i personaggi che lo popolano e le loro relazioni, non senza mettere a rischio per la propria vita.
Gli elementi raccolti le permettono di prendere una decisione in merito all’educazione del maharaja; nella parte finale, riesce a risolvere il fitto mistero delle morti che hanno afflitto la famiglia reale.
Anche nel secondo romanzo di questa serie, Sujata Massey è riuscita a ricreare un’atmosfera magica: la protagonista suscita l’empatia del lettore e i personaggi secondari, a partire dall’agente britannico Sandringham, sono ben definiti e perfettamente inseriti in un contesto di grande fascino esotico.
La scelta operata dall’autrice di concentrarsi su una realtà ben lontana dal degrado umano e dalla miseria in cui sono costretti a sopravvivere coloro che occupano l’ultimo gradino della scala sociale, risulta coerente con l’ambiente familiare e sociale in cui si muove la protagonista e dove permangono marcate discriminazioni fra i sessi e rigidi protocolli di comportamento.
Per nostra fortuna, il finale, con l’annuncio dell’organizzazione di una grande festa a palazzo degna di un’incoronazione, lascia presagire per Perveen Mistry nuovi e interessanti sviluppi, anche sentimentali.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La pietra lunare di Satapur
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