Mordi e fuggi. Il romanzo delle BR
- Autore: Alessandro Bertante
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Baldini+Castoldi
- Anno di pubblicazione: 2022
Ideologia è un termine di caratura fondamentale. Dal suo progressivo svalutarsi di senso discendono lo sfacelo politico e l’abdicazione del pensiero critico di un popolo diviso tra pedissequa sudditanza e incapacità di reazione. Negli anni Settanta non era così. Negli anni Settanta, in Italia, si è rappresentato l’acme e insieme il canto del cigno dell’ideologia. Scioperi, lotte, assemblee, ma anche molte delle espressioni artistiche si perpetuavano irraggiati dall’onda lunga dell’ideologia. Gli aspetti strumentalmente più sottaciuti dei così detti anni di piombo riguardano piuttosto il disegno sotterraneo con cui lo Stato — all’ombra dei servizi segreti e dei suoi gangli paralleli — remava contro questa presa di coscienza collettiva, diffondendo lo spauracchio del “pericolo rosso” per un verso, e il terrore sociale diffuso dalle bombe per l’altro. Ogni fenomeno eversivo di matrice comunista (l’aggettivo non era ancora stato nullificato, dalla pochezza ideale più che dalla storia) germina e si diffonde allora come azione reagente a una vigliacca e sotterranea violenza di sistema.
Lo stratificato Mordi e fuggi. Il romanzo delle BR di Alessandro Bertante (Baldini+Castoldi, 2022) è battuto in lungo e in largo dal concetto ideal-resistenziale di “lotta di classe”. E, non a caso, muove verso lo sbocco climatico della guerriglia armata a partire dalla strage di stato di Piazza Fontana. Tanto del resto va nella stessa direzione dei memoriali brigatisti (Alberto Boscolo, di cui il libro segue la formazione umana e politica, pare sia appartenuto alle prime Brigate Rosse), con i valori aggiunti del solido tratto narrativo e dell’introspezione psicologica.
Inoltre c’è da dire che la parabola eversiva (non intendo chiamarla terroristica, il terrorismo è stato ed è tutt’altra cosa) di Alberto si consuma, nel romanzo, all’interno dell’arco, narrativamente poco indagato, della fondazione e delle prime azioni brigatiste. Sono gli anni, per intenderci, dei volantinaggi infreddoliti nei pressi delle fabbriche. Del Collettivo Politico Metropolitano e dei suoi fogli militanti. Degli scazzi programmatici con l’ala più velleitaria del movimentismo. Della mitologia partigiana. Di Renato, Mara, Alberto, Mario (in "Mordi e fuggi" i “capi storici” delle BR ci sono tutti, appellati col nome di battesimo o di battaglia). Di Sinistra Proletaria. Delle fedi laiche e delle conseguenti rinunce sentimentali. Del mordi e fuggi tra incendi di auto e rapine di autofinanziamento. Dei brigatisti come i "nuovi Robin Hood" con esercito di fiancheggiatori e irregolari a seguito. Del “convegno” emiliano di Costaferrata dove si benedice la svolta armata delle BR. Del rapimento-lampo di Idalgo Macchiarini. Della lotta dura e senza paura che contempla il rischio e non prevede abiure.
“Mordi e fuggi, scrivevamo aggredendo il presente. Colpire e scomparire per poi colpire di nuovo più forte, facendo breccia in un mondo ostile che poteva e doveva essere cambiato […]. Ci sbagliavamo, eppure dovevamo provarci, lasciare un segno che fosse duraturo e memorabile […]. Se no cosa ci restava da fare? Diventare come loro, oppure come tutti che poi è la stessa cosa. Dovevamo provarci per rispetto della storia e al suo divenire, per tutte le ingiustizie del mondo e per tutto quello che abbiamo subito e perché ci deve essere un invasato che sbaglia pur avendo ragione […]. Rifarei tutto allo stesso modo. Brigate Rosse, solo il nome fa accapponare la pelle". (pag. 200)
A partire dagli anni Ottanta, in Italia come nel mondo, in obbligo ai diktat del neoliberismo imperante, si conclamano insieme la mistificazione del concetto di democrazia e la demitizzazione del termine nobile di ideologia. I ragazzi di oggi non possono capire, quanto alla politica istituzionale, la storia non le ha insegnato nulla: continua a perpetuare se stessa, confidando sull’acquiescenza di servi sciocchi, utili idioti, e sull’ignavia dei più. Le Brigate Rosse hanno agito e colpito a morte (mai a casaccio) sullo sfondo di un’Italia che era tutt’altro il migliore dei mondi possibili. Chi nega questo fatto, se non in malafede, è incapace di leggere il passato nei suoi risvolti meno retorici e più inquietanti.
Tra cronaca vera e realtà romanzata, Mordi e fuggi può fungere insomma da contro-narrazione dei primi anni Settanta italiani. Un romanzo (ottimo) diretto e dolente, che fa riflettere, prima che su ogni altra cosa, sulla necessità e i prezzi che comporta vivere di slanci ideali. Un romanzo che quasi ci costringe a riflettere su come eravamo e cosa purtroppo siamo diventati.
Mordi e fuggi. Il romanzo delle BR
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