Liberata
- Autore: Domenico Dara
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2024
«Credeva a tutto quello che non si vede», Liberata Macrì, protagonista del nuovo attesissimo romanzo di Domenico Dara, appena pubblicato da Feltrinelli.
«Credeva al destino già scritto, all’anima che vive dopo la morte, al malocchio che colpisce, all’invidia che affama, a certi pensieri che spostano gli oggetti, alle voci dei defunti, ai sogni che si avverano, al potere misterioso della luna, alle vite che non sono accadute ma che lo stesso ci perseguitano».
Un personaggio pienamente “dariano”, che sfugge alle convenzioni e che si muove tra il visibile e l’invisibile. Quella di Liberata è una vita appartata segnata da mancanze e piena di sogni da realizzare, come quello di incontrare, un giorno, Franco Gasparri, l’attore di cui è innamorata, protagonista dei fotoromanzi che divora e colleziona. Come accade per Madame Bovary (romanzo “feticcio” di Dara, che ritornerà anche in questa storia), i fotoromanzi rappresentano per la protagonista una fuga dalla vita monotona e dolorosa, un rifugio sicuro. Questo mondo, fatto di amori perfetti e storie che si concludono sempre positivamente, è l’antidoto alla sua vita solitaria e piena di incertezze.
Ecco come l’autore spiega questa scelta:
«Io sono nato in una casa in cui non c’erano libri, ma c’erano fotoromanzi, quindi posso dire, senza essere smentito, che la mia formazione letteraria è stata una formazione sulle storie dei fotoromanzi».
L’intera vicenda di Liberata si svolge in un paesino calabrese di cui non viene mai fatto il nome, ma nel quale non fatichiamo a riconoscere Girifalco, patria reale e letteraria dello scrittore. Ci troviamo in un periodo complesso per la storia d’Italia, gli “anni di piombo”, che non mancano di farsi sentire anche nel piccolo centro calabrese: stelle rosse sui muri, manifestazioni, scontri di piazza, violenze neofasciste.
Anni pesanti insomma, bilanciati però dalla leggerezza delle storie d’amore dei fotoromanzi che danno il titolo a ogni singolo capitolo del libro. Questi due poli opposti sono incarnati nella figura di Glauco, edicolante di fiducia della protagonista, che è allo stesso tempo segretario della sezione locale del Partito Comunista Italiano e appassionato lettore di fotoromanzi, che legge però di nascosto, per non venir meno all’impegno che il suo ruolo gli impone.
Liberata, figlia unica venticinquenne, vive insieme ai suoi genitori, Agata, «madre mancata», donna fredda e profondamente religiosa che spende gran parte del suo tempo in chiesa dedicandosi ai preparativi per la festa del Santo, e Oreste, meccanico con la curiosa passione per gli insetti, che colleziona in casa con grande cura. Ha anche una amica, Giuditta, commessa in una boutique di abbigliamento e sua principale confidente.
Sarà proprio quest’ultima ad accompagnare Liberata dalla cartomante Adele, le cui profezie spingeranno la protagonista verso Luvio, il nuovo giovane meccanico che lavora presso l’officina meccanica di suo padre.
Con l’arrivo di Luvio, motociclista dai riccioli neri, bello quasi come Franco Gasparri, la vita di Liberata prende una piega del tutto inaspettata. Il giovane meccanico incarna per lei l’occasione di realizzare quel sogno amoroso idealizzato da anni. Tuttavia Dara non cede mai alla banalità della narrazione romantica tradizionale, ma piuttosto si addentra nella psicologia della protagonista, facendo emergere i contrasti tra l’immaginazione e le dure verità della vita. A caratterizzare l’intenso rapporto con Luvio è infatti il dubbio, il dubbio che possa nascondere qualcosa, che possa forse non essere sincero. Numerosi indizi porteranno la protagonista a dubitare del ragazzo, sospetti che però saranno puntualmente smentiti. Cosa nasconde davvero Luvio? È veramente innamorato di Liberata o vuole soltanto approfittarsi di lei?
Un’altra figura ambigua si impone poi nel racconto, quella di un uomo misterioso, un «forestiero che da qualche giorno si aggirava per il paese», che sembra pedinarla, contribuendo a creare quell’atmosfera di costante pericolo che lascerà il lettore con il fiato sospeso: di chi si tratta? Perché la segue? Forse c’entrano qualcosa gli insetti, tanto amati da suo padre, forse anche la macchina da scrivere che la ragazza porta spesso con sé dal notaio Capistrano, presso cui lavora. Liberata infatti:
«Aveva cominciato a lavorare come dattilografa e stenografa subito dopo aver finito gli studi di ragioneria. Aveva un vero talento per la battitura, al punto che l’anno del diploma aveva vinto il campionato regionale di dattilografia con 550 battute al minuto. Avrebbe dovuto fare i campionati nazionali a Torino ma era troppo lontano per lei. La fama della sua abilità s’era diffusa in tutta la provincia, eppure Liberata era restia a muoversi, e così s’accontentava di lavorare in paese, per i professionisti che la chiamavano, notai, avvocati, professori, oppure per scrivere tesi di laurea o presentazioni».
Altri personaggi si muovono in questo microcosmo del sud Italia, al contempo realistico e magico, figure che contribuiranno nel bene e nel male all’evoluzione della protagonista, a quel processo di consapevolezza che la porterà a una crescita interiore, una vera e propria “muta”, come una sorta di «esuviazione umana».
Emerge infatti con forza il tema della metamorfosi, che accomuna Liberata agli insetti collezionati dal padre: il passaggio dall’infanzia all’età adulta richiede sacrifici, e la protagonista deve perdere una parte di sé per trovare il suo posto nel mondo. Proprio gli insetti rivestono nel romanzo un ruolo di primo piano, e sono di frequente utilizzati come metafora per descrivere la condizione umana. Lo scrittore mette spesso in parallelo il mondo degli uomini e quello degli insetti, sottolineando la fragilità e l’adattabilità di entrambi.
In particolare, la vita degli insetti è vista come un riflesso dell’esistenza umana, caratterizzata dalla necessità di sopravvivenza e dall’inevitabile sottomissione alle forze esterne.
Si legga ad esempio questo passo contenuto nelle ultime pagine del romanzo:
«Gli insetti non provano dolore.
Avendo una vita molto breve, il loro organismo non sviluppa i nocicettori, cellule specializzate nell’inviare segnali al cervello attraverso il midollo spinale.
Noi uomini ci crediamo gli esseri più evoluti del mondo, il punto più alto del progresso naturale, eppure tutto quello che abbiamo fatto nella nostra millenaria storia, dalla scoperta del fuoco all’invenzione della ruota, dalla scrittura all’arte, ogni cosa che abbiamo prodotto ha sempre avuto un solo scopo: rendere la vita meno difficoltosa, avvicinarci alla condizione più prossima allo stato di felicità, in breve, bandire la sofferenza ed eliminare il dolore».
Quella di Domenico Dara è una prosa elegante e immersiva, capace di evocare emozioni profonde. Le sue descrizioni del mondo interiore di Liberata sono dettagliate e toccanti, e fanno sì che il lettore possa identificarsi con le sue speranze e con le sue paure.
In Liberata, Dara riesce a rappresentare il viaggio di una donna verso la consapevolezza di sé, in un contesto storico di grandi cambiamenti. Le riflessioni sulla libertà femminile e sull’identità personale risuonano in maniera potente, senza mai diventare didattiche.
Il romanzo invita i lettori a esplorare l’incanto delle piccole cose e a guardare oltre la superficie della realtà quotidiana, per scoprire le verità nascoste nel cuore di ogni individuo.
Questo è il fotoromanzo di Liberata, nomen omen, un “percorso iniziatico” che porterà la protagonista a essere:
«Finalmente libera di vagare per il mondo e fare ritorno nel regno acquatico dell’invisibile. Liberata. Che era il modo giusto di chiamarsi. Liberata. Liberata Macrì».
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