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Recensioni di libri

Le sette dinastie di Matteo Strukul

Newton Compton, 2019 – Un nuovo affresco storico nel romanzo recente dell’autore patavino. La lotta per il potere nell’Italia rinascimentale, età della fioritura di arti e lettere, ma anche di conflitti tra italiani.

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 05-11-2019
Le sette dinastie

Le sette dinastie

  • Autore: Matteo Strukul
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Newton Compton
  • Anno di pubblicazione: 2019

Sta letteralmente volando in libreria. È figlio della storia d’Italia e della letteratura il nuovo romanzo di Matteo Strukul, Le sette dinastie, uscito a ottobre per i tipi Newton Compton (538 pagine, 9.90 euro rilegato, 4.99 in versione eBook). È anche figlio di un orgoglio nazionale dei nostri tempi, che trova nella narrativa notizie e motivi di soddisfazione, non più alimentato dalla conoscenza, visto che a scuola la storia si studia poco e male e non potendo nutrirsi di retorica, perché quella nazionalistica è morta, sepolta e non rimpianta. Tanto più quando i romanzi trattano vicende e personaggi di un periodo di cui l’Italia può menare vanto oggettivamente: il Rinascimento, la splendida fioritura delle arti e delle lettere che vide la penisola capitale mondiale di un’età di rinnovamento.
Allo splendore dei costumi e della cultura, si associava tuttavia un sordido contrasto tra le genti di un Paese diviso in troppe realtà politiche concorrenti, tanti staterelli in miniatura e in lotta tra loro, con l’appoggio di questo o di quello “straniero”. E le divisioni ostacolarono fatalmente la formazione di uno stato unitario già nel 1400.

È di tutto questo che parla il romanzo dell’under 50 padovano, con studi in legge e dottorato in diritto europeo, scrittore e prim’ancora ricercatore di narrativa storica, una passione che gli è valsa notorietà internazionale (pubblica in 16 lingue e 30 Paesi) e un premio prestigioso, il Bancarella 2017, per il primo volume della trilogia sulla dinastia dei Medici di Firenze.
Il “Vecchio”, il “Gottoso”, il “Magnifico”: perfino nei soprannomi si segue il crescendo della casata, da Cosimo a Piero e a Lorenzo, i primi tre Signori di Firenze per superiorità di famiglia, riconosciuta e subìta dalla nobiltà fiorentina.
È in quel “subìta”, usato non a caso, che si coglie la chiave narrativa del romanzo di sette famiglie e sei città dell’Italia del Rinascimento. Tutti erano contro tutti. Il sangue degli italiani macchiava i campi di battaglia dell’Italia di allora. Complesse e spesso vili trame di potere consentivano l’ascesa o la rovina dei Signori. Questa è la storia di un Visconti che a Milano dà in sposa la figlia ad uno Sforza, scontrandosi con Venezia, dove i Condulmer riescono a favorire la fumata bianca del conclave che elegge papa Eugenio IV, al secolo il loro Gabriele, fratello di Polissena, sposa del doge Barbo. A Ferrara gli Estensi non stanno a guardare e a Firenze brillano i Medici, che tentano mediazioni plurime, incrociate.

Si diceva della capacità dell’autore patavino di ridare vita e nerbo (da qui il suo successo) a vicende del passato che abbiamo già visto affrontate dai grandi delle lettere, in altri tempi e con altre tecniche, ovviamente. Si prenda la battaglia di Maclodio, il cui esito nel 1427 tolse ai Visconti il controllo del territorio bresciano, a vantaggio della lega tra Venezia, i Gonzaga e Firenze. Nel Conte di Carmagnola, Alessandro Manzoni condanna lo scontro fratricida che divideva gli italiani e favoriva gli altri.

Affrettatevi, empite le schiere… ritornate alle vostre bandiere, lo straniero discende, egli è qui, vincitor. Siete deboli e pochi.

Matteo, da par suo, in poche felici battute ci mostra le conseguenze fatali dell’imprudenza del Malatesta, che per pura baldanza conduce parte delle truppe milanesi a cadere nel tranello del Carmagnola, Francesco Bussone, condottiero di ventura che guida le forze veneziane.
È affascinante la storia raccontata e letta alla maniera di Strukul, che riecheggia la lezione di Niccolò Machiavelli al suo Principe, quando nel testamento di Alfonso D’Aragona fa impartire questi insegnamenti al figlio Ferrante (Ferdinando I sul trono di Napoli): un capo deve far coincidere quanto afferma con quanto realizza. Non si mostri in nessuna occasione pavido o manipolabile, perché verrebbe avvertito come un debole e i nemici potrebbero azzannarlo. Si comporti in battaglia in modo valiente, sia il primo a scendere in campo e l’ultimo ad abbandonarlo, chi combatte dà il massimo per un re che vede coraggioso e determinato.
Davvero affascinante (merito di un autore in gran forma) quello che Cosimo de’ Medici sostiene sul primato della cultura: il Signore deve incentivare l’arte, circondarsi di pittori, scultori, letterati e poeti, loro soltanto, “colti e conoscenti”, possono aprire la mente ad una visione ampia della realtà, capace di cogliere verità che ai più restano oscure. Vuol dire che si possono dominare gli uomini anche usando la cultura.

Non sono cammei e miniature inanimate questi personaggi del passato che Strukul riesce a rendere affascinanti o biechi protagonisti delle pagine di Le sette dinastie, dalle quali non è facile staccarsi, perché la sua scrittura scorre rapida ed immerge nella storia come e più di una fiction sullo schermo.
E le donne? Protagoniste alla pari. Questo padovano dall’aspetto e capigliatura da vichingo le tratta con una sensibilità che si direbbe quasi amorevole. Donne che praticano le arti e la cultura, che seducono, conoscono e capiscono. Madri, mogli, amanti. La rinascita nel Rinascimento è merito anche del ruolo esercitato da compagne capaci di stare al fianco di uomini di potere senza sfigurare, agendo come consigliere e moderatrici, rispettate dal popolo, nonostante i rovesci di alleanze e destini.

Le sette dinastie. La lotta per il potere nel grande romanzo dell'Italia rinascimentale (La saga delle sette dinastie Vol. 1)

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Le sette dinastie

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