Sebbene sia già difficile conciliare, come diceva Manzoni, il “vero” della storia con quello della letteratura, il romanzo storico non ha mai smesso di affascinare i lettori. Tale tipo di narrazione può essere ambientata nel passato ma anche in tempi molto vicini ai nostri. La storia, infatti, può essere un modo per riflettere sulla situazione di oggi e, addirittura, su quella di un domani prossimo o lontano, anche se, secondo la “Società americana per la promozione e la difesa del romanzo storico” (Historical Novel Society), tale tipo di narrazione dovrebbe essere effettuata
“almeno cinquanta anni dopo gli eventi descritti o, almeno, dovrebbe essere narrata da qualcuno che, all’epoca di tali fatti, non era ancora nato e ad essi si è accostato attraverso ricerche”.
Tornando alle parole di Alessandro Manzoni:
“Il romanzo storico è un componimento misto di storia e invenzione: comprende elementi reali la cui veridicità è testimoniata da studi e parte è, invece, inventata”.
Nella seconda componente spiccano i dialoghi. Di essi, infatti, restano ben poche testimonianze, di certo non veritiere alla lettera.
Il romanzo storico vero e proprio nasce in Europa nella seconda parte dell’Ottocento, dopo gli scritti di successo di Walter Scott. Questi pubblicò nel 1819 “Ivanhoe” ambientato nell’Inghilterra di Riccardo Cuor di Leone e delle crociate e, nel 1823, “Quentin Durward” le cui vicende hanno luogo nella Francia di re Luigi XI. Il successo dei libri diede il via alla grande serie di romanzi di questo genere.
Anche in Italia, nella prima parte del 1800, grazie al favorevole clima creato dal Romanticismo e alla riscoperta degli eventi storici, questo tipo di romanzo ebbe diffusione e, accanto a numerosi scritti minori, furono pubblicati “I promessi sposi”. Il clamoroso successo dell’opera manzoniana sta alle origini di una ricca produzione di romanzi che continuerà dopo l’Unità d’Italia. Tra gli scrittori di quel tempo e le loro opere vanno nominati Francesco Domenico Guerrazzi, Massimo D’Azeglio con “Ettore Fieramosca”, Giovanni Verga con “I carbonari della montagna” e Giuseppe Rovani, il primo a tentare un romanzo ciclico con l’opera “Cento anni”. Preferibilmente l’epoca storica narrata è quella medioevale, eccezion fatta per il Manzoni che sceglie il Seicento e Verga che racconta le vicende dei carbonari i quali combattono per l’indipendenza. Poco alla volta gli scrittori narrano di periodi più vicini al loro tempo: è il caso di Stendhal che sceglie di ambientare “Il rosso e il nero” verso la fine dell’epopea napoleonica e la successiva Restaurazione, di Victor Hugo che dalla Parigi medioevale di “Notre-Dame de Paris” passa con “I Miserabili” ai decenni successivi la caduta di Napoleone e di Lev Tolstoj con “Guerra e Pace” che narra di eventi quali la battaglia di Austerlitz, l’invasione napoleonica della Russia, la battaglia di Borodino, l’abbandono e l’incendio di Mosca e la precipitosa ritirata dei francesi.
Questi, seppur lontani nel tempo, sono romanzi di valore che vanno ricordati, apprezzati e letti.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Le origini del romanzo storico
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