Le dee del miele
- Autore: Emma Fenu
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2016
Un ronzio mi giunge all’orecchio, mentre sono assorta al computer.
Mi volto di scatto e non scorgo nulla. Eppure sono sicura di averlo sentito. Giurerei di aver udito un frenetico battito di ali.
Riprendo a leggere, catapultata in un’epoca lontana, fatta di campagna, di braccianti affaticati ma felici, di donne appesantite dall’ennesima gravidanza, ma mai stanche. Sento gli aromi della zuppa sul fuoco. Sento il rumore del mestolo di legno che gira nel pentolone posto sul treppiede.
Sento il dolce profumo del miele.
“Le dee del miele” di Emma Fenu è un ideale viaggio nel secolo scorso, in una Sardegna genuina, in un lungo periodo storico che abbraccia tre generazioni, dove il mito e il racconto si incontrano e si intrecciano.
Le protagoniste sono quattro donne, molto diverse tra loro, ma legate da fili che non si spezzeranno mai e che si aggroviglieranno fino a chiudersi in un cerchio perfetto.
La semplicità e la forza di Caterina, la signorilità e la compostezza di Lisetta, la curiosità e l’ingenuità di Marianna, la perspicacia e la fame di vita di Eva riempiono le pagine del romanzo ed anche il cuore di chi legge.
Sono donne speciali, dotate di poteri esoterici, o solo donne “normali” che hanno scoperto il segreto di rialzarsi dopo ogni caduta e che accolgono in bocca, senza tirarsi indietro, anche il retrogusto amaro del miele di corbezzolo.
Ancora quel ronzio e stavolta la vedo: posso distinguere il suo corpicino esile, giallo e nero, le sue ali trasparenti, i suoi grandi occhi sporgenti. Eppure siamo in inverno… che sia l’ape di lana che solo Eva riesce a distinguere?
Mi rituffo nella lettura.
Sento il profumo di tè, servito in tazze di limoges.
Sento il tintinnio metallico di una campanella.
Sento l’odore di marsiglia del bucato appena steso e quello acre e intenso del muschio abbarbicato su un alto muro di cinta.
Ho voglia di Sardegna e delle sue tradizioni: assistere ad una mexina de s’ogu (medicina dell’occhio), come quella che faceva Caterina; inebriarmi della fragranza di una rosa, come quelle che Lisetta coltivava con amore; giocare con una bambola dal viso di biscuit, come Marianna; saltellare e canticchiare con la cartella sulle spalle per le strade di una città di mare, come Eva.
Ho voglia del giallo del suo grano, con cui preparare il pane civraxiu, del rosso delle bacche di mirto, della trasparenza e dell’odore intenso del filu ‘e ferru. Ho voglia del sapore del suo formaggio dolce e della pastosità del suo miele.
Una sebadas e “Le Dee del Miele”.
E sono in Sardegna.
Le dee del miele. Nuova ediz.
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"Ho voluto raccontare la storia della mia famiglia, di quattro donne inconsapevolmente Dee, che si nutrivano di se stesse e di miele, ossia del cibo per eccellenza"
Un canto del miele intriso di poesia e di profumi che mi ha ricordato le estati della mia infanzia in Sardegna. Un profumo unico, quello della Sardegna, odore intenso di sole e di erba, di miele e di sale, di mirto e di magia.
Le quattro protagoniste di questo romanzo, che si svolge lungo tutto il Novecento, sono Caterina, Lisetta, Marianna ed Eva.
Caterina si è sposata giovanissima con il suo amato Pietro e ha dedicato la sua vita ai figli. Fra questi c’è Luigi, che da bambino viene colpito dal malocchio e lei riesce a salvarlo grazie ad una sapienza antica.
Lisetta, figlia di una "panas", giovane mamma morta di parto, viene cresciuta dalla zia paterna, Marta. Deve rinunciare all’uomo che ama e sposarsi senza amore, lei che è un’anima piena d’ amore. E lo donerà alla figlia adottiva Marianna, dopo aver perso la sua prima bambina.
Marianna è affascinata dalle creature femminili che abitano la sua casa "alcune vive, alcune morte, alcune site in una zona di confine".
In collegio deve imparare a reprimere gli istinti e a rinunciare ai piaceri per fortificarsi. Ma la forza per sopportare gli anni del collegio e poi la sua malattia, l’endometriosi, le viene dall’insegnamento di sua madre: "Nulla è più sacro dell’amore". Lisetta infatti, pur vivendo una tristezza che le faceva assaporare e desiderare la morte, sapeva davvero amare e comprendere.
Marianna sposa Luigi e dal loro amore nasce Eva.
Bambina matura e intelligente, Eva è attratta dal numinoso. Da piccola vedeva anime e fantasmi. Crescendo ha perso questa capacità, ma ha ereditato il dono di famiglia, quello di "andare oltre le cose" e di "muoversi verso l’infinito".
Sono tante le tematiche di questo romanzo intenso e affascinante. Diversi strati, diverse prospettive.
C’è la magia e la tradizione di una terra antica e profonda. C’è la forza e la bellezza di donne magiche, donne madri, non solo di figli.
E ci sono sofferenze sotterranee, personaggi che incarnano grande dolore come Lisetta, come Marta, come Monica.
Eva sente questo dolore, lo vive anche senza capirlo. Fino a quando scopre la parola, la scrittura. "I simboli lentamente si disvelavano e la storia iniziava".
Attraverso la scrittura Eva dà un suono ai silenzi assordanti della sua infanzia e illumina con le parole ciò che non poteva essere detto.
La parola scritta, come le tele tessute dalle Janas, è il ricamo che rivela il senso e la bellezza del dolore.
Ilaria Negrini