La scomparsa di Stephanie Mailer
- Autore: Joël Dicker
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: La nave di Teseo
- Anno di pubblicazione: 2018
Un bel libro, Marcus, non si valuta solo per le sue ultime parole, bensì sull’ effetto cumulativo di tutte le parole che le hanno precedute. All’ incirca mezzo secondo dopo aver finito il tuo libro, dopo averne letto l’ultima parola, il lettore deve sentirsi pervaso da un’emozione potente; per un istante, deve pensare soltanto a tutte le cose che ha appena letto, riguardare la copertina e sorridere con una punta di tristezza, perché sente che quei personaggi gli mancheranno. Un bel libro, Marcus, è un libro che dispiace aver finito.
Così affermava nell’epilogo de “La verità sul caso Harry Quebert”,il famoso professore e scrittore, rivolgendosi al suo amico e allievo prediletto Marcus Goldman. Ebbene, sono passati alcuni anni da quella pubblicazione, e l’effetto, anche ne “La scomparsa di Spephanie Mailer”, è sempre lo stesso! Letta l’ultima riga e riposto il libro, ci si sente ricoperti di una sottile patina di tristezza, un senso di nostalgia, quasi una mancanza d’aria, orfani dei nostri amici, che sentiamo ancora vicini, ombre che ci camminano accanto, e mentre Marcus ci saluta con un sorriso beffardo, entrano in noi Derek, Jesse e Anna, piuttosto che Natasha e Darla, ne sentiamo le voci, ne avvertiamo le emozioni.
Experiential crossing? Sì, certamente, ma è piacevole alternare per qualche giorno l’universo “finzionale” con quello reale, per ritrovarci ad Orphea, chiedendoci:
Che cosa è successo a Stephanie Mailer? Che cosa aveva scoperto? Se Jesse e Derek si sono sbagliati sul colpevole vent’anni prima, chi è l’autore di quegli omicidi? E cosa è davvero accaduto la sera del 30 luglio 1994 in una anonima cittadina della provincia americana, degli Hamptons?
Avevo pensato di trascorrere la mia ultima settimana da poliziotto passeggiando nei corridoi e bevendo caffè con i colleghi, in attesa dell’addio definitivo. Ma da tre giorni me ne stavo chiuso nel mio ufficio dalla mattina alla sera, sprofondato nel fascicolo dell’indagine sul quadruplice omicidio del 1994, che avevo riesumato dagli archivi. L’incontro con quella Stephanie Mailer mi aveva scosso: riuscivo a pensare solo all’articolo che mi aveva dato e alla frase che mi aveva detto: “La risposta era sotto i suoi occhi... Solo che non l’ha vista.”
La scomparsa di Stephanie Mailer segna il ritorno alle origini di Joel Dicker, al thriller. In realtà è difficile inquadrarlo in rigidi schemi di un genere predefinito. Il romanzo sta fra il noir, il poliziesco e il giallo deduttivo, pregno di mistero, con altissimo tasso di suspense. Piuttosto conviene parlare di una storia alla Dicker con altissimo grado di adrenalina, dove la trama gialla si intreccia indissolubilmente con la storia individuale dei protagonisti e dell’una e degli altri al lettore vengono forniti stralci poco alla volta, come pezzi di un puzzle che solo alla fine sarà possibile disporre nella maniera corretta, dopo aver a lungo tentato incastri apparentemente corretti ma non perfetti.
La trama intricata ma avvincente, mescola abilmente piani temporali e generi narrativi. È un gioco di scatole cinesi, un romanzo nel romanzo. Un percorso a ostacoli, un intreccio di menzogne e verità, tenuti insieme da uno stile che riesce a mantenere la propria coerenza, con tinte camaleonticamente ironiche, divertenti, tragiche, sensualmente intense ed eleganti.
Colpi di scena, ritmo serrato, alternanza di voci e prospettive, gioco di analessi e prolessi, torbidi segreti, barlumi di realtà e apparenze….. non permettono al lettore di distogliere lo sguardo dal libro e di assumere, capitolo dopo capitolo, i panni del burbero Maigret di Georges Simenon o dell’eccentrico Nero Wolfe di Rex Stout, immersi alla ricerca del colpevole, nelle fredde e fosche atmosfere di Orphea...nuova Aurora.
La storia si svolge a Orphea, una città immaginaria degli Hamptons, alle porte di New York. Un detective, Jesse Rosenberg, sta per andare in pensione e festeggia con i colleghi il sospirato riposo. Tutti si congratulano per i casi da lui brillantemente risolti. Ma una misteriosa giornalista lo avvicina e gli dice:
È lei il famoso Capitano 100%? Mi chiamo Stephanie Mailer, sono una giornalista dell’Orphea Chronicle. Le dispiace se la chiamo Capitano 99% ?
Almeno in un caso aveva sbagliato: il quadruplice omicidio di vent’anni prima, avvenuto il giorno dell’inaugurazione del festival di teatro cittadino. Una passante che faceva jogging, il sindaco e i suoi familiari, erano stati brutalmente assassinati. Il caso era stato affidato a due giovani, ambiziosi detective dell’anticrimine, Jesse Rosenberg e Derek Scott che credono aver chiuso il caso incriminando un ricco ristoratore, Ted Tennenbaum.
La giornalista ora però gli comunica che è in procinto di pubblicare un articolo sul quadruplice omicidio del ’94 da cui risulterà evidente che la polizia in quel caso fermò l’uomo sbagliato. Poche ore dopo il colloquio però la giornalista scompare.
Voltandomi verso il parcheggio, vidi Stephanie salire in macchina. Mi fece un cenno con la mano e gridò: “A presto, capitano Rosenberg.” Ma quel “presto” non arrivò mai. Perché quello fu il giorno della sua scomparsa.
Jesse convince Derek a tornare insieme ad Orphea, di nuovo sede del festival teatrale. I due vecchi colleghi, con l’aiuto della vice sceriffo Anna Kanner, condurranno una doppia indagine che chiarirà inequivocabilmente quanto accaduto allora ed oggi.
Inizia, così una mystery story densa di un fascino sinistro, a tinte fosche, in cui predominano i toni grigi; un gioco degli specchi, i cui riflessi abbagliano, mettono a fuoco il colpevole di turno; passato e presente che si alternano, si intrecciano pescando a mani nude nell’apparente normalità della provincia americana, tanto cara a Dicker, che con stile stringato e asciutto, ne mette a nudo le contraddizioni, le perversioni, l’ipocrisia di facciata.
Ci si dilunga ben poco sulle descrizioni e i numerosi flashback risultano tutti strumentali alla narrazione. L’Io narrante cambia di continuo, cosicchè si ha una polifonia di voci, tante umanità che corrono parallelamente alla fabula principale, tante verità e nessuna, fino all’epilogo finale, che imprime energia cinetica alla storia, fa sobbalzare il lettore, …...lo coglie di sorpresa.
In alcuni passi, il tono del romanzo assume i caratteri comici della commedia dell’arte. Dicker dipinge personaggi che raggiungono quell’umorismo, o meglio il “contrasto del umorismo”, di Pirandelliana memoria; uno dei personaggi più riusciti è Meta Ostrovski, che da critico teatrale “più temuto d’America”, in cerca di fama, calcherà il palcoscenico. È un personaggio ben caratterizzato, che ricorda il professor Rath del celebre film “L’angelo azzurro” con Marlene Dietrich, anche lui ossessionato dall’ amore per una giovane donna, per Meghan Padalin, che lo porterà giù negli Inferi. In un percorso umano triste e discendente, fino alla recita nella “Notte buia”, l’opera di Kirk Harvey, l’ex capo della polizia, personaggio surreale, che come moderno Amleto cercherà di smascherare l’assassino durante la recita del suo dramma, ma che invece trascinerà la popolazione di Orphea nel caos, in un melodramma collettivo, e inchioderà il lettore fino all’ultima pagina.
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Joël Dicker è davvero bravo! Alla sua quarta prova letteraria, dopo l’indiscusso e mai superato capolavoro, "La verità sul caso Harry Quebert", sforna un nuovo giallo, che è anche uno spaccato della vita americana, in “La scomparsa di Stephanie Mailer (2018)”.
Nel luglio 1994, in una cittadina a venti minuti da New York, durante l’inaugurazione di un festival letterario, vengono ammazzati il sindaco, con moglie e figlio, e una giovane runner. Il caso viene affidato a due giovani investigatori, Jesse Rosenberg e Derek Scott, i quali sembrano concludere il caso egregiamente, catturando il colpevole.
Quasi vent’anni dopo, una giornalista, la Stephanie del titolo, avvicina il pluridecorato capitano Jesse Rosenberg, definito “Capitano 100%" per avere risolto tutte le indagini cui ha partecipato, e gli comunica, lapidariamente,: “Nel 1994 ha sbagliato colpevole. Mi sembrava giusto che lo sapesse prima di lasciare il corpo.”
Il tarlo, innescato nella mente del capitano, trova terreno fertile quando scopre che pochi giorni dopo, la giornalista in questione scompare.
Sarà l’inizio di un viaggio a ritroso per capire se si siano commessi errori e scandagliare la vita di Orphea.
“Conoscete quella gemma di nome Orphea, incastonata negli Hamptons? È una cittadina paradisiaca dove l’aria sembra più pura e la vita più dolce che in qualsiasi altro posto, e ogni anno ospita un festival teatrale il cui spettacolo di punta è sempre di grande qualità. [...] La città in sé vale una visita. La strada principale è un gioiello di tranquillità. I suoi bar e i suoi ristoranti sono deliziosi e invitanti, i negozi incantevoli. Qui tutto è dinamico e piacevole.”
Inutile dire che il lungo cammino investigativo, costruito su più piani temporali, sospeso sempre tra passato e presente, è pilotato con estrema arguzia dalla penna dell’autore, che, anche stavolta, non delude.
Certo non siamo al livello del suo lavoro più famoso e premiato, ma è certamente un libro che merita di stare nella propria libreria! Bravo sempre Joel!!!!
Libro nauseante.
Salti nel tempo dappertutto! Ripetizioni inutili e apparizioni assurde di personaggi!
Ho persino pensato che fosse un “Giallo di Fantascenza”.
Se fosse stato così almeno l’autore avrebbe potuto vantare la stesura di un nuovo genere letterario. Ma niente! Nemmeno quello!
Porta all’esasperazione il lettore fin dalle prima pagine.
“Cosa vedi?” Chiede Stephanie al Capitano
“Vedo la mano” rispose
“No, le sto’ mostrando le dita”
Questa “Metafora” (insulto alla parola metafora) per spiegare che la realtà dei fatti del quadruplice omicidio é sfuggita alla polizia pur essendo stata evidente fin dall’inizio.
Già da questo breve colloquio credo si possa capire con che razza di libro si ha a che fare!
La recensione di Raffaella Aghemo (pur non essendo veritiera) é scritta 10 volte meglio del libro cui é rivolta.
Credo infatti, che se si impegnasse a riscrivere la storia “La scomparsa di Stephanie Mailer” avrebbe senz’altro maggiore successo di Dicker!
Personalmente mi ha molto deluso. Il canovaccio della trama molto simile al Caso Harry Quebert (ambientazione, un caso del passato intrecciato con uno presente). L’intreccio l’ho trovato troppo complicato per poi risolversi in nulla di che. Poi troppi personaggi e troppe storie insieme, fanno perdere il filo del discorso. Ci sono gialli migliori.