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Recensioni di libri

La porta del tempo. Micene 1184 a.C. di Fabio Calenda

Einaudi, 2010 - Un romanzo ricco di suggestioni, scritto in una lingua senza tempo e risuonante di echi profondi che ritroviamo dentro di noi, negli studi fatti, nelle letture sedimentate, nel mistero della cultura universale dalla quale tutti proveniamo.

Elisabetta Bolondi
Elisabetta Bolondi Pubblicato il 02-02-2021

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La porta del tempo. Micene 1184 a.C.

La porta del tempo. Micene 1184 a.C.

  • Autore: Fabio Calenda
  • Genere: Fantascienza
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Einaudi
  • Anno di pubblicazione: 2010

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Una fervida fantasia che ha precorso tempi e mode letterarie, solidi studi classici e grande attenzione per gli intrecci di potere che in ogni tempo governano le vicende degli uomini: sono gli elementi alla base del romanzo fantasy che Fabio Calenda, economista e nota firma di autorevoli quotidiani, aveva pubblicato giusto dieci anni fa per Einaudi Stile Libero: La porta del tempo. Micene 1184 a.C.. Leggendolo oggi, si mostra come un antesignano del genere che mette insieme storia, leggenda, folklore, mito, e che tanto successo sta avendo nella narrativa e soprattutto nel cinema e nelle infinite serie televisive che in tutto il mondo hanno preso il posto delle sale cinematografiche chiuse in tempo di pandemia.

Ma il romanzo di Fabio Calenda ha qualcosa in più: una capacità di scrittura, un uso del linguaggio che mettono il romanzo al di fuori della semplice ricostruzione storico-archeologica. Nel libro si avverte un potente pathos, una passione per i personaggi, per le storie che abbiamo tutti letto e interiorizzato sin dalla prima giovinezza, quando l’Iliade e l’Odissea erano le letture integrali dei primi anni della scuola media, e le miracolose avventure della mitologia greca entravano a far parte del nostro immaginario con forza, imponendosi come una quasi verità.
Calenda mostra nel libro una conoscenza approfondita della geografia della Grecia antica, dei suoi toponimi, dei miti anche meno noti che fanno da contesto a quell’epos archetipico della cultura del mondo occidentale che fu la Guerra di Troia. Le letture delle tragedie greche, le opere di Euripide, autore della Ifigenia in Aulide, ma anche degli altri due grandi tragediografi, Eschilo e Sofocle, sembrano costituire la base da cui muove la fantasia dell’autore che immagina un uomo dei nostri tempi, Robert Zardi, essere chiamato in Grecia.

Zardi è stato cresciuto da una nonna greca e nutrito dei miti di quel paese che ama profondamente, è un giornalista in cerca di scoop, con una vita sentimentale e affettiva in bilico, ha avuto da poco un figlio, Andrea, che rifiuta. A Micene, luogo frequentatissimo dai turisti, un anziano studioso e appassionato archeologo ha fatto una scoperta sensazionale: in una grotta, in fondo a una sorta di labirinto, ha rinvenuto armi preziosissime che sembrano risalire addirittura ad Agamennone. Un po’ diffidente Zardi incontra l’uomo che lo mette a parte delle sue miracolose scoperte. Il mattino dopo, quando gli saranno mostrate, avviene l’irreparabile: Kostia Strapoulos muore, lasciando in eredità al nuovo amico tutti i suoi studi e i tanti reperti.

Robert Zardi porta con sé uno strano talismano liscio e inciso con una iperbole, regalatogli dalla nonna. Sarà questo oggetto magico a permettergli di entrare attraverso un misterioso pertugio nella “porta del tempo”: l’uomo, confuso e smarrito si ritrova a Micene nel momento in cui il grande esercito degli Achei si è appena radunato per partire alla volta di Troia. Lo sconosciuto che verrà chiamato Xanthos, che dirà di essere giunto da Esperia, terra sconosciuta agli uomini che presto saranno il suo nuovo mondo, si troverà minacciato di morte, incapace di spiegare chi realmente sia e cosa sia venuto a fare: gli sono intorno, nella fantastica avventura, Omero, Calcante, Tersite, la regina Clitemnestra, moglie di Agamennone, la bellissima bionda Ifigenia, la piccola Elettra, che tiene in mano quell’amuleto che abbiamo già visto posseduto da Zardi nell’altra vita.

Tra uccisioni, trame di palazzo, sicari, spie, l’uomo venuto dal futuro, capace di infierire sul nemico con un piede, immemore del suo passato ma consapevole di avere una missione salvifica, riuscirà nel suo intento, sfidando la storia. Una vicenda che ha al centro un tema forte: il rapporto tra genitori e figli, amati, lasciati, sacrificati, riscoperti, salvati. Anche la bella Ifigenia, vestita con una tunica color croco, il giallo abbagliante della giovinezza, amata da Xanthos e da sua madre Clitemnestra, alla fine forse non sarà sacrificata alla dea Artemide. Una sorta di ripetizione del sacrificio biblico di Abramo e Isacco, che Calenda ripropone per parlare di un amore grande, quello per un figlio, e “la vibrazione cristallina di un vagito”, quello di una nuova vita, segna la fine di questo romanzo “incantevole”, ricco di suggestioni, scritto in una lingua senza tempo, ma risuonante di echi profondi che ritroviamo dentro di noi, negli studi fatti, nelle letture sedimentate, nel mistero della cultura universale dalla quale tutti proveniamo.


© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La porta del tempo. Micene 1184 a.C.

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