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Recensioni di libri

La giornalaia di Veit Heinichen

E/O, 2017 - Un libro che racconta Trieste, la società cosmopolita mitteleuropea, la corruzione presente anche in ambiente ricchissimo, servendosi del pretesto del noir, il genere più gradito al grande pubblico dei lettori.

Elisabetta Bolondi
Elisabetta Bolondi Pubblicato il 08-05-2017

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La giornalaia

La giornalaia

  • Autore: Veit Heinichen
  • Genere: Gialli, Noir, Thriller
  • Categoria: Narrativa Straniera
  • Casa editrice: E/O
  • Anno di pubblicazione: 2017

Copertina nera, genere noir, è l’ultimo romanzo che Veit Heinichen pubblica per E/O, tradotto dal tedesco da Monica Pesetti, anche se l’autore vive a Trieste da molti anni e dello spirito della città è ormai impregnato fin nel profondo.

Il commissario Proteo Laurenti, salernitano emigrato a Trieste, eroe di tante avventure raccontate nei suoi libri precedenti da Veit Heinichen, torna anche in questo intricato plot che oltre alla città adriatica vede come protagoniste due donne: la giornalaia Teresa Fonda, bella e procace anche se ha superato la quarantina, amica di Laurenti che nel suo negozio compra ogni mattina sigarette e giornali, attirato, come gli altri clienti, dalla scia di profumo intenso, un vecchio Cartier che emana dal corpo di Tessie, e Daria Bono, magra, elegante, castigata, capelli rossi raccolti in un severo chignon, cagnolino bianco sempre al seguito e sguardo truce.
La storia raccontata nel romanzo è lunga, complicata, piena di personaggi tutti ben descritti: si ricerca da oltre venti anni Diego Colombo, una sorta di ladro gentiluomo che giunto ventenne dall’Argentina in modo rocambolesco: era arrivato a Trieste presso parenti, aveva sposato Teresa, rubava opere d’arte in combutta con un corrotto maresciallo della Finanza, Lino La Rosa; una notte però, testimone oculare lo stesso La Rosa, era esploso cercando di rapinare uno Yacht, anche se i suoi resti non erano mai stati ritrovati. Ora, venticinque anni dopo, Teresa Fronda, madre di tre figli di incerto padre, frequenta un uomo che per certi versi poterebbe somigliare allo scomparso Diego; Lino La Rosa, invece, divenuto invalido dopo essere stato investito da un’auto guidata dalla stessa Teresa, è ricchissimo, e sua figlia Daria gestisce una sorta di misterioso malaffare: case di riposo per anziani, slot machines, trafugamento di preziosi dipinti…

Insomma c’è da incuriosirsi leggendo il libro, la cui migliore caratteristica, però, è la sensibilità sociale, la feroce critica rivolta ad un Occidente opulento e distratto, visto da un punto di vista geograficamente interessante, quale è da sempre, ed ora in modo più specifico, Trieste, crocevia di lingue, nazioni, etnie diverse. Nella questura dove lavora Proteo Laurenti,

“Una lunga fila fino alla strada di profughi che cercavano di ottenere il permesso di soggiorno… Chi prestava servizio indossava mascherine e guanti di lattice e si trovava a faccia a faccia con il concentrato di miseria che l’occidente democratico aveva provocato negli altri continenti in decenni di arroganza e cieco sostegno alle dittature, invece di rafforzare i movimenti democratici prima che venissero soffocati con brutale violenza”.

Oltre alla storia di delitti, furti, esportazione di denaro e di tele preziose, Veit Heinichen ci presenta una carrellata di personaggi minori, il barista Walter collezionista di monete antiche, la poliziotta Marietta, sexy ma competente, la moglie di Laurenti, Laura, esperta di quadri e di oggetti da collezione: tutti loro si aggirano nei quartieri triestini, tra reminiscenze di Italo Svevo e gite al mare, bevendo raffinati vini del Carso e ricostruendo la città con esattezza topografica, con competenza storica, con un pizzico di nostalgia per la grandezza del grande emporio che Trieste era stata sotto l’impero austro-ungarico. Proprio il barista Walter, titolare del caffè Malabar, al centro della piazza San Giovanni,

“era riuscito a rendere omaggio al carattere internazionale della città facendo affiggere alla facciata di una casa del Borgo Teresiano una targa commemorativa in più lingue. Quella delle sette nazioni etnico-linguistico-religiose riconosciute a Trieste ai tempi dell’imperatrice: italiano, serbo-croato, greco, ungherese, ebraico, sloveno e tedesco”.

Un libro che racconta Trieste, la società cosmopolita mitteleuropea, la corruzione presente anche in ambiente ricchissimo, servendosi del pretesto del noir, il genere più gradito al grande pubblico dei lettori: lo scrittore tedesco e triestino ha trovato da tempo la formula giusta e ci ha abituato a storie di grande e stringente attualità.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La giornalaia

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