Kill Bill 1&2
- Autore: Roberto Lasagna
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Gremese
- Anno di pubblicazione: 2020
Peccato quando sbraca nell’ultra-violenza: Quentin Tarantino sarebbe un regista difficilmente attaccabile, capace con la macchina da presa, bravo sceneggiatore, ottimo dialoghista. Il fatto è che a un certo punto deve metterci per forza la coloritura splatter che fa degenerare i suoi film nell’implausibile (vedi il finale dell’ultimo C’era una volta a Hollywood). Il critico cinematografico Roberto Lasagna, giustifica in questo modo quello che secondo me rimane il punto debole di Tarantino in Kill Bill 1&2 (Gremese, 2020):
“Da un certo punto in avanti, però, le cose cambiano. Si registra (in Tarantino, ndr) un’attrazione emotiva nei confronti della violenza, mostrata senza alcuna valutazione morale […]; e cambia, rispetto alla violenza, la percezione dello spettatore, indotto a concentrarsi più sulle modalità di rappresentazione della violenza che sui suoi contenuti. Quando la violenza diventa ‘celebrativa’ e fa ampia mostra di sé in processi di stilizzazione, come avverrà anche in Kill Bill, ecco che l’attenzione del pubblico si sposta sull’eleganza della forma, anziché sulla sola brutalità dei contenuti”. (pp. 23-24)
Non mi perdevo un film girato da Lucio Fulci: peccato anche per lui. A un certo punto si distraeva dalla trama per concentrarsi esclusivamente sulla messa in scena pornografica dell’orrore. Lucio Fulci è, non a caso, uno dei registi italiani di riferimento di Quentin Tarantino. Insieme a tanti altri artigiani del cinema-bis made in Italy, compreso Sergio Leone che artigiano non era. Piuttosto un autore vero e proprio. Il Kill Bill 1&2 di Roberto Lasagna rientra nella collana “I migliori film della nostra vita” e, in linea con il format deciso per la serie, straripa di foto a colori, sinossi, testimonianze, note filmografiche e bibliografiche complete. Il resto lo fa l’articolata analisi condotta dall’autore, che sminuzza implicito ed esplicito della poetica tarantiniana, come ci si aspetta possa fare una delle penne cinefile più capaci in circolazione.
I due Kill Bill sono, del resto, topici della filosofia cinematografica di Tarantino: meta-citazionisti, muscolari, scattanti, ritmati, trasversali. Due western al femminile in declinazione yakuza. Due storie di sangue e vendetta all’arma bianca (bandite il più possibile le armi da fuoco). Due samurai movie in stile pop, la tuta gialla lorda di sangue dell’implacabile Uma Thurman diventata icona. Ancora con le parole usate da Lasagna per l’incipit del suo saggio:
“Due sono le concezioni di mondo che i film di tarantino sembrano offrire in maniera evidente […] la prima quella di Pulp fiction e Jackie Brown, è realistica insieme esagerata; la seconda, quella di Kill Bill, vede le convenzioni cinematografiche accolte in modo quasi feticistico. Due mondi vicini, che si alimentano l’uno dall’altro e compongono il puzzle di un uomo di cinema che non è un semplice regista ma, fin da ragazzo, un appassionato e onnivoro divoratore di film.” (p. 15)
Un regista forse un tantino sopravvalutato ma senza dubbio apprezzabile, come dimostra la disamina puntualissima di Roberto Lasagna in Kill Bill 1&2.
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