Il racconto dei racconti di Giambattista Basile

Capolavoro di un Barocco ancora troppo sconosciuto, l’opera di Giambattista Basile raccoglie in sé tutto il patrimonio favolistico napoletano oltre che essere un magnifico esempio di letteratura dialettale. E qui si innesta un discorso particolare: il Seicento non è stato un secolo fecondo in campo letterario, ma ha permesso alla letteratura popolare di avere dignità letteraria. "Il racconto dei racconti" è un’opera che riprende la novellistica dei secoli precedenti e le fiabe rurali. Come ogni opera novellistica ha la sua cornice di stampo decameroniano.

Un principe ha una moglie di cui è innamorato, ma la cameriera della donna ha una figlia che vuole sposarlo e perciò accusa la principessa di adulterio. La donna viene condannata a morte, mentre la figlia della cameriera si fa credere principessa. Dieci novellatrici, una più brutta dell’altra, narrano una storia per far desistere il principe dall’uccisione della moglie, sono serve e parlano tutte in dialetto napoletano.
Le favole raccontate sono rozze rispetto a quelle di Perrault, ma hanno un fondo di saggezza che manca a quelle dell’autore francese.
Un esempio è "La Gatta Cenerentola". Cenerentola in questo racconto non è la fanciulla debole, come la conosciamo dalla narrazione novellistica, ma una donna decisa il cui nome è Zezolla, che uccide per i suoi scopi. Gli incantesimi sono magnifici, con un gusto del grottesco tipicamente barocco, per cui anche i nobili nascondono una certa volgarità.

Ne "Il racconto dei racconti" sono presenti personaggi di ogni ceto sociale, ma con una predilezione per i quartieri più poveri dove la gente appare saggia e generosa.
Il linguaggio è semplice, ma le metafore sono di grande impatto visivo, denunciando la letterarietà dell’autore nonostante l’intento popolare.
Consigliatissimo.