La pulce, la cerva e la vecchia scorticata
- Autore: Giambattista Basile
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Donzelli
- Anno di pubblicazione: 2015
Dopo Giovanni Boccaccio, Giambattista Basile è il più grande narratore di storie popolari, di fiabe, della letteratura italiana. Basile scrive “Lo cunto de li cunti” che viene pubblicato postumo nel 1634 in lingua napoletana; Benedetto Croce nel secolo scorso amò e tradusse in italiano la raccolta di fiabe, che noi abbiamo conosciuto soprattutto attraverso la magnifica opera teatrale di Roberto De Simone, “La Gatta Cenerentola”, presentata in prima assoluta al Festival dei due Mondi di Spoleto nel 1976 e divenuta un’opera cult.
Ora il regista Matteo Garrone ha girato un film, appena presentato a Cannes, dal titolo “Il racconto dei racconti”, nel quale mescola tre celebri fiabe tratte dalle cinquanta che Basile aveva messo insieme: Lo polece (La pulce), La cerva fatata, La vecchia scortecata (scorticata).
Donzelli pubblica in occasione dell’uscita del film un libro che contiene la traduzione in italiano moderno delle tre storie, il cui testo originale in napoletano barocco segue in appendice.
La nota editoriale di Bianca Lazzaro, autrice della traduzione, ci spiega con autorevolezza la struttura del testo di Basile, le destinatarie del racconto, che, come le novellatrici del Decameron, sono il pubblico ideale per ascoltare storie meravigliose; sedute per cinque giorni in un giardino, come fanno le vecchie che narrano ai piccoli, le dieci raccontatrici si cimentano nel costruire trame paurose, misteriose, violente, sconcertanti, amorose. Qui sono presenti tre di loro, Popa, Ciommella e Iacova, che fanno precedere le loro fiabe da altrettante “rubriche”, cioè la morale della storia che precede e riassume la vicenda.
Per chi vedrà il film le trame dei tre racconti appaiono mescolate: qui nel volume, dalla splendida immagine di copertina (Vanità, di Cadogan Cowper), La pulce ha per protagonista la giovane Porziella che per una stupida scommessa di suo padre, il re d’Altomonte, viene ceduta in sposa ad un orrido orco, che la rinchiude sotto terra pronto a divorarla. Sarà salvata da una vecchia e dai suoi sette figli che dopo varie avventure riusciranno ad aver ragione dell’orco e a restituire a Porziella la libertà ed una vita felice. Grande errore commette chi cerca “uova di lupo e pettini a troppi denti”, è la morale con cui la fiaba si conclude.
La storia di Fonzo e Canneloro è raccontata da Ciommetella: i due sono nati per magia, uno figlio di re, altro di serva. I ragazzi sono unitissimi ma verranno divisi per l’invidia che la regina prova per la serva e dopo numerose avventure i due si riuniranno, felici e contenti. La lingua usata nel testo, pur nella traduzione italiana, racconta molto dell’espressionismo linguistico dell’originale:
"Non vedde l’ora la mattina che scesse lo Sole – a dare li pinole ‘naurate a lo cielo, per farele vacoare l’ombra."
"Non vide l’ora che al mattino spuntasse il Sole a dare le pillole purgative al cielo per fargli cacare l’ombra", traduce impeccabilmente Bianca Lazzaro.
La terza storia raccontata da Iacova è la più truculenta: due sorelle, vecchie decrepite, grinzose, fetide, irretiscono il re di Roccaforte, che si lascia ingannare dalla voce e riceve al buio di notte nel suo letto una delle sorelle, credendola giovane e bella. Accortosi dell’inganno fa gettare la vecchia brutta e schifosa dalla finestra, ma i capelli arruffati di lei restano impigliati al ramo di un albero… all’alba passano delle fate che ridono di fronte al grottesco spettacolo e decidono di fare ciascuna un incantesimo: la vecchia si tramuta così in una giovane “bella, ricca, nobile, virtuosa, benvoluta e fortunata”, oggetto di invidia soprattutto per la sorella rimasta brutta e vecchia, alla quale chiede ossessivamente il segreto della sua metamorfosi miracolosa.
”Mi sono fatta scorticare, sorella mia.”
E nel tragico finale, la vecchia accetta una sorte terribile mentre piena di sangue declama il proverbio
“Chi bella vuol apparire, grandi pene ha da patire”.
La storia è infarcita di proverbi (Gallina vecchia fa buon brodo), di metafore tratte dal repertorio classico (trovò un’Arpìa al posto di una Ninfa, una Furia al posto di una Grazia, una Gorgone al posto di una Ciprigna), a dimostrazione che l’uso di una lingua popolare non esclude la profonda e sapiente cultura letteraria che permea l’intera raccolta.
Prova ne sia che grandi scrittori europei di fiabe come i fratelli Grimm o Charles Perrault si ispireranno a racconti originali di Basile:
“Il primo raccontatore della fiaba di Cenerentola: per non dire del Gatto con gli stivali, della Bella addormentata, di Raperonzolo e di un intero repertorio di fate, orchi, talismani e stratagemmi di magie”
La pulce, la cerva e la vecchia scorticata. Tre fiabe da Lo cunto de li cunti
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