Il principe
- Autore: Niccolò Machiavelli
Difficile inquadrare “Il Principe” di Niccolò Machiavelli in un preciso e definito ambito. L’opera di Machiavelli oscilla fra la Filosofia, la Storia (ellenica e del periodo in questione), la Politica, la Sociologia e la Letteratura Classica. Del resto, dato l’eclettismo del personaggio e dell’intera epoca in cui vive, non possiamo stupircene tanto. "Il Principe" è un complesso compendio di strategie e considerazioni su come debba essere la figura di colui chiamato a gestire il potere nell’intricata rete politica dell’Italia del XVI secolo. Citando un largo numero di eccelsi esempi del passato ellenico e della storia più vicina al periodo di Machiavelli, quest’ultimo ci espone le sue teorie su come debba destreggiarsi un individuo che ha ottenuto il gravoso compito di gestire uno stato, dando accorgimenti sulla sua gestione economica, sul modo di interagire coi sudditi e i suoi fedeli e su come difenderlo con le armi. Il pessimismo machiavellico delinea, con una dura prosa, un quadro disilluso e cinico della situazione politica del suo tempo nonché dell’animo umano. Machiavelli vive in un’Italia dilaniata dalle guerre fra le diverse città e grandi signorie, in subbuglio dalla morte di Lorenzo il Magnifico il quale, fino al 1492, aveva garantito un periodo di stabilità politica grazie alla pace di Lodi. Alla morte del Magnifico riemergono le rivalità fra i grandi possedimenti veneziani, milanesi e toscani, rivalità sfruttate dallo straniero francese o dalle ingerenze papali, che si intromettono in queste guerre, schierandosi contro il più debole, in un gioco di alleanze, tradimenti e meschinità che non determina però un vincitore definitivo e non fa altro che generare un continuo stallo sulle forze in gioco e il prolungarsi di uno stato infinito di guerra civile nella penisola. Gli animi degli uomini che seguono questi avvenimenti storici e tragici appaiono agli occhi di Machiavelli come infidi, gretti ed opportunisti. Il principe ideale dev’essere quindi un uomo dall’animo nobile, onesto e carismatico, intelligente e integerrimo, ma anche pronto a rinnegare i principi di onestà, moralità e nobiltà di cui lui stesso si fa portatore, senza paura di sporcarsi le mani, di macchiarsi di atrocità e scorrettezze: l’unica cosa che conti è che i programmi politici del principe - purché guardino a un progetto superiore - siano seguiti e realizzati. Ogni cosa deve esser portata a termine nonostante i continui ostacoli che provengono dall’invidia dei potenti vicini, dalle guerre e dall’infedeltà degli uomini. Il personaggio dell’epoca che Machiavelli vede come migliore per questo compito è il duca di Valentino, Cesare Borgia, ben noto per la sua scaltrezza e temerarietà, anche se la sfortuna non gli fu favorevole fino alla fine e lo abbandonò.
La lettura di questo testo non va sottovalutata.
Machiavelli ci offre spunti interessanti di carattere sociologico e politico di grande importanza. Tuttavia, una lettura acritica dei suoi scritti può risultare una facile arma di giustificazione per chi voglia condurre una politica spregiudicata, impudente ed irresponsabile, come si è condotta negli ultimi anni nel nostro paese. Bisogna saper leggere le profonde differenze, ma anche le somiglianza fra l’Italia di oggi e quella di Machiavelli.
L’Italia di quel periodo era un paese attraversato da una violenza inaudita: saccheggi, guerre, tradimenti e avvelenamenti. Una frase come "Il fine giustifica i mezzi", se avulsa dal contesto in cui è nata, non può che apparire come una cinica ed ipocrita affermazione di un politico che in realtà pensi esclusivamente al proprio tornaconto. Un linguaggio simile non può essere applicato in maniera mistificatoria al giorno d’oggi, per non rischiare di generare proprio la situazione odierna, ovvero quella di un’Italia ancora dilaniata da divisioni e meschinità, in eterna attesa di un gruppo di persone con un progetto politico in grado di risollevarla. Il problema è: come possiamo capire quale sia il fine adatto a giustificare certi mezzi?
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Machiavelli è stato un autore male interpretato a scuola. Eì’ stato considerato un genio del male, ma in realtà voleva solo la libertà italiana.