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Recensioni di libri

Il grande male di Georges Simenon

Adelphi, 2015 - Arriva in libreria, con la traduzione di Barbara Bertoni, Il grande male (titolo originale: Le haut mal) di Georges Simenon (Liegi 1903-Losanna 1989), scritto dall’autore belga nell’estate del 1933 a Marsilly nello Charente-Maritime

Alessandra Stoppini
Alessandra Stoppini Pubblicato il 02-07-2015

5

Il grande male

Il grande male

  • Autore: Georges Simenon
  • Casa editrice: Adelphi
  • Anno di pubblicazione: 2015

Per Adelphi oggi 2 luglio in Libreria, con la traduzione di Barbara Bertoni, Il grande male (titolo originale: Le haut mal) di Georges Simenon (Liegi 1903-Losanna 1989), scritto dall’autore belga nell’estate del 1933 a Marsilly nello Charente-Maritime, pubblicato in Francia presso Fayard nello stesso anno.

Francoise Anne-Germaine Pontreau, nata Dubosc, era vedova di un importante mitilicoltore, il quale prima di morire aveva subito un rovescio finanziario. Da allora la donna insieme alle tre figlie, Hermine, Gilberte e Geneviève, la più piccola che lavorava in una libreria di La Rochelle, erano diventate le più povere di Nieul. Sì, le Pontreau erano povere ma non avevano perso la loro dignità, non uscivano mai senza guanti e cappello, anche solo per fare cento metri. “Era un miracolo che Gilberte si fosse sposata” un anno prima con Jean Nalliers, figlio di uno dei fattori più ricchi di Aigrefeuille, il quale gli aveva comperato la Pré-aux-Boeufs, una fattoria isolata, in riva al mare, tra Esnandes e La Pallice. Dalle finestre della cucina della proprietà si vedeva un gran tratto di pianura e, in primo piano, il covone che cresceva a vista d’occhio, la trebbiatrice, i carretti e una ventina di uomini al lavoro. Da quando era iniziata la trebbiatura tutto era andato storto per non parlare del caldo soffocante, infatti fuori l’aria tremolava come infestata da miriadi di mosche. Su tutto e tutti dominava il rombo assordante della trebbiatrice che impregnava su di sé l’intero paesaggio, conferendo alle persone e alle cose il proprio ritmo affannoso, tanto che, “quando si fermava a causa di una candela sporca, tutti rimanevano come in sospeso”. Jean Nalliers, genero della vedova Pontreau, era impegnato anche lui nella trebbiatura e si trovava sopra un covone. Soggetto di frequente a crisi epilettiche, non rasato e dagli occhi stanchi, Jean si riconosceva subito da lontano, non solo perché era l’uomo più magro e più minuto, biondo e con un colorito smorto da malato, ma perché il giovane non ancora trentenne si ostinava a portare delle pantofole di feltro che lo facevano assomigliare più a un convalescente che a un agricoltore. La signora Pontreau, un grembiule ben stirato sotta al quale indossava un vestito di seta nero con una spilla dorata, i capelli grigi divisi in due bande rigide, a fine giornata sarebbe tornata a casa sua a Nieul con la figlia più grande. Si intuiva che anche lì, a casa della figlia e del genero, comandava lei, come del resto ovunque andasse. La vedova Pontreau non alzava mai la voce, non faceva scenate, eppure

“prendeva le redini di una casa con la stessa freddezza con cui un ufficiale si pone alla testa di un battaglione”.

In fondo alla stalla della tenuta c’era una scala che conduceva a una botola, sopra alla botola si trovava un granaio “il granaio vecchio”, pieno dal giorno prima. In questo locale Jean era andato a rifugiarsi quando era stato colpito da un attacco di epilessia. La signora Pointreau “sapeva che era li! Sapeva sempre tutto!”, aveva notato il corpo inerte, quindi con calma aveva trascinato Jean verso la finestrella che dava su quello che veniva chiamato “il cortile dei maiali”. Aveva sollevato di peso il genero e l’aveva spinto nel vuoto, senza guardare. Il corpo del giovane cadendo aveva fatto un rumore sordo. Dopo aver sparpagliato il grano per non lasciare traccia, la vedova Pontreau, senza un capello fuori posto e nemmeno una grinza sul grembiule aveva sceso la scala, attraversato la stalla per poi tuffarsi di nuovo nel caldo dell’orto. Ma qualcuno aveva assistito all’omicidio. “Vedremo se Dio esiste!”.

In questo splendido quanto crudele romanzo di Simenon, il Grande Male si riverbera sotto un sole assassino, nel silenzio colpevole di tutti una donna tirannica commette un omicidio. Quanto mai sinistra e razionale la personalità della signora Pontreau sul cui sfondo appare una società arcaica e contadina nella quale sono le donne a tenere ben stretto in mano lo scettro del comando. “Lasci stare. Posso avere più soldi di lei”.

Il grande male (Biblioteca Adelphi Vol. 637)

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il grande male

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