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Recensioni di libri

Il coraggio del cinghialino di Marco Vichi

Guanda, 2015 - Un’automobile arrancò fino in cima al crinale per poi fermarsi. Un fagotto, scaraventato fuori da una delle portiere dell’autovettura, cominciò a rotolare giù per il pendio come una palla. La sua corsa venne fermata da una grossa pietra ricoperta da uno strato morbido di muschio...

Antonella Stoppini
Antonella Stoppini Pubblicato il 24-11-2015

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Il coraggio del cinghialino

Il coraggio del cinghialino

  • Autore: Marco Vichi
  • Genere: Amanti degli animali
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Guanda
  • Anno di pubblicazione: 2015

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“Il coraggio del cinghialino” (Guanda 2015) di Marco Vichi è la favola per bambini di tutte le età dell’autore del Commissario Bordelli nato nel 1957 a Firenze, corredata dalle illustrazioni di Giancarlo Caligaris.

“Era una notte senza luna, buia come una caverna. Una coltre di nuvole nascondeva le stelle, ma in qualche punto era sfilacciata e lasciava vedere un pigolio di puntini luminosi.”

Marzo stava per finire ma il vento freddo che tirava sulle colline boscose sembrava avvertire che la primavera fosse ancora lontana. Gli animali del bosco drizzarono le orecchie all’udire il rumore di un motore che si avvicinava. Un’automobile arrancò fino in cima al crinale per poi fermarsi. Un fagotto, scaraventato fuori da una delle portiere dell’autovettura, cominciò a rotolare giù per il pendio come una palla. La sua corsa venne fermata da una grossa pietra ricoperta da uno strato morbido di muschio. “Il fagotto peloso” emise un lamento e due occhi spauriti si aprirono nel buio mentre il corpo tremava dal freddo, dalla fame e dalla paura per addormentarsi poco dopo. Sette cinghialetti striati che vivevano nel territorio circostante, si avvicinarono incuriositi, i simpatici fratellini si chiedevano a quale razza di bestia appartenesse il fagotto addormentato. Il più saputo aveva dedotto dal suo aspetto che la bestiola dal pelo ispido era uno di loro, anche se l’animale aveva il “musino quasi tutto bianco”, e dello stesso colore qualche macchia qua e là. I cinghialini l’avevano battezzato Tartufino a causa del suo naso nero; al suo risveglio Tartufino era stato accompagnato in cima alla collina, nei pressi del giaciglio di una cinghiala che stava allattando i suoi piccoli. Tartufino venne allevato dalla cinghiala la quale, anche se aveva notato il suo aspetto un po’ strano,

“con il muso e le zampe bianche e le orecchie che cadevano all’ingiù”

l’aveva cresciuto con amore. Finalmente la primavera era arrivata con la consueta esplosione di nuove piante e fiori ,

“gli uccelli strillavano tra i rami, e ogni animale si agitava di nuova vita”

mentre la differenza d’aspetto di Tartufino rispetto agli altri cinghiali era sempre più palese. I cinghiali avevano capito che Tartufino era un bel cagnolino “dal musetto simpatico con due occhietti pieni di vita” ma l’animale venne accolto ugualmente a “zampe aperte”, allo stesso cagnolino non importava di non essere come la sua famiglia di adozione, per lui l’importante era aver succhiato lo stesso latte. Tartufino/Cagnolino ora che era cresciuto si nutriva dello stesso cibo dei suoi fratelli: ghiande, radici e a volte qualche fungo, gli animali giocavano felici a ricorrersi e a prendersi; a Quinto, il cinghialino al quale il cane si sentiva più affine, Tartufino/Cagnolino aveva confidato la sua pena di non sapere chi fosse stata la sua vera mamma e il motivo per il quale era stato gettato via come un rifiuto. Trascorsa l’estate, con il sole che arroventava le pietre, era giunto settembre e con esso la stagione della caccia. Il cinghiale più grosso e più vecchio aveva radunato il branco per avvisare dell’immediato pericolo. Inoltre, il cinghiale aveva ricordato loro che i cani sono i “nostri peggiori nemici”, perché “vengono a stanarci per spingersi verso i fucili degli uomini”. Il branco impaurito si divideva tra coloro che volevano cacciare Tartufino/Cagnolino e quelli che dicevano che doveva rimanere. Il cagnolino umiliato non aspettò il verdetto e, oppresso dalla colpa di essere un cane, scappò via uggiolando.
L’autore, con questa delicata fiaba, illustra ai piccoli lettori che pur nella diversità la convivenza è possibile; in un bosco, che immaginiamo si trovi nel bell’Appennino Toscano tra querce e castagni, animato da buffi animali parlanti come il gufo Fagotto e il rospo Zaccaria, un cagnolino agisce con coraggio per non tradire la fiducia di chi l’ha aiutato. Chissà se il commissario Bordelli, nella sua prossima indagine avrà occasione di incontrare Tartufino nei boschi vicino la propria abitazione e riconoscerlo dalla sua codina arricciata.

“Si sentiva felice e si sentiva triste, e anche quella guerra di emozioni era piacevole e dolorosa al tempo stesso.”

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il coraggio del cinghialino

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