I misteri del Grand-Saint-Georges e altri racconti di Georges Simenon

I misteri del Grand-Saint-Georges e altri racconti (Adelphi 2023, traduzione di Marina Di Leo, Laura Frausin Guarino e Ena Marchi ), contiene una raccolta di racconti di Georges Simenon (Liegi 1903 - Losanna 1989).
In questo volume, appena edito da Adelphi, sono presenti tre racconti:

• I misteri del Grand-Saint-Georges, Les Mystères du Grand-Saint-Georges, composto a La Rochelle nel 1938, ambientato nei paesaggi nevosi della Lituania.
• Il ristorantino di place des Ternes, Le Petit restaurant des Ternes Conte de Noël pour grandes personnes. Bénis soient les humbles (1947), risalente al soggiorno di Simenon in Florida, prezioso racconto di Natale per adulti.
• Il piccolo sarto e il cappellaio, Le Petit tailleur et le chapelier (1947), prima versione di una storia riscritta tre volte: la seconda, e successiva di un anno, “Benedetti gli umili”, che ottenne nel 1949 il premio dell’“Ellery Queen’s Mystery Magazine”, offre un diverso epilogo, come si potrà notare leggendone, in Appendice del testo, l’ultimo capitolo. L’ultima, e più corposa versione, è il bellissimo romanzo I fantasmi del cappellaio (1949).

Tra il 1929 e il 1962 il grande autore belga scrisse ben 178 racconti, che rivelano come del resto anche i suoi romanzi, la sua mente fervida, curiosa, piena di idee originali e geniali. Racconti tragici, tragicomici, drammatici, brillanti, specchio della vita che Simenon ha vissuto senza risparmiarsi, pensiamo al suo rapporto con le donne. Pochi scrittori, come Georges Simenon, sanno creare un’atmosfera con un solo aggettivo, catturando l’attenzione del lettore, che si perde letteralmente nella narrazione, con una fine che stupisce sempre.
Con il sublime Simenon, infatti, non ci si annoia mai e la prova è la lettura di questi tre racconti, diversi tra loro, con un denominatore comune: sono tutti imperdibili.

“I misteri del Grand-Saint-Georges” di Simenon

In seguito avrebbe addirittura affermato che, scorgendo lo straniero, si era fatto d’impulso il segno della croce, ma erano tutti così i suoi racconti: con il tempo si arricchivano di dettagli alquanto dubbi.

Mancava poco al Natale, meno di una settimana, perché tutte le vetrine erano ornate di presepi. Uno spesso strato di neve indurita ricopriva le strade da circa un mese e ormai le macchine avevano ceduto il posto alle slitte.
Quella di Schultz, trainata da una vecchia giumenta spelacchiata, sostava davanti alla stazione, perché il vetturino preferiva lavorare con gli sporadici stranieri di passaggio, piuttosto che con la gente del posto. Erano le quattro e mezzo del pomeriggio e stava arrivando il treno da Varsavia, che ferma a Vilnius alle quattro e trentasette. All’arrivo del treno Schultz aveva notato subito che c’era un passeggero di prima classe ed era corso a offrirgli i suoi servigi. Il viaggiatore stava aprendo la portiera della carrozza e aveva già quel suo strano sguardo che costringeva la gente ad abbassare gli occhi davanti a lui. Nessun dubbio che fosse uno straniero, si capiva dal modo di vestire e dalle numerose etichette internazionali incollate sui suoi bagagli. Doveva anche essere ricco, perché portava un cappotto foderato di vero ermellino e aveva al dito un anello con un grosso diamante giallo.
Lo straniero, che parlava polacco, aveva chiesto a Schultz di essere condotto al Grand-Saint-Georges, il migliore albergo di Vilnius, in Lituania. Qui, lo straniero aveva scelto una suite, firmando il registro dell’albergo con il nome di Ted Moran, proveniente da San Francisco.
Il paesaggio nevoso e ghiacciato della Lituania, la cui sola descrizione dà i brividi, fa da perfetto scenario per una storia di vendette e omicidi, in puro stile Simenon.

Era fatto così, quel Moran: non si capiva se vedeva o no, se sentiva o no. Si comportava come se ci fosse solo lui al mondo, padrone assoluto di tutto.