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Recensioni di libri

Follia per sette clan di Philip K. Dick

Nel 1964 Dick scrive Follia per sette clan.
La storia parte da un pianeta lontano Alfa III e dalla terra. E ovviamente nel nostro globo la realtà accade negli Stati Uniti.

Roberto Matteucci
Roberto Matteucci Pubblicato il 21-02-2013

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Follia per sette clan

Follia per sette clan

  • Autore: Philip K. Dick
  • Genere: Fantascienza

“[…] la normalità […] non esiste o è il prodotto di una follia ancora più devastante e maligna […]” (Pag. 11)

Philip K. Dick è scrittore di grande respiro. Autore prolifico come pochi, nei suoi romanzi ci sono delle immense simboli sulle difficoltà del vivere.
Per arricchire la metafora con efficacia, Dick allestisce i suoi palcoscenici letterali sempre in un ipotetico e lontano futuro.
Quando si termina la lettura, il primo pensiero è affermare, senza esitazione, quanto attuale sia il futuro. L’assioma è obbligatorio. Il futuro è già fra noi.

Nel 1964 Dick scrive Follia per sette clan.
La storia parte da un pianeta lontano Alfa III e dalla terra. E ovviamente nel nostro globo la realtà accade negli Stati Uniti.

Alfa III è divisa in sette gruppi di persone in base alle loro malattie e vezzi mentali. I nomi delle loro città sono simbolici: Adolfville, Gandhitown.

Ma se su Alfa III sono tutti pazzi (“una novella nave dei folli” scrive Oriana Palusci a pagina 244 nella sua postfazione), anche sulla terra non se la passano così bene: “In cosa differirebbe dalla nostra società sulla Terra?” (Pag. 100)
Chuck Rittersdorf è sposato con Mary una moglie aggressiva, spietata e superba.
La loro relazione è cessata, e ora si confrontano in una guerra di comportamenti con una distruzione totale della mente dei due sposi.

Il loro viaggio su Alfa III li costringerà a riposizionarsi, scatenando l’ultimo residuo baluardo di difesa della loro sanità mentale.
La navigazione verso il pianeta è una costruzione umana e psicologica dei personaggi, affrontati fra tanti temi attuali e linguistici.

La psichiatria stava avendo la sua apoteosi. Tutti gli uomini erano catalogati, riconosciuti in base alle loro schizofrenie e psicosi. Negli stessi anni stava nascendo una concezione antipsichiatria. Una corrente importante anche in Italia con Franco Basaglia cui si deve l’abolizione dei manicomi.
Philiph K. Dick parteggia apertamente per questa corrente, perché nell’orgia di pazzie di Alfa III riesce letterariamente a liberare dei concetti aperti:

• “Si chiese se si sarebbero spinti fino al punto di bombardare con le bombe H la colonia dei Mani… in nome della psicoterapia.” (Pag. 176)

• “Se c’è una cosa che la psichiatria contemporanea ha dimostrato, è questa. Il mero fatto di sapere che sei pazzo non ti farà guarire, non più di quanto sapere che hai un difetto cardiaco faccia improvvisamente guarire il cuore.” (Pag. 232)

• “Sai, pensavo di essere… del tutto diversa dai miei pazienti. Loro erano malati e io no, Adesso… “ “Non c’è poi tanta differenza”. (Pag. 238)

L’attenzione alla follia e alla procedura per eliminarla è la fonte primaria della sua scrittura in Follia per sette clan. Come fanno a essere malati di mente se non lo sanno?

Il romanzo libera altre forme di demenza.
Sicuramente l’ossessione dell’accerchiamento comunista e il senso di assedio subito dagli Stati Uniti, tanto che si parla del confine con un “Canada rosso” (Pag. 107).
La paura dell’isolamento è senz’altro una mania alienante.
Non manca poi un tentativo di spiritualizzare in maniera fantascientifica anche la follia.
Abbiamo perciò un “ […] un triumvirato di santi psicotici ebefrenici” (Pag. 200) i quali si arrogano la possibilità di salvare un mondo sconvolto.
Esiste un popolo eletto e per Dick su Alfa III sono gli sporchi puzzolenti e umili lavoratori Eb.
La motivazione è semplice e biblica:

“L’uomo semplice con la ramazza, che è più vicino a Dio di chiunque altro di noi.” (Pag. 27)

“Perché gli Eb avevano trovato la Via della Purezza, avevano eliminato tutto ciò che non era necessario.” (Pag. 87)

Lo stile linguistico di Dick appare evidente. Le sue frasi sono delle attente manutenzioni di scritti, testi, sottoposti a una revisione stilistica con il contrappunto di un’esagerazione iperbolica. Quando descrive I Mani, il gruppo di combattenti e guerrieri, sfrutta la famosa frase di Goebbels:

“Perché sono rozze truppe d’assalto barbariche e brutali, gente che non si lava, che mette mano alla pistola quanto sente la parola ‘cultura’.” (Pag. 25)

Riesce così a delineare l’atavica paura tirannica degli americani.
Il timore è, che da una mancanza di controllo e attenzione, possa nascere una tirannia :

“[---] abbiamo la sensazione che non ci sia niente di più esplosivo di una società in cui comandano degli psicotici, una società di cui sono loro a definire i valori, controllano i mezzi di comunicazione. Ne può venir fuori qualunque cosa… un nuovo, fanatico culto religioso, un concetto paranoico di stato nazionalistico, una distruttività barbarica di tipo maniacale…” (Pag. 49)

In quest’ultima frase nelle parole chiave ritornano i temi fondamentali già analizzati.
Usa Psicotici secondo la concezione della psichiatria dominante.
Controllano i mezzi di comunicazione – la paura di essere incapaci, di avere scarsa attenzione a causa dell’assedio cui sono assoggettati.
Può nascere un nuovo fanatico culto religioso – una spiritualità new age senza fondamento culturale e un concetto paranoico di stato nazionalistico – una dittatura di natura nazista.
È il suo modo di scrivere. Sempre Oriana Palusci nella postfazione: “la fantascienza si nutre di invenzioni linguistiche” (Pag. 244), io aggiungere altresì di un’indigestione di maiuscole.

Follia per sette clan

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Follia per sette clan

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