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Recensioni di libri

Ferito a morte di Raffaele La Capria

Una trama che si infittisce nell’intreccio dei sentimenti dell’animo umano e dei suoi contrasti, che in prima e terza persona alterna la spensieratezza dei comportamenti ad una profonda malinconia nella riflessione e nell’impotenza del protagonista. Un libro splendido e di una straordinaria attualità.

Teresa D'Aniello
Teresa D’Aniello Pubblicato il 21-07-2014

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Ferito a morte

Ferito a morte

  • Autore: Raffaele La Capria
  • Categoria: Narrativa Italiana

Con Ferito a morte, Raffaele La Capria vinse nel 1961 il Premio Strega, che gli conferì notorietà e lo pose alla ribalta tra i più talentuosi scrittori del momento. Di lì a pochi anni collaborerà con l’amico Francesco Rosi alla sceneggiatura dell’indimenticabile film Le mani sulla città e, nel corso degli anni, ad altri film di successo del regista napoletano.

Ferito a morte è considerato un romanzo capolavoro ancora oggi e Raffaele La Capria uno dei maggiori scrittori viventi italiani. Nato a Napoli, dopo essersi laureato in Giurisprudenza, lascerà la propria città, come farà il protagonista del romanzo, e vivrà alcuni anni all’estero: Francia, Inghilterra, Stati Uniti per poi stabilirsi a Roma.

La storia di Ferito a morte ha inizio con Massimo, il nostro protagonista, un giovane borghese che è in partenza per andare a vivere a Roma. Sono gli anni difficili post guerra, in una Napoli ancora piena di macerie dopo la fine del conflitto mondiale, con al comando della città il discusso imprenditore Achille Lauro. La città sembra aver cambiato i suoi umori e non sarà facile per Massimo adeguarsi. Nelle ore che precedono la sua partenza, in una mattina d’estate, di una bella giornata, con la luce del sole che penetra nella sua stanza, Massimo rivive gli anni trascorsi nella sua città, con gli amici di sempre, la sua gioventù come quella di un giovane rampollo fra gite in barca a Capri e al Circolo Nautico per l’ora dell’aperitivo, e i momenti più felici con Carla, la donna che ama e che non lo seguirà.

“La vita è ciò che ci accade mentre ci occupiamo di altro.“

Anni vissuti fra la spensieratezza d’animo e l’insoddisfazione e, nel tempo che si svolgeva, la sua vita trascorreva inesorabilmente fra l’ozio e la noia. È l’ora delle decisioni e delle responsabilità, la scelta di realizzare i propri sogni è un dilemma che non lo abbandona. La Grande Occasione è finita, così la definisce l’autore con una metafora che ben descrive la vita di Massimo fino ad allora (una bella giornata). La sua giovinezza e i suoi ideali sono state occasioni mancate ed ora sono il disincanto e la disillusione ad avere il sopravvento nel cuore del nostro protagonista.

La Foresta Vergine (Napoli) affonda nelle sabbie mobili ed è la tua città che ti ferisce a morte. Dover partire perché non si sente più di appartenere alla propria città per quanto la si possa amare.“

Viviamo in una città che ti ferisce a morte o t’addormenta, o tutte e due le cose.”

La Napoli ottocentesca e del primo Novecento che con il suo splendore richiamava viaggiatori da tutta Europa, e con la magnificenza delle sue ville e della collina di Posillipo che si rispecchiava nel golfo aveva fatto innamorare artisti e letterati, sembra ormai essere solo un ricordo amaro per Massimo. Napoli non risplenderà più.

"Napoli è proprietà privata di appaltatori, esportatori e armatori, Lauro ha insegnato, ma oggi gli allievi hanno superato il maestro."

Troppi sono gli interessi e di diversa natura che perdurano fra le strade e i vicoli della città. La ripresa economica inizia a decollare, la città più che romantica sembra aver indossato una veste affaristica che la rende oscura e tenebrosa. Saranno gli anni dell’abusivismo edilizio, degli affari illeciti e dell’inizio del degrado della città.

“L’euforia del boom ha raggiunto con un certo ritardo anche Napoli. Gli architetti fanno quello che possono, si mangiano il fegato ogni giorno, tutti mobilitati per evitare che una fontana venga trasferita nel posto sbagliato, per salvare una chiesa o un portale dalla distruzione, per far rispettare il piano regolatore, la legge, ma come si fa? Volti le spalle e già è nato un palazzo bruttissimo che rovina il paesaggio, le case nascono come la vegetazione tropicale… Posillipo non è più verde, case da ogni parte. Alle spalle del palazzo, in alto, una lunga fila di costruzioni tutte uguali che si contendono la vista del mare, spacca a mezza costa la collina. Nuove case per nuovi ricchi. Chi ha fatto i soldi pretende di essere edificato dalla sua porzione di panorama…“

Una trama che si infittisce nell’intreccio dei sentimenti dell’animo umano e dei suoi contrasti, che in prima e terza persona alterna la spensieratezza dei comportamenti ad una profonda malinconia nella riflessione e nell’impotenza del protagonista.

Un libro splendido e di una straordinaria attualità. Il disincanto per l’amara realtà diventa uno dei temi centrali del romanzo come quando dopo alcuni anni dalla partenza per Roma, Massimo, divenuto ormai un professionista, si domanderà se nella sua città sia passata davvero la storia del mondo, come voleva fargli credere con i suoi scritti Benedetto Croce. La risposta è quella di La Capria, che insieme ad altri intellettuali napoletani come Francesco Rosi e Patroni Griffi andò via da Napoli:

“No, la storia del mondo scorreva altrove, dove si poteva vedere ogni luce di speranza e d’intelligenza che spunta sulla faccia della terra, quelle luci che da Napoli si vedono così male.“

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Ferito a morte

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