Nell’ottobre del 2013 lo scrittore Raffaele La Capria pubblicava sul quotidiano “Il Foglio” una memorabile Lettera al lettore che iniziava così: “Caro lettore italiano”. I toni iniziali erano pacati, giudiziosi, quasi remissivi, ma procedendo nella sua dissertazione lo scrittore si inalberava e non mancavano le accuse, spesso formulate in maniera piuttosto accesa con domande quasi diffamatorie: “Ma non ti vergogni?”
Quelle al fulmicotone di La Capria sono parole che ancora oggi, in tempi critici per l’editoria, fanno riflettere sul rapporto con la lettura nel nostro Paese.
Raffaele La Capria, nato il 3 ottobre 1922, all’età di novantun anni compiuti annuncia di non voler più scrivere. Non c’è nulla di strano in questo, una pensione più che meritata; anzi stupisce la consapevolezza e la lucidità di pensiero data l’età avanzata.
Non è certo strano, dicevamo, che uno scrittore affermi di non voler più scrivere; sono noti e anche discussi, nel modo letterario, gli annunci enfatici di autori titanici della narrativa contemporanea, quali il leggendario Philip Roth che, nel 2012, dopo una vita dedicata interamente alla letteratura affermò di “non voler più leggere e non voler più scrivere”. Alla soglia degli ottant’anni Roth diceva solennemente “basta”, che Nemesi sarebbe stato il suo ultimo libro. Lo stesso fece, all’età di 81 anni, la premio Nobel Alice Munro quando affermò: “Alla mia età non vuoi più essere sola come uno scrittore deve essere”, appendendo senza indugi la penna al chiodo.
In quest’ordine di cose, dunque, la decisione di Raffaele La Capria quando, nel lontano 2013 comunicava di “voler smettere di scrivere”, non appariva affatto sorprendente al pubblico; anzi, in fondo l’aveva persino detto con un certo ritardo, dimostrandosi persino più resistente di Roth che, al confronto, con i suoi ben dieci anni di meno, appariva un giovincello. Il vero nodo del suo discorso, in realtà, era un altro: l’addio alla scrittura di Raffaele La Capria era una aperta polemica - anche ironica, non certo da intendersi in senso dispregiativo - con il lettore italiano.
Conforta tuttavia sapere che, a novant’anni, La Capria avesse ancora voglia di polemizzare ferocemente, perché la sua lettera - da questo punto di vista - non appare come un addio, ma come la volontà di mantenere, a tutti i costi, la letteratura viva, riaffermando il valore intrinseco della lettura. In quel suo animoso, in apparenza recriminatorio: “Vergognati! Impara a leggere!” non è racchiuso un insulto, ma la precisa volontà di risvegliare una coscienza, di rianimare il lettore vero che giace nel profondo di ciascuno. Perché i libri, questo ribadisce La Capria, tra le righe, nella sua acuta dissertazione, non sono morti né tantomeno volatili, i libri sono parte integrante del nostro essere umani, del nostro sviluppo intellettivo.
Il suo polemizzare è, in realtà, un esortare: ricorda il rimprovero rivolto dal maestro all’allievo, un rimbrotto che nasconde una supplica.
Cerca di evolverti! Fai qualche sforzo!
La lettera al Lettore di Raffaele La Capria: una polemica ancora aperta
A chi si rivolgeva La Capria nella sua lettera? Al “lettore medio”, senza dubbio, al lettore italiano popolare, che pretende un “linguaggio semplice e accessibile a chiunque”, eppure poi non legge. L’addio di La Capria alla scrittura è condito da un piglio battagliero e anche da un certo sarcasmo audace che mira dritto al punto: non è un semplice saluto, un inchino prima di congedarsi dalla scena ad applausi finiti, no, quello di La Capria è un atto d’accusa al popolino illetterato, all’Italia che si professa colta ma i libri poi si limita a sfogliarli e non li legge davvero; magari non li legge, però li discute, non li legge, ma afferma il sacrosanto diritto di giudicarli.
A questa Italia, Raffaele La Capria recriminava - dopo una vita intera spesa con penna e calamaio - di non aver mai davvero letto né tantomeno compreso i suoi libri.
Degli oltre venti titoli che aveva scritto, affermava polemicamente l’autore, solo Ferito a morte, ritenuto il suo capolavoro, Premio Strega nel 1961, aveva venduto in maniera davvero gratificante, almeno un qualche centinaio di migliaia di copie.
L’attualità della Lettera al lettore di Raffaele La Capria
La lettera al lettore di Raffaele La Capria è stata pubblicata oltre dieci anni fa, eppure ripropone un tema molto attuale e scottante, soprattutto oggi in cui le polemiche sulle vendite dei libri sono all’ordine del giorno e il numero dei libri venduti viene sbandierato dalle testate giornalistiche e messo nero su bianco.
Gli scrittori stessi appaiono così alla mercé della folla, messi alla berlina con il loro nome accanto al numero di copie vendute come in una classifica tesa a quantificarne - in maniera errata - talento e bravura. Spesso infatti si tratta di una cifra irrisoria e imbarazzante che svilisce la qualità dell’opera.
Le statistiche recenti dichiarano che tra i libri pubblicati nel 2022 nemmeno 35mila hanno raggiunto le dieci copie vendute: un dato assai grave.
La quantità, certo, non corrisponde alla qualità: questo oggi lamentano molti autori, polemizzando con il meccanismo tritacarne di un’editoria che chiede di produrre un sovrannumero di copie, un eccesso di titoli, pur sapendo di non avere adeguato tempo e spazio per promuoverli tutti o dedicare a ciascuno l’attenzione che merita. Siamo sommersi da un “diluvio di carta stampata”, eppure brancoliamo nel buio, perché non c’è più dedizione alla vera letteratura o, comunque, a una certa idea di letteratura, a un sano “culto dei libri”.
Gli stessi scrittori, oggi, rischiano di diventare esseri mitologici, proprio perché tutti scrivono e, di conseguenza, non esistono più “scrittori veri” o, perlomeno, intesi nel senso più intellettuale del termine.
Stiamo assistendo a una progressiva svalutazione della cultura umanistica e anche del sapere letterario: a tal proposito La Capria lanciava profeticamente l’allarme circa una decina di anni fa e lo faceva, a sorpresa, con una rinuncia, venendo meno alla vocazione di una vita, quella di “scrittore”. Ma uno scrittore può davvero smettere di essere tale?
Dopo questa doverosa premessa riportiamo ora per intero il testo della lettera al lettore di Raffaele La Capria. Da notare il tono: inizia con “per favore” e si conclude con un categorico “addio” che, però, appare venato di minaccia.
In sostanza, La Capria diceva un addio indignato a un pubblico che non aveva saputo capirlo. Ci auguriamo che ora, due anni dopo la scomparsa dello scrittore, quel pubblico si sia ricreduto e abbia avuto l’opportunità di scoprire - o riscoprire - l’opera letteraria di Raffaele La Capria, che si è spento pochi mesi prima del suo centenario dopo una vita vissuta con “curiosità e meraviglia”.
“Caro lettore italiano”: la lettera di Raffaele La Capria
Vorrei, per favore, trasmettere questa lettera al lettore italiano.
Caro lettore italiano, io e te, per la maggior parte del tempo della mia vita, non ci siamo intesi. Ho scritto almeno una ventina di libri buoni, secondo me, e uno solo, Ferito a morte, ha venduto in modo soddisfacente, qualche centinaio di migliaia. E gli altri?
Le copie vendute degli altri miei libri sono per me in gran parte deludenti, poche migliaia o meno. Non ti vergogni? Ti pare bello trattarmi in questo modo dopo tutta la fatica che ho speso per scrivere i miei libri in un linguaggio semplice e accessibile a chiunque, dunque anche a te? E ti pare bella la lista delle tue preferenze, quella dei libri più venduti, che – scusa se te lo dico con franchezza – sembra un documento della tua insipienza? Cerca di evolverti! Fai qualche sforzo! Certi libri che basta leggerne due righe per capire che non valgono niente, tu li compri a centinaia di migliaia e in certi casi raggiungi il milione. Vergognati! Impara a leggere! Se penso a quanto tempo ho impiegato per scegliere la parola giusta, l’aggettivo giusto, il periodo giusto, a tutto il tempo impiegato per crearmi uno stile mio, riconoscibile, e tutto per chi?
Per uno come te, che di queste cose non capisce niente. Sai che ti dico? A novant’anni mi ritiro, non vale la pena, il mio diventa un mestiere stupido con lettori come te.
Non ti sei accorto come sono belli e interessanti i miei venti libri che ho scritto in questi novant’anni, perciò ho deciso – un po’ tardi, lo so – che non scriverò più.
Ho chiuso con quest’ultimi due libri: Novant’anni di impazienza (ed. minimum fax) e Umori e malumori (ed. Nottetempo), appena usciti, che per punizione e giusta riparazione dovresti affrettarti a leggere. Addio.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Caro lettore italiano”: la lettera al lettore di Raffaele La Capria
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