La neve del Vesuvio
- Autore: Raffaele La Capria
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
Con “La neve del Vesuvio”, Raffaele La Capria ci introduce in quello che per sua stessa affermazione è il romanzo più autobiografico che abbia mai scritto.
Il lettore, dunque, assiste alla scoperta del sé e del mondo che sta intorno a questo sé, che è quello del piccolo protagonista Tonino, durante i suoi primi anni di vita.
La storia si colloca intorno agli anni Venti del Novecento ed è piacevole non soltanto calarsi nei panni di un bimbo che inizia a confrontarsi con le sue prime scoperte, ma anche fare un salto indietro e dare un’occhiata ad un periodo storico che non esiste più e che - per chi come me è nato negli anni Ottanta dello stesso secolo - fa parte dell’affascinante repertorio dei racconti dei nostri nonni.
L’agilità del libro sta nel fatto che esso è concepito sotto forma di capitoletti autoconclusivi che, tuttavia, solo se messi insieme danno la giusta forma al romanzo e possono essere compresi nel loro significato più intimo. Ogni episodio, infatti, è legato cronologicamente al successivo e dà al lettore il senso di crescita e sviluppo di Tonino.
Anche il linguaggio, capitolo dopo capitolo, si adegua al cambiamento d’età e di consapevolezza del piccolo protagonista. La scelta stilistica dell’autore, dal punto di vista della narrazione, è delicatissima e perfetta, tratteggia dei veri e propri quadri all’interno dei quali proietta il lettore facendolo sentire fisicamente dentro la storia.
Scrittore a mio avviso sublime, La Capria è in grado di trasformare un romanzo in pura grazia, riempiendolo d’importanti insegnamenti di vita. Per fare qualche esempio: la prima volta che Tonino perde il suo tanto desiderato palloncino rosso, afferrando così la caducità delle cose, o quando, assorbendo profondamente il mondo in cui è avvolto, si immedesima nell’albero di mele della casa di campagna:
“… Allora aveva abbandonato la finzione ed era ritornato ad essere Tonino per dire all’albero ora io ti conosco e so come sei fatto che sai solo dare senza chiedere nulla per i tuoi fiori bianchi e così delicati e per le mele che cadono a profusione e che nessuno raccoglie…”
O ancora, quando inizia a identificare la madre e il padre come esseri indipendenti dal suo io, con problemi che fanno parte di un mondo adulto che lui non può raggiungere, a cui però attribuisce, e giustamente, un cambiamento comportamentale in grado di portare scompiglio anche nella sua serenità di bambino. Oppure di nuovo, quando capisce, nel capitolo finale, che è anche quello che dà il titolo al libro, che i conflitti dei grandi – siamo nel 1939, alla vigilia dello scoppio della seconda guerra mondiale – si riflettono anche sui più piccoli, ed egli perderà l’amicizia dei suoi compagni di gioco inglesi, sparita così, in un momento, come la neve che dalla cima del Vesuvio si scioglie al sole.
Un romanzo che è un gioiello, per la scrittura superba dello scrittore napoletano e per la bellezza e le emozioni vivide che egli riesce ad infondere, attraverso le parole, nella mente di chi legge.
Penso che una frase importante per capire quanto lo scrittore abbia tentato di fare sia questa:
“E se scrivo: Il canarino volò sulla sua spalla – cosa vale questa frase se non si sente dentro il batticuore che ho sentito io? E come devo scriverla per farlo sentire?”
Ecco, Raffaele La Capria riesce a far sentire la vita che scorre dentro le parole.
La neve del Vesuvio
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