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Recensioni di libri

Diari di guerra delle SS di Carlo Fruttero, Franco Lucentini

Edizioni Pgreco, 2014 - I rapporti di servizio delle SS nel nord della Russia nel corso della Seconda guerra mondiale. Repressione contro i partigiani e massacri di ebrei: una gelida, impassibile, confessione firmata.

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 06-05-2019
Diari di guerra delle SS

Diari di guerra delle SS

  • Autore: Carlo Fruttero Franco Lucentini
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Saggistica
  • Anno di pubblicazione: 2014

Fucilare partigiani in Russia, al confine con la Lituania, impiccare comunisti, eliminare ebrei, “trasferire” donne e bambini (vedremo cosa significa). È impressionante apprendere con quanta naturalezza uomini normali, sebbene in divisa con le rune sul bavero, potessero compiere azioni mostruose senza distinguere tra giusto e sbagliato.
“Diari di guerra delle SS” non è un testo di narrativa e nemmeno solo un saggio: è un documento storico agghiacciante nel suo pur burocratico contenuto. Dal 2014 è di nuovo in circolazione in Italia, pubblicato dalle Edizioni Pgreco di Milano (219 pagine più 8 fuori testo con immagini in bianco nero, 16 euro). Riproduce diari di reparto, relazioni di servizio che in termini asettici riassumono episodi che grondano sangue. Sebbene non si sentano urlare le vittime, l’orrore è tra le righe in questi rapporti schematici di furieri degli Stabkommando SS, alle dipendenze del Reichsfuhrer Himmler. Non si odono pianti, lamenti di torturati, raffiche di mitra, non si vede gente terrorizzata, annichilita dalla consapevolezza di morire. Il “male” è in quello che raccontano, con tono formale, da ordinaria pratica sbrigata.

La firma dei curatori Carlo Fruttero e Franco Lucentini farebbe pensare a un testo di fantascienza o comunque a un prodotto di fantasia. Si tratta invece di atti assolutamente autentici. Sono i rapporti operativi di alcuni raggruppamenti di SS schierati dal Comando centrale nelle retrovie del fronte orientale baltico, per agire contro i partigiani, i soldati dispersi e la popolazione ostile, sperimentando soluzioni adeguate, dove “soluzioni” sta evidentemente per “eliminazioni”. Coprono un periodo dal 16 giugno 1941 al 26 novembre 1942, sono verbali redatti in modo impersonale dai compilatori, con la contabilità pignola dell’intervento eseguito: quanti uccisi, quanti prigionieri, armi e materiali sequestrati, eventuali perdite subite. Costituiscono una testimonianza degli eccidi nazisti nel territorio, fin da qualche giorno prima del via all’Operazione Barbarossa, la campagna di Russia, che sfondò le linee sovietiche aggredite dalle colonne corazzate.
Il libro-documento è apparso per la prima volta per i tipi di un editore viennese nel 1965. In Italia è uscito in prima edizione nel 1969, annunciato come il rapporto delle operazioni delle migliaia di professionisti della morte che agivano sul fronte orientale, “una gelida, impassibile, allucinante, confessione firmata”.
Quello che sorprende è che invece di essere distrutti come prove scottanti di un genocidio, quegli atti siano stati conservati gelosamente dai rispettivi reparti e ritrovati negli anni ‘60 in Cecoslovacchia, nel Lago Nero, dove le SS in ritirata dal fronte russo avevano cercato di conservarli in luoghi sicuri.

Perché non distruggere materiale compromettente? La ragione è che sembrava una condotta legittima agli occhi degli esecutori di uno sterminio attuato con teutonica sistematicità. Ufficiali, sottufficiali e soldati dell’Ordine Nero erano convinti di operare in esecuzione degli ordini ricevuti e secondo ragione, ritenevano i comportamenti adottati del tutto rispondenti alle convenzioni belliche internazionali, eccidi compresi.
Attraverso i diari, a prescindere dalla volontà dei burocratici estensori dei rapporti, si comprende la logica semplicistica degli interventi di repressione e contemporaneamente di soppressione. La prima riguardava i partigiani, i franchi tiratori, i combattenti in abiti civili. La seconda eliminava i commissari politici comunisti, un piccolo numero di zingari e soprattutto gli ebrei, questi solo perché di religione israelita e come tali da sterminare.
Il 24 agosto 1941, infatti, la I Brigata SS annota:

niente di notevole da segnalare. Ricognizioni in direzione nord e nord-est. 85 prigionieri. Fucilazione di 283 ebrei.

Venti giorni appresso, la I Brigata motociclisti registra:

giustiziati 722 ebrei, 13 partigiani… sino al 15 settembre, 15 prigionieri, 7 partigiani e 437 ebrei fucilati.

Le modalità del “trasferimento” di donne e bambini diventano chiare nella risposta ad un ordine del Comando, firmato da Himmler, relativo al trattamento della popolazione. Il Gruppo Squadroni a cavallo relaziona che nelle paludi del Pripjet, a fine luglio 1941, il “sistema” di spingere donne e bambini verso gli specchi melmosi “non aveva avuto il successo che ci si poteva attendere”. A un metro di profondità s’incontravano fondali solidi, che non consentivano “l’affondamento”.
Si dovette fare ricorso a dispendiosi mitragliamenti e gravare sul traffico ferroviario verso i campi di sterminio. Risulta utile al proposito lo scavo di grandi fosse, anche in vista dell’arrivo di convogli di ebrei.
Sono i passaggi più freddi e agghiaccianti di questi banali brogliacci, documenti dal vero dell’orrore.

Diari di guerra delle SS.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Diari di guerra delle SS

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