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Recensioni di libri

Zhuangzi di a cura di Leonardo Vittorio Arena

Gli scritti di un antico maestro cinese, nato nel IV secolo a.C. Amati da Herman Hesse, sono stati pubblicati in svariate edizioni nel corso dei secoli e sono, secondo Leonardo Vittorio Arena, uno dei vertici della letteratura mondiale.

Graziella Atzori Pubblicato il 20-04-2022
Zhuangzi

Zhuangzi

  • Autore: a cura di Leonardo Vittorio Arena
  • Genere: Filosofia e Sociologia
  • Categoria: Saggistica
  • Casa editrice: BUR

Zhuangzi (Bur Rizzoli, 2008, a cura del sinologo Leonardo Vittorio Arena; pp. 445) è sia il titolo del libro sia il nome del suo autore. Uno dei libri più amati da Hermann Hesse, secondo il curatore si colloca "ai vertici della letteratura mondiale, non solo della filosofia cinese in cui gioca un ruolo determinante". Ed effettivamente affascina con i suoi trentatré capitoli scritti in modo raffinato e brillante.

Non conoscendo la lingua originale, non possiamo pienamente apprezzare la ricchezza e le sfumature del linguaggio; riusciamo però a cogliere i capisaldi di una visione del mondo differente dalla nostra occidentale. La nostra, infatti, è basata soprattutto sul principio aristotelico di non contraddizione: se qualcosa è A non può essere contemporaneamente anche B. Nel taoismo invece è il paradosso a segnare la mentalità duttile, pronta ad acquisire la dualità e ad accettare il nuovo, perché considera l’aspetto contraddittorio della vita: ogni cosa è se stessa ma contiene anche il suo contrario, è multiforme e sfaccettata, la vita è anche morte e viceversa, la bellezza può essere bruttezza per qualcun altro, come nel racconto delle due bellissime cortigiane che sono indifferenti e anzi fuggite con timore dai pesci e dagli uccelli. Chi ha ragione? Ragione e torto si relativizzano, come ogni questione che la logica rigida divide nettamente in due parti, una considerata universalmente un errore.

“Tao” è un termine intraducibile, anch’esso con significati multipli; il più come e accettato è "via". Con ciò si allude al carattere fluido, in continua trasformazione dell’esistenza, in armonia con la natura. L’aderenza a quest’ultima è la prerogativa del "wu wei", "non fare". Ossia: "lasciarsi accadere", vivere con molta spontaneità, seguendo un equilibrio immanente e oggettivo, dimentichi di sé, dell’egoismo e di regole prestabilite dalla società.
La libertà del "wu wei" che è al contempo sottomissione alla natura visibile e invisibile, differenzia il taoismo dal confucianesimo, ligio soprattutto alle leggi sociali e all’ordine costituito.

Zhuangzi, da grande affabulatore, si esprime con parabole, racconti fiabeschi dove i sogni acquistano la stessa importanza della vita reale. Molto noto è il sogno in cui egli diventa una farfalla; al risveglio si chiede se è Zhuangzi ad aver sognato di essere farfalla, o se al contrario è la farfalla a sognare di essere Zhuangzi. Sembra un’assurdità, ma cosa sappiamo della verità, oltre alla nostra personale percezione? La psicologia del profondo e Freud hanno fatto del sogno la chiave interpretativa di noi stessi.

Altro racconto famoso è il cantare e suonare di Zhuangzi dopo la morte della moglie. Un confuciano rimane estremamente scandalizzato, in quanto il saggio non sta rispettando il protocollo del lutto. Egli spiega di aver già pianto con disperazione, ma poi ha compreso che la moglie, prima di manifestarsi in forma umana, era compresa nel "Qi" l’energia cosmica universale, a cui dopo la morte del corpo fisico era tornata, e dunque non esiste perdita. La comprensione lo aveva reso gioioso e trasformato il dolore nella suprema calma.
Un altro apologo significativo è il sogno in cui il filosofo parla con un teschio. Chiede se il "morto", potendo, volesse ritornare a vivere insieme ai suoi parenti. Il teschio risponde di godere ora la felicità suprema, perché

"Tra i defunti non ci sono principi, nelle alte sfere; né sudditi, in quelle basse. […] Perfino la felicità di un re risulterebbe inferiore a quella dei defunti.”

Ma il saggio chi è? La saggezza suprema, in oriente come in occidente, è compresa nella formula "fiat voluntas tua", riconoscimento della signoria di Dio, in fondo in fondo identica all’ "amor fati", accettazione del destino da parte del "fanciullo" di Nietzsche. Anche Zhuangzi giunge alle stesse conclusioni:

"Questo mio Maestro! Questo mio Maestro! Regola miriadi di creature, e non si considera giusto; arricchisce miriadi di generazioni, e non si considera solidale. […] Copre e sorregge il Cielo e la Terra, incide e modella molteplici forme fisiche, e non si considera abile o meritevole. È insieme a lui che io vago.”

La migrazione, ancora una volta, è simbolo dell’eterno avvicendamento. Non è caotica ma guidata dallo Spirito. L’aderenza e l’importanza della natura, come è pure sottolineata nelle composizioni di haiku zen, non riduce questo pensatore a mero naturalista osservatore di fenomeni, né si può considerare la sua gnoseologia come induttia o deduttiva ma illuminativa. Lo porta a scoprire il mistero dietro e al di sopra delle cose, indicibile con il ragionamento. Meglio allora ricorrere alle immagini degli apologi da sé parlanti, che penetrano più a fondo delle idee razionali. Egli nomina spesso la mente-cuore riuniti, completezza e guida verso l’illuminazione.

Le notizie biografiche su Zhuangzi sono scarne e incerte. Nasce nel IV secolo a. C. nel sud della Cina, forse a Méng, nello stato di Sòng. Forse lavora in una manifattura di lacca, forse e un funzionario statale. Poco importa. Conosciuta la sua nomea di sapiente, l’imperatore invia dei messi con la proposta di averlo come primo ministro. Egli rifiuta, agli onori preferisce la libertà.

Zhuangzi
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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Zhuangzi

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