William Shakespeare fu battezzato a Stratford-upon-Avon il 26 aprile 1564. Spesso questa data viene, per convenzione, trascritta in luogo della nascita del grande drammaturgo inglese. Anche se quest’ultima spesso viene fatta risalire al 23 aprile, giorno dedicato al santo patrono d’Inghilterra San Giorgio, pur non esistendo alcuna documentazione in merito.
Non possiamo evitare di fare i conti con un dato evidente e paradossalmente ingombrante quando ci approssimiamo alla figura di William Shakespeare, la vita e le opere del celebre autore appaiono come due universi diametralmente opposti: tanto fumosa e indefinita l’una quanto variegate, complesse, caleidoscopiche e celebrate le altre.
Nonostante i numerosi testi che si sono susseguiti dal Settecento ai nostri giorni per la vita di Shakespeare potrebbe essere ancora presa per buona l’osservazione di Benedetto Croce, secondo il quale per il drammaturgo inglese
“Non è dato comporre la biografia”
i pochi eventi che è possibile elencare sono tratti da scarsi, ma essenziali, documenti d’epoca, arricchiti, nei casi migliori, da fantasiosi aneddoti secondo i quali dietro la figura di William Shakespeare si celerebbe Christopher Marlowe o, addirittura, Francesco Bacone.
Le opere di Shakespeare, invece, resero popolare il loro autore già in vita e immensamente famoso nei secoli seguenti; riuscirono a diffondere la storia antica tra i ceti popolari e, allo stesso tempo, resero meno affannosa un’epoca contrassegnata da conflitti e inquietudini attraverso la magia di una poesia dal linguaggio rinnovato, capace di cantare vicende storiche di primo piano ma anche nuovi, fascinosi, miti.
Fraintese nel neoclassicismo, rivalutate nel romanticismo e, poi, sempre più apprezzate dalla modernità, non solo letteraria (sui estimatori furono Manzoni e Goethe, Flaubert e Hugo ma anche Marx e Freud), quelle di William Shakespeare rimangono le opere più lette e recitate nel teatro di ogni tempo.
La vita di William Shakespeare
1564 William Shakespeare nasce a Stratford-upon-Avon, nel Warwickshire, a circa cento chilometri da Londra, terzo figlio di John e Mary Shakespeare. Il padre era un artigiano abile e rispettato (un guantaio), che pochi anni dopo la nascita di William (1568) divenne anche baglivo (sindaco) della fiorente cittadina, conosciuta per i traffici e le attività commerciali.
L’ascesa al trono di Elisabetta I, protestante, dopo il regno di Maria Tudor (cattolica), nel 1558, segnò da vicino l’infanzia e l’educazione di William Shakespeare: il padre si era infatti convertito alla chiesa anglicana e, nella sua carica di sindaco, scelse per la scuola del paese un maestro che insegnava a leggere ai giovani sul Prayer Book, il libro di preghiere della chiesa anglicana.
Le opere di William Shakespeare rivelano una chiara conoscenza di discipline quali il greco, il latino e la retorica, per questo è possibile supporre che abbia frequentato una buona scuola pubblica, presumibilmente nella sua città, dove molti degli insegnanti presenti provenivano da Oxford, il centro culturale di maggior rilievo per gli studi classici nell’Inghilterra del tempo.
1582 Shakespeare sposa Anne Hathaway, di otto anni più grande di lui: con lei ebbe tre figli, una figlia e due gemelli, entrambi morti prematuramente.
1585-1592 Poche le notizie certe sul drammaturgo per quanto riguarda questi anni; tra le molte ipotesi avanzate da studiosi e critici la possibilità che Shakespeare sia stato apprendista presso la bottega del padre o nel Lancashire; che abbia incontrato gli attori di lord Strange, conte di Derby; che abbia viaggiato in Italia e in Francia e anche che abbia lavorato come custode di cavalli nei pressi dei cantieri aperti per la costruzione di molti nuovi teatri londinesi. Tra le poche certezze vi è infatti, il trasferimento a Londra dove iniziò a scrivere: lo testimonia la presenza del suo nome in documenti che ne rivelano la fama già acquisita nell’ambiente teatrale.
1592 L’epidemia di peste scoppiata nella capitale inglese costringe le autorità cittadine alla chiusura dei teatri; paradossalmente questa situazione di difficoltà consentì a Shakespeare di accedere all’ambiente di Corte e di essere apprezzato anche come poeta. Mentre le prime commedie sono in gestazione, compone i poemetti Venere e Adone e Il ratto di Lucrezia: l’attività poetica gli vale l’amicizia di Henry Wriothesley, conte di Southampton, al quale, probabilmente, Shakespeare dedicò i “Sonetti”, pubblicati nel 1609 ma scritti in questo periodo.
1594 Riapertura dei teatri londinesi; Shakespeare si unisce alla compagnia teatrale di Lord Chamberlain’s Men.
1596 Muore anche il secondo figlio gemello del drammaturgo che rimane senza discendenza maschile e, pochi mesi più tardi, riceve il titolo di gentiluomo. A trentadue anni Shakespeare che deve ancora comporre le sue opere più celebri, ha già raggiunto grande fama: le sue commedie vengono messe in scena a corte, nei palazzi reali di Greenwich e di Whitehall, nei collegi di giuristi, a Inns of Court, nei nuovi teatri costruiti sulle due rive del Tamigi.
1599 La compagnia di Lord Chamberlain fonda il Globe Theatre, uno dei simboli dell’Inghilterra elisabettiana e della sua cultura, di cui Shakespeare è uno degli azionisti. Insieme alla sua fortuna economica cresce anche la sua fama: la regina Elisabetta gli commissiona un seguito comico dell’“Enrico IV”, “Le allegre comari di Windsor”.
1600 Guerra tra teatri privati, come il Blackfriars, e teatri pubblici, come il Globe, difeso da Shakespeare.
1601 Al Globe va in scena un pericoloso dramma politico: i partigiani di Essex ingaggiano la compagnia di Lord Chamberlain per rappresentare “Riccardo II”, un re sconfitto, nel quale volevano che la regina si vedesse rappresentata. Gli attori della compagni non subiscono alcuna conseguenza mentre Essex (fautore di una congiura) viene giustiziato e Southampton imprigionato. Muore il padre di Shakespeare.
1603 Alla morte di Elisabetta I, il nuovo re, Giacomo I, adotta i Chanberlain’s Men che muteranno il loro nome in King’s Men: questa decisione consacra i componenti e soprattutto lo stesso Shakespeare al successo. Scoppia una nuova epidemia di peste a Londra, i teatri sono di nuovo chiusi, gli attori diventano dei vagabondi.
1608 Muore la madre di Shakespeare.
1609 La compagnia dei King’s Men acquisisce il teatro Blackfriars, un teatro coperto la cui struttura influì anche sulla realizzazione degli ultimi drammi di Shakespeare, pensati e scritti per essere rappresentati in un luogo chiuso.
1613 Ottenuta la fama e cospicui guadagni, sufficienti a garantirgli la sussistenza economica, Shakespeare decide di ritirarsi a Stratford-on-Avon.
1616 Shakespeare muore il 23 aprile, all’età di 52 anni.
1623 Prima pubblicazione delle opere teatrali di Shakespeare a cura di Heminges e Condell, due suoi amici attori che fanno stampare un in-folio delle sue opere drammatiche (non vi compaiono, però, “Troilo e Cressida”, “Pericle” e “I due nobili cugini”).
Le opere di William Shakespeare
Il bardo dell’Avon (appellativo spesso utilizzato per Shakespeare) lascia ai posteri 37 opere teatrali, 154 sonetti e una serie di altri poemi. L’incertezza e la fumosità della vicenda personale del drammaturgo inglese è ancora oggi causa di numerosi dibattiti sulla datazione delle sue opere alle quali, pur non potendo assegnare una data di composizione precisa è, però, possibile fornire una collocazione complessiva in un arco di tempo che va dal 1588 al 1613.
Delle opere di Shakespeare è possibile fornire, in prima battuta, una partizione per generi: scrisse infatti tragedie, commedie, drammi storici e opere poetiche. Al di là delle categorizzazioni è però più interessante utilizzare un criterio cronologico che consenta di comprendere come i differenti generi siano stati utilizzati. Rimane, invece, discutibile, accogliere un criterio schiettamente evolutivo: già nelle prime fasi della produzione, infatti, ci troviamo di fronte ad opere mature.
Genio poliedrico, capace di raggiungere esiti altissimi tanto nella commedia che nella tragedia, William Shakespeare riuscì a soddisfare il gusto popolare e ad offrire una complessa caratterizzazione psicologica dei personaggi a cui si associano una poetica raffinata e una non comune profondità filosofica.
Piuttosto che nelle satire di Ben Johnson la profondità poetica dei drammi di Shakespeare obbliga a ricercarne le fonti nella tradizione romantica medievale ma anche nel teatro latino e nei poemi cavallereschi rinascimentali.
Lo dimostra già bene la prima fase della sua scrittura drammatica, con caratteristiche di tirocinio, dove trovano posto una commedia brillante, “La bisbetica domata” (1593), un dramma senechiano, “Tito Andronico” (1589-1593), dedicato all’invasione di Roma da parte dei Goti e una cronaca storica come l’“Enrico IV” (1588-1592), in tre parti a cui fecero seguito il “Riccardo III” (1591-1592) e il “Re Giovanni” (1590-1597).
William Shakespeare dimostrò la non comune capacità di innovare la produzione teatrale e di riunire registri stilistici e nuclei tematici, capaci di intercettare l’interesse di pubblici molto differenti: la novità della prosa era funzionale ad avvicinare gli attori al pubblico, le azioni cruente o la schietta comicità miravano a far breccia in un pubblico popolare. Di contro, l’eleganza del verso poetico ammiccava a un pubblico aristocratico, per il quale era utilizzata anche una lingua artificiosa e molto rarefatta. Nelle opere di Shakespeare va dunque in scena una battaglia tra vita e morte, una battaglia di parole dove la vita e l’amore trionfano sull’ipocrisia e sugli intrighi e le donne giocano spesso un ruolo fondamentale. Lo notiamo chiaramente in opere prodotte a cavallo del 1594 (anno della riapertura dei teatri dopo l’epidemia di peste), dove risuona anche la coeva esperienza poetica di Shakespeare: “Pene perdute d’amore” (1593-1596), “Romeo e Giulietta” (1594-1596), “Molto rumore per nulla” (1598-1599), “Il mercante di Venezia” (1594-1597), a più forte tensione interna, “Sogno di una notte di mezz’estate” (1595), connotato da un netto senso di liberazione fantastica e, successivamente, “Come vi piace” (1599-1600).
In queste commedie viene messo in scena un mondo rovesciato proprio per farvi riapparire l’armonia, rivisitando molti topos del teatro classico: la sostituzione e la dualità del teatro plautino, il tema del doppio, la metamorfosi, tanto cara a Ovidio. La magia si configura come un ingrediente fondamentale delle vicende messe in scena, la menzogna è funzionale all’affermazione della verità, la morte è, almeno a volte, una finzione.
Di questo stesso periodo sono i principali drammi storici shakespeariani - “Riccardo II” (1595), “Enrico V” (1598-1599), “Enrico IV” (1597-1598) -, finalizzati a legittimare il potere dei Tudor. La mancanza di un criterio cronologico nell’elaborazione dei drammi storici denota l’intento di raccontare prima l’ascesa dei Tudor al potere, per poi descriverne le cause. Non è un caso se i drammi storici sono tutti ambientati tra 1199, anno dell’arrivo di Giovanni Senzaterra, e il 1547, anno della morte di Enrico VIII.
Noncurante dei principi di unità aristotelici Shakespeare si affida al controverso genere del dramma storico per collegare la trattatistica medievale alla riflessione politica del Rinascimento. In tal modo, oltre a narrare la guerra delle Due Rose, può riflettere sulla questione della morale in politica, come già aveva fatto Machiavelli con “Il Principe”, cercando di spiegare prima la nascita del tiranno e poi quella dell’eroe nazionale.
La poesia, che attenua le differenze tra generi, entra anche nel dramma storico, come dimostra “Riccardo II” (1595).
Un’ulteriore fase (1600-1608) della produzione teatrale shakespeariana ha come suo tratto distintivo un’evidente carica tragica, sia quando si tratta di declinare momenti capitali della storia di Roma Antica – “Giulio Cesare” (1599), “Antonio e Cleopatra” (1607), “Coriolano” (1607-1608) – sia quando si decide di affrontare il lancinante conflitto con sé stessi - “Amleto” (1600-1602), “Otello” (1604), “Re Lear” (1605-1606), “Macbeth” (1605-1608) - e la lotta per il potere, religioso o sessuale che sia.
Soprattutto in queste ultime opere, che insieme a “Romeo e Giulietta” (1594-1596) compongono le grandi tragedie, emergono eroi controversi, dilaniati da un destino ambiguo e fantasmatico, dai demoni corrosivi della menzogna e del tradimento, dal silenzio ambivalente, viatico per la pazzia.
Nell’ultimo periodo della sua produzione, dal 1608, troviamo William Shakespeare impegnato a comporre soprattutto commedie fantastiche (romances) dove approfondisce la riflessione su un’epoca dove si consuma la dissoluzione degli ideali rinascimentali e il complesso rapporto che intercorre tra la rappresentazione scenica e la vita - “Cimbelino” (1609), “Il racconto d’inverno” (1610-1611), “La tempesta” (1611). Oltre alla pazzia torna il tema della morte, qui affiancato da elementi rinascimentali quali il soprannaturale e la magia, depurata da ogni superstizione; l’amore narrato in questi drammi deve affrontare dure prove e perseverare. Si tratta di opere che, attraverso un linguaggio nuovo, tentano di far rivivere il Rinascimento elisabettiano, ormai conclusosi, mentre all’orizzonte dell’Inghilterra si staglia lo spettro della Guerra dei Trent’anni.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: William Shakespeare: la vita e le opere
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