Sarò breve
- Autore: Francesco Muzzopappa
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Fazi
- Anno di pubblicazione: 2022
Ennio Rovere è il “morto che parla” del libro Sarò breve (Fazi editore, 2022), scritto da Francesco Muzzopappa, uno tra i più conosciuti e apprezzati copywriter italiani. La storia è quella di un uomo che fa testamento e che, una volta passato a miglior vita, si prende la libertà di essere schietto e sincero con tutti senza dover pensare alle conseguenze. Così scrive alla moglie, ai figli, al dentista, ai dipendenti dell’azienda messa su con sacrificio e passione, insomma a tutti coloro a cui ha qualcosa da dire e lasciare.
“A quanto pare, sono morto. Se state leggendo queste righe, infatti, è probabile che la mia anima sia già in volo tra i satelliti, al di là della stratosfera. Prima o poi doveva succedere: d’altro canto, sulla mia ultima torta di compleanno c’erano candele a sufficienza da illuminare a giorno una pista d’atterraggio. Il passo successivo doveva per forza essere il decollo. Siccome non sono mai stato bravo con i finali, ho deciso di occuparmene per tempo: ho pensato infatti di lasciarvi un po’ di riflessioni sparse accumulate negli ultimi tempi e piccole valutazioni su ciascuno di voi. E visto che ormai mi trovo a distanza di sicurezza, posso permettermi di essere finalmente schietto, più di quanto abbia mai fatto in tutta la mia vita”.
Ironia e tenerezza si fanno strada pagina dopo pagina, rivelando un uomo che finalmente trova il modo di parlare come non ha mai fatto, grazie alla morte e alla consapevolezza di non esistere più. Un intreccio di dinamiche, personaggi e situazioni che ripercorrono la vita lieta e travagliata del protagonista.
“Mia cara Greta, sei stata spinta nel mondo con grande dolore e senza anestesia e questo deve aver influito, oltre che sul carattere di tua madre, anche sul tuo. Eri piccola e con pochissimi capelli scuri. Per festeggiare la tua venuta al mondo, ho gonfiato per te, da solo, dodici palloncini rosa. I miei polmoni credo siano ancora lì dentro. Mentre i tuoi colleghi neonati si dedicavano con piacere alla dissenteria lanciando gorgheggi indistinti, tu grosso modo ti limitavi a fissarmi con una ruga profonda proprio in mezzo agli occhi. Uno sguardo fisso, diretto, uno scanner delle retine. I primi mesi furono tutte gioie ed emozioni. Eri così incantata dai suoni che uscivano dalle tue labbra da continuare a parlare da sola per ore, anche quando io e tua mamma avremmo fatto volentieri un sonnellino. Ci venne in aiuto la RAI con lo sceneggiato Belfagor, di cui eri terrorizzata”.
Divertente, ma in maniera spiccata e pungente. Una scrittura che scorre leggera e accattivante sin dalle primissime pagine e mantiene questo ritmo costante per tutto il tempo. Lo stile narrativo quasi restituisce al lettore l’autenticità della voce del protagonista. Io l’ho immaginata così: morbida, a tratti roca e sfacciata. Nel testamento di Ennio Rovere si avverte forte l’atteggiamento di chi non ha più nulla da perdere e si libera di ogni sentimento vissuto: gratitudine, fastidio, amore e rivalsa. Sensazioni che forse solo la morte può trasmettere e che la vita ci dà in prestito.
Leggetelo, ve lo consiglio e chissà che ad altri di noi non venga in mente la stessa bizzarra idea del protagonista: in fondo, tutti avremo ancora qualcosa da dire, quando non ci saremo più.
Sarò breve
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